giovedì 18 luglio 2013

Misticanza Letteraria: L'Alchimista

Misticanza letteraria, di passi tratti da: l'Alchimista di Pablo Coelho.


Volevamo Offrire, ai nostri affezionati Lettori, una selezione, di passi, tratti dal Libro di Pablo Coelho l’Alchimista, un testo di puro estro letterario ed artistico, di carattere simbolico, che a nostro modesto parere ben può rappresentare il concetto di Alchimia, sfatando l’alone di cialtroneria o pseudo scienza, che sovente viene attribuito a questo mondo, che poco a che vedere con la trasformazione materiale del piombo in oro, ma che molto a che fare con la trasformazione di se stessi, e con quella dell’Essenza stessa della Natura. Dimostrando a Tutti, che spesso, la Verità, è celata, in bella mostra,dietro la semplicità, e non per forza sotto forma di trattati, dogmi, o inutili sofismi. Non avete Bisogno di altri che di Voi stessi. E di conoscere la Natura, umana ed Universale, e lo si può fare non solo con la logica o con la mente, ma con il cuore e con l’Anima latente.

 Esistono tre tipi di alchimisti, mi rispose il mio Maestro. Quelli che sono

vaghi perché‚ non sanno di che cosa stanno parlando, quelli che sono vaghi

perché‚ sanno di che cosa stanno parlando, ma sono anche consapevoli che il

linguaggio dell'alchimia e un tipo di linguaggio rivolto al cuore, e non alla

ragione.

E qual è il terzo tipo? gli domandai.

Quelli che non hanno mai sentito parlare di Alchimia, ma che sono riusciti,

nel corso della loro vita, a scoprire la Pietra Filosofale.
                                                               

L'Alchimista prese un libro, portato da qualcuno della carovana. Il volume era

privo di copertina, ma lui riuscì a identificarne l'autore: Oscar Wilde.

Mentre sfogliava le pagine, trovò una storia su Narciso.

L'Alchimista conosceva la leggenda di Narciso, un bel giovane che tutti i

giorni andava a contemplare la propria bellezza in un lago. Era talmente

affascinato da se stesso che un giorno scivolò e morì annegato. Nel punto in

cui cadde nacque un fiore, che fu chiamato narciso.

Ma non era cos ì che Oscar Wilde concludeva la storia.

Egli narrava invece che, quando Narciso morì, accorsero le Oreadi - le ninfe

del bosco - e videro il lago trasformato da una pozza di acqua dolce in una

brocca di lacrime salate.

Perché piangi? domandarono le Oreadi.

Piango per Narciso, disse il lago.

Non ci stupisce che tu pianga per Narciso, soggiunsero. Infatti, mentre noi

tutte lo abbiamo sempre rincorso per il bosco, tu eri l'unico ad avere la

possibilità di contemplare da vicino la sua bellezza.

Ma Narciso era bello? domandò il lago.

Chi altri meglio di te potrebbe saperlo? risposero, sorprese, le Oreadi. In

fin dei conti, era sulle tue sponde che Narciso si sporgeva tutti i giorni.

Il lago rimase per un po' in silenzio. Infine disse:

Io piango per Narciso, ma non mi ero mai accorto che fosse bello. Piango per

Narciso perché, tutte le volte che lui si sdraiava sulle mie sponde, io potevo

vedere riflessa nel fondo dei suoi occhi la mia bellezza. Che bella storia,

disse l'Alchimista.
                                                                
                                              

I passi che seguiranno adesso sono tratti in ordine cronologico dalla prima all’ultima parte del manoscritto di Pablo Cohelo, lasciando alle sue parole, la forma del racconto, limitandoci solo a selezionare i pasi più densi di simbolismo e significato. Dedicato a Tutti coloro che, inseguono la propria leggenda personale.

Il ragazzo si chiamava Santiago. Stava cominciando a imbrunire quando giunse

con il suo gregge davanti a una vecchia chiesa abbandonata. Il tetto era

crollato da tempo e un enorme sicomoro era cresciuto nel luogo dove una volta

sorgeva la sacrestia.

Quando finalmente Riuscì a concentrarsi un po' nella lettura - ed era una

lettura piacevole, giacché parlava di una sepoltura nella neve, il che gli

trasmetteva una sensazione di freddo sotto quel sole cocente - un vecchio gli

si sedette accanto e tentò di intavolare una conversazione.

Che cosa stanno facendo? domandò il vecchio indicando le persone nella

piazza.

Stanno lavorando, rispose il ragazzo seccamente e, di nuovo, finse di

concentrarsi nella lettura.

Mmm... mormorò quegli, rigirando il volume da tutti i lati, quasi fosse un

oggetto estraneo. E’ un libro importante, ma è molto noioso.

Il ragazzo ne fu sorpreso. Anche il vecchio sapeva leggere, e quel libro lo

aveva già letto. E se il libro era davvero noioso come affermava lui, era

ancora in tempo a scambiarlo con un altro.

E’ un libro che parla di qualcosa di cui parlano quasi tutti i libri, proseguì

il vecchio. Dell'incapacità della gente di scegliere il proprio destino. E

conclude facendo in modo che tutti credano alla menzogna più grande del mondo.

Qual è la menzogna più grande del mondo? gli domandò, sorpreso, il ragazzo.

E’ questa: che a un certo momento della nostra esistenza, perdiamo il

controllo della nostra vita, che comincia così a essere regolata dal destino.

E’ questa la menzogna più grande del mondo.

A me non è accaduto, affermò il ragazzo. Volevano che facessi il prete, ma io

ho deciso di fare il pastore.

Meglio così, soggiunse il vecchio. Perché a te piace viaggiare.

Ha indovinato il mio pensiero, rifletto il ragazzo. Il vecchio, intanto,

sfogliava il grosso libro, senza la minima intenzione di restituirglielo. Il

pastore notò che era vestito in modo strano: aveva l'aria di essere un arabo;

cosa non poi straordinaria in quella regione. L'Africa si trovava a qualche

ora appena da Tarifa: bastava solo attraversare il piccolo stretto con

un'imbarcazione. Molte volte, in città, comparivano arabi che facevano

acquisti e recitavano strane preghiere più volte al giorno.

Da dove venite, voi? domandò il ragazzo al vecchio.

Da molti luoghi.

Nessuno può essere originario di molti luoghi, rispose il ragazzo. Io sono un

pastore e posso trovarmi in molti luoghi, ma sono originario di uno soltanto,

di una città che si trova vicino a un antico castello. E’ lì che sono nato.

Allora possiamo dire che io sono nato a Salem

Il mio nome è Melchisedek, disse il vecchio. Quante pecore possiedi?

Quante ne sono sufficienti, rispose lui. Il vecchio cominciava a voler sapere

un po' troppo della sua vita.

Allora ci troviamo davanti a un problema. Non posso aiutarti fino a quando

riterrai di avere pecore a sufficienza.

Il ragazzo si irritò. Non stava mica chiedendo aiuto. Era il vecchio che gli

aveva chiesto del vino, due chiacchiere e il libro.

Restituitemi il libro, disse. Devo andare a riprendermi le pecore e

proseguire.

Dammi un decimo delle tue pecore, disse il vecchio E io ti insegnerò come

raggiungere il tesoro nascosto.

Il ragazzo, allora, di nuovo ripensò al sogno e all'improvviso tutto gli fu

chiaro. La vecchia non gli aveva chiesto nulla, ma quell'uomo che forse era

suo marito sarebbe riuscito a strappargli molto più denaro in cambio di

un'informazione che non esisteva. Anche il vecchio doveva essere uno zingaro.

Prima che il ragazzo potesse dire alcunché, tuttavia, il vecchio si chinò,

afferrò un ramoscello e cominciò a scrivere sulla sabbia della piazza. Mentre

si chinava, qualcosa gli brillò sul petto, con tanta intensità che quasi

abbagliò il ragazzo. Ma con un movimento troppo rapido per un uomo della sua

età, il vecchio coprì immediatamente quel bagliore con il mantello. Gli occhi

del ragazzo tornarono alla normalità e lui Riuscì a scorgere ciò che l'uomo

stava scrivendo.

Sulla sabbia della piazza principale di quella piccola città, lesse i nomi di

suo padre e di sua madre. Lesse la storia della propria vita fino a quel

momento, i giocattoli della sua infanzia, le fredde notti in seminario. Lesse

il nome della figlia del commerciante, che neppure lui conosceva. Lesse cose

che non aveva mai raccontato a nessuno, come del giorno in cui aveva rubato

l'arma al padre per andare a caccia di cervi, o della sua prima e solitaria

esperienza sessuale.

Sono il re di Salem, gli aveva detto il vecchio.

Il vecchio, poi, aprì il mantello che gli copriva il petto. Il ragazzo fu

colpito da ciò che vide, e ripensò al bagliore che aveva notato il giorno

prima. Il vecchio indossava un pettorale d'oro massiccio, tempestato di pietre

preziose.

Era davvero un re. Doveva essersi camuffato così per sfuggire agli assalti dei

briganti.

Prendi, disse il vecchio, togliendo una pietra bianca e una pietra nera che

erano incastonate nel centro del pettorale d'oro. Si chiamano Urim e Tumim.

La pietra nera vuol dire sì, la bianca vuole dire no . Quando non riuscirai a

scorgere i segnali, loro ti saranno di aiuto. Fai sempre una domanda chiara.

Ma cerca, in genere, di prendere tu le decisioni. Il tesoro si trova alle

Piramidi e questo lo sapevi già; ma hai dovuto pagare sei pecore perché io ti

aiutassi a prendere una decisione..
                                                             
Il ragazzo chiuse il libro. Non voleva fare niente che potesse accomunarlo a

quell'europeo. Prese dalla tasca Urim e Tumim e cominciò a giocherellarci.

Lo straniero lanciò un'esclamazione: Urim e Tumim! Il ragazzo,

precipitosamente, rimise le pietre in tasca.

Non sono in vendita, disse.

Non valgono granché, spiegò l'inglese. Sono cristalli di rocca, nient'altro.

Ne esistono a milioni sulla terra, ma per chi se ne intende questi sono Urim e

Tumim. Non sapevo che ve ne fossero in questa parte del mondo.

E’ il regalo di un re, spiegò il ragazzo.

Lo straniero ammutolì. Poi infilò la mano in tasca e ne trasse, tremando, due

pietre uguali.

Hai parlato di un re, disse.

E voi non credete che i re possano parlare con i pastori, soggiunse il

ragazzo, adesso cercando lui di troncare la conversazione.

Al contrario. I pastori sono stati i primi a riconoscere un re che il resto

del mondo rifiutò di riconoscere. Quindi, è molto probabile che i re parlino

con i pastori.

Poi commentò con il ragazzo come non fosse stata affatto una coincidenza il

fatto che lui lo avesse trovato con Urim e Tumim in mano. Gli domandò se anche

lui stesse andando in cerca dell'Alchimista.

Io sono in cerca di un tesoro, rispose il ragazzo, e immediatamente se ne

pentì. Ma l'inglese non parve dargli importanza.

In un certo senso, anch'io, aggiunse.

E non so neppure che cosa voglia dire Alchimia, concluse il ragazzo. In quel

momento il padrone del magazzino cominciò a chiamarli dal di fuori.

Io sono il Capo della Carovana, disse un uomo dalla barba lunga e dagli occhi

scuri. Ho potere di vita e di morte su ogni persona che trasporto. Perché il

deserto è una donna capricciosa e a volte fa impazzire gli uomini.

C'erano quasi duecento persone, e il doppio di animali: cammelli, cavalli,

asini, uccelli. L'inglese aveva diverse valigie, piene di libri. C'erano

donne, bambini, e vari uomini con la spada alla cintola e lunghi fucili in

spalla. Regnava una confusione enorme, e il Capo dovette ripetere più volte le

sue parole perché tutti le intendessero.

Vi sono tanti uomini e, nei loro cuori, diversi dei. Ma il mio solo Dio è

Allah, e giuro per lui che farò il possibile, e del mio meglio, per vincere

ancora una volta il deserto. Adesso desidero che ciascuno di voi giuri per il

dio in cui crede, nel profondo del proprio cuore, che mi obbedirà in

qualsiasi circostanza. Nel deserto, la disobbedienza significa la morte.

E’ il principio che muove tutte le cose, disse. Nell'Alchimia è chiamato

l'Anima del Mondo. Quando desideri qualcosa con tutto il cuore, sei più

vicino all'Anima del Mondo, che è sempre una forza positiva.

Aggiunse, poi, che non era soltanto un dono degli uomini: tutte le cose sulla

superficie della Terra possedevano un'anima, e non importava che si trattasse

di un minerale, di un vegetale, di un animale, o di un semplice pensiero.

Tutto quello che si trova al di sotto e al di sopra della superficie della

Terra si trasforma sempre, perché la Terra è viva, e possiede un'Anima. Anche

noi ne facciamo parte ma ben di rado siamo consapevoli che essa agisce sempre

a nostro favore. Avrai capito, dunque, che nel negozio di cristalli persino i

vasi collaboravano per il tuo successo.

Il ragazzo rimase in silenzio per qualche minuto, guardando la luna e la

sabbia bianca.

Continuarono a fissare la luna, insieme.

E’ questa la magia dei segnali, proseguì il ragazzo. Ho visto come le guide

leggono i segnali del deserto e come l'anima della carovana parla con l'anima

del deserto.

Dopo un po' di tempo, fu l'inglese a prendere a sua volta la parola.

Bisogna che io presti più attenzione alla carovana, disse infine.

E bisogna che io legga i vostri libri, concluse il ragazzo.

Erano libri strani. Parlavano di mercurio, sale, draghi e re, ma lui non

riusciva a capire nulla. Eppure c'era un'idea che sembrava ripetersi in quasi

tutti i libri: tutte le cose erano manifestazioni di una cosa sola.

In un libro scoprì che il testo più importante dell'Alchimia conteneva solo

poche righe, ed era stato scritto su un semplice smeraldo.

E' la Tavola di Smeraldo, spiegò l'inglese, orgoglioso di potergli insegnare

qualcosa.

E allora, a che scopo tanti libri?

Per intendere queste righe, rispose l'inglese, senza mostrarsi granché

convinto di quella sua risposta.

Il libro che attrasse maggiormente l'attenzione del ragazzo raccontava la

storia di famosi alchimisti. Erano uomini che avevano dedicato la vita intera

a purificare metalli nei laboratori; credevano che, facendo cuocere un

metallo per tanti e tanti anni, questo avrebbe finito per liberarsi di tutte

le proprietà individuali e, al suo posto, ne sarebbe emersa soltanto l'Anima

del Mondo. Questa, che essi chiamavano Cosa Unica, avrebbe consentito agli

alchimisti di comprendere qualsiasi cosa sulla superficie della Terra, perché

rappresentava il linguaggio tramite il quale le cose comunicavano fra di loro.

Gli alchimisti chiamavano questa scoperta la Grande Opera, che era costituita

da una parte liquida e da una parte solida.

Ma, per scoprire questo linguaggio, non basta osservare gli uomini e i

segnali? domandò il ragazzo.

Tu hai la tendenza a semplificare tutto, rispose, irritato, l'inglese.

L'Alchimia è un impegno serio e richiede che ogni passo sia seguito

esattamente secondo gli insegnamenti dei maestri.

Il ragazzo scoprì, così, che la parte liquida della Grande Opera si definiva

Elisir di Lunga Vita, e non solo curava tutte le malattie, ma impediva

all'alchimista di invecchiare. La parte solida, invece, era chiamata Pietra

Filosofale.

Non è facile scoprire la Pietra Filosofale, spiegò l'inglese. Gli alchimisti

trascorrevano lunghi anni nei laboratori, guardando quel fuoco che purificava

i metalli. Fissavano il fuoco cos ì a lungo che, a poco a poco, scomparivano

dalle loro menti tutte le vanità del mondo. E un bel giorno, poi, scoprivano

che la purificazione dei metalli aveva infine purificato anche loro.

Inoltre, soggiunse l'inglese, la Pietra Filosofale possiede una proprietà

affascinante: ne basta una piccola scheggia per trasformare in oro grandi

quantità di metallo.

Fu questa frase che aumentò l'interesse del ragazzo per l'Alchimia. Egli

pensava, infatti, che con un po' di pazienza avrebbe potuto trasformare tutto

in oro. Lesse poi la vita di alcuni uomini che avevano raggiunto il loro

obiettivo: Helvetius, Elia, Fulcanelli, Geber. Erano storie affascinanti:

tutti avevano vissuto fino in fondo la propria Leggenda Personale.

Viaggiavano, incontravano saggi, operavano miracoli davanti agli increduli,

possedevano la Pietra Filosofale e l'Elisir di Lunga Vita.

Ma poi, quando voleva imparare il procedimento per ottenere la Grande Opera,

il ragazzo si ritrovava completamente smarrito: vi erano soltanto disegni,

istruzioni in codice e testi oscuri.

Perché parlano in maniera cos ì difficile? domandò una sera all'inglese.

Osservò inoltre come l'inglese fosse alquanto annoiato e dimostrasse di

sentire la mancanza dei propri libri.

Affinché possano capire soltanto coloro ai quali spetta la responsabilità di

comprendere, fu la risposta. Immagina se tutti riuscissero a trasformare il

piombo in oro: in breve tempo l'oro non varrebbe più nulla. Soltanto coloro

che persistono, soltanto coloro che ricercano a lungo, riescono a realizzare

la Grande Opera. E’ il motivo per cui mi trovo in mezzo a questo deserto: per

incontrare un vero Alchimista, che mi aiuti a decifrare i codici.
                                                             
Un bel giorno il ragazzo restituì i libri all'inglese.

Allora, hai imparato tante cose? gli domandò questi, pieno di aspettativa.

Aveva bisogno di qualcuno con cui poter parlare per distogliersi dalla paura

della guerra.

Ho imparato che il mondo possiede un'Anima, e chi riesce a comprendere

quest'Anima riuscirà a comprendere il linguaggio delle cose. Ho appreso che

tanti alchimisti hanno vissuto la propria Leggenda Personale e hanno finito

per scoprire l'Anima del Mondo, la Pietra Filosofale e l'Elisir. Ma,

soprattutto, ho appreso che queste cose sono talmente semplici da poter

essere scritte su uno smeraldo.

L'inglese ne rimase deluso: gli anni di studio, i simboli magici, le parole

difficili, gli strumenti di laboratorio... nulla di tutto ciò aveva colpito

quel ragazzo. Deve avere un'anima troppo primitiva per poter comprendere tutto

ciò, fu la sua conclusione.

Quando le ore trascorrono veloci, anche le carovane corrono, pensò

l'Alchimista vedendo avvicinarsi all'Oasi centinaia di persone e di animali.

La gente gridava appresso ai nuovi arrivati, la polvere occultava il sole del

deserto, e i bambini saltellavano eccitati vedendo i forestieri. L'Alchimista

notò che i capi tribù si avvicinavano al Capo Carovana e insieme parlavano

lungamente.

Ma all'Alchimista non interessava nulla di tutto ciò.

Sapeva che in quella

carovana c'era anche l'uomo cui doveva svelare parte dei propri segreti.

Glielo avevano detto i segnali. Ancora non conosceva quest'uomo, ma i suoi

occhi esperti lo avrebbero riconosciuto appena lo avessero visto. Sperava che

fosse un uomo capace, come lo era stato il suo precedente apprendista.

Non so perché queste cose si debbano trasmettere da bocca a orecchio, pensava.

Non era certo perché le cose erano segrete: Dio rivelava con prodigalità i

suoi segreti a tutte le creature. A lui era nota solo una spiegazione per

questo fatto: le cose dovevano essere trasmesse così perché erano costituite

di Vita Pura, e difficilmente si riesce a cogliere questo tipo di vita con la

pittura o con le parole.

Perché gli uomini vengono affascinati dalla pittura e dalle parole e finiscono

per dimenticare il Linguaggio del Mondo.

Sembra un paesaggio da Mille e una Notte, disse l'inglese, impaziente diincontrare al più presto l'Alchimista.


L'inglese si alzò dal punto in cui era seduto e scosse il ragazzo.

Andiamo, chiedilo a lei!

Il ragazzo si avvicinò alla giovane, che di nuovo sorrise. E lui ricambiò il

sorriso.

Come ti chiami? le domandò.

Mi chiamo Fatima, rispose la giovane, con gli occhi rivolti a terra.

E’ un nome che portano alcune donne del paese da cui provengo.

E’ il nome della figlia del Profeta, spiegò Fatima. Lo hanno portato fin là i

guerrieri.

La dolce giovanetta parlava dei guerrieri con orgoglio. Accanto al ragazzo

l'inglese insisteva, e il giovane le chiese dell'uomo che curava tutte le

malattie.

E’ un uomo che conosce i segreti del mondo. Parla con i djins del deserto,

rispose lei.

I djins erano i demoni. E la giovane indicò il sud, verso il luogo dove

abitava quello strano uomo.


Poi riempì la brocca e se ne andò. Anche l'inglese si allontanò, in cerca

dell'Alchimista. E il ragazzo rimase per lungo tempo seduto accanto al pozzo:

avvertiva che, un giorno, il Levante gli aveva lasciato sul viso il profumo di

quella donna e lui sapeva di amarla fin da allora, ancor prima di sapere della

sua esistenza, e che il suo amore per lei gli avrebbe consentito di trovare

tutti i tesori del mondo.

Il giorno seguente il ragazzo tornò al pozzo, ad aspettare Fatima. Con sua

sorpresa, vi trovò l'inglese che, per la prima volta, fissava il deserto.

Ho aspettato tutto il pomeriggio e tutta la sera, disse l'inglese. E’ arrivato

con le prime stelle e gli ho detto che lo stavo cercando. Allora mi ha

domandato se avevo già trasformato il piombo in oro. Gli ho risposto che era

proprio ciò che volevo apprendere. Mi ha detto di tentare. Solo questo:

tenta.

Il ragazzo rimase in silenzio. L'inglese aveva viaggiato tanto per sentirsi

dire quanto già sapeva. A quel punto gli venne in mente che anche lui, per la

stessa ragione, aveva dato sei pecore al vecchio re.

Allora tentate, disse all'inglese.

E’ quello che farò. E comincerò subito.

Da dove vieni? gridò il ragazzo, mentre il cavaliere si allontanava.

La mano con il frustino indicò verso Sud.

Il ragazzo aveva incontrato l'Alchimista.

Perché volevi vedermi? domandò il ragazzo.

Per via dei segnali, rispose l'Alchimista. Il vento mi ha raccontato che

saresti venuto. E che avresti avuto bisogno di aiuto.

Non io, ma l'altro straniero, l'inglese. Era lui che ti stava cercando.

Lui deve trovare altre cose prima di trovare me. Ma è sulla strada giusta. Ha

cominciato a guardare il deserto.

E io?

Quando si vuole una cosa, tutto l'universo cospira affinché si riesca a

realizzare il sogno, affermò l'Alchimista ripetendo le parole del vecchio re.

Il ragazzo comprese. Adesso c'era un altro uomo sulla sua strada, per condurlo

fino alla sua Leggenda Personale.

Allora sarai tu il mio maestro?

No, tu sai già tutto ciò di cui hai bisogno. Io mi limiterò a farti

proseguire verso il tuo tesoro.

 

L'Alchimista ha duecento anni, aveva

affermato l'inglese. Ormai doveva ben sapere come difendersi dai serpenti

del deserto.

Il ragazzo vide il suo compagno avvicinarsi al cavallo ed estrarre la lunga

spada a forma di mezzaluna. Con questa, disegnò un cerchio per terra e vi

depose il serpente nel centro. La bestia si chetò immediatamente.

Puoi stare tranquillo, disse l'Alchimista. Da lì non uscirà. E tu hai scoperto

la vita nel deserto, il segnale di cui avevo bisogno.

Perché mai era cos ì importante?

Perché le Piramidi sono circondate da deserto.

Il ragazzo non voleva sentire parlare di Piramidi. Il suo cuore era gonfio di

tristezza, fin dalla sera precedente perché continuare la ricerca del tesoro

significava dover abbandonare Fatima.

Ti guiderò attraverso il deserto, disse l'Alchimista.

Voglio stabilirmi nell'oasi, rispose il ragazzo. Ho già incontrato Fatima. E

lei, per me, vale più del tesoro.

Fatima è una donna del deserto, proseguì l'Alchimista. Sa bene che gli uomini

devono partire, per avere la possibilità di ritornare. Lei ha già trovato il

suo tesoro: sei tu. Adesso attende che tu possa trovare ciò che cerchi.

Rimontarono sui cavalli e, questa volta, fu il ragazzo che prese a seguire

l'Alchimista. Il vento portava i rumori dell'oasi ed egli tentava di

identificare la voce di Fatima. Quel giorno non era andato al pozzo per via

della battaglia.

Ma quella sera, mentre osservava un serpente che si trovava in mezzo a un

cerchio, lo strano cavaliere con il

falco sulla spalla gli aveva parlato di amore e di tesori, delle donne del

deserto e della sua Leggenda Personale.

Vengo con te, disse il ragazzo. E immediatamente si sentì con il cuore in

pace.

Partiremo domani, prima che sorga il sole, fu la risposta dell'Alchimista.

Adesso sei quasi al termine del tuo viaggio, disse l'Alchimista. I miei

complimenti a te, che hai seguito la tua Leggenda Personale.

E tu mi stai guidando in silenzio, disse il ragazzo. Pensavo che mi avresti

insegnato ciò che sai. Qualche tempo fa mi sono trovato nel deserto con un

uomo che possedeva libri di alchimia, ma non sono riuscito a imparare nulla.

C'è solo un modo per imparare, rispose l'Alchimista. Ed è attraverso l'azione.

Tutto ciò che avevi bisogno di conoscere, il viaggio te lo ha insegnato. Manca

solo una cosa.

Il ragazzo desiderava sapere quale fosse, ma l'Alchimista teneva gli occhi

fissi sull'orizzonte, aspettando il ritorno del falco.

Perché ti chiamano Alchimista?

Perché lo sono.

E in che cosa sbagliarono gli altri alchimisti, che cercarono l'oro e non

riuscirono a scoprirlo?

Si limitavano a ricercare l'oro, rispose il suo compagno. Ricercavano il

tesoro della propria Leggenda Personale, senza il desiderio di viverla.

Che cosa devo ancora conoscere? insistette il ragazzo.

Ma l'Alchimista continuava a fissare l'orizzonte. Dopo qualche tempo, il falco

ritornò con il cibo. Scavarono una fossa e vi accesero all'interno un fuoco,

perché nessuno potesse vedere la luce delle fiamme.

Io sono un Alchimista perché lo sono, rispose infine mentre preparavano il

cibo. Ho appreso la scienza dai miei avi, che la appresero dai loro avi, e

così via fino alla creazione del mondo. A quell'epoca, tutta la scienza della

Grande Opera poteva essere scritta su un semplice smeraldo. Ma gli uomini non

diedero importanza alle cose semplici e cominciarono a scrivere trattati,

interpretazioni e studi filosofici. Cominciarono anche ad affermare di

conoscere il cammino meglio degli altri. Ma la Tavola di Smeraldo è ancora

viva.

E che cosa c'era scritto sulla Tavola di Smeraldo? domandò il ragazzo.

L'Alchimista cominciò a disegnare sulla sabbia, ma non vi si soffermò più di

cinque minuti. Mentre disegnava, il ragazzo ripensò al vecchio re e alla

piazza dove, un giorno, si erano incontrati: sembrava che da allora fossero

passati tanti e tanti anni.

Questo è scritto sulla Tavola di Smeraldo, rispose l'Alchimista quando ebbe

finito di scrivere.

Il ragazzo si avvicinò e lesse le parole scritte sulla sabbia.

E’ un codice, esclamò poi, un po' deluso dalla Tavola di Smeraldo. Somiglia a

quei libri dell'inglese.

No, rispose l'Alchimista. E’ come il volo degli sparvieri: non va compreso con

la sola ragione. La Tavola di

Smeraldo è un passaggio diretto verso l'Anima del Mondo. I saggi compresero

che questo mondo naturale è solo un'immagine e una copia del Paradiso. La

semplice esistenza di questo mondo è la garanzia che ne esiste uno più

perfetto. Dio lo creò perché gli uomini, attraverso le cose visibili,

potessero comprendere i suoi insegnamenti spirituali e le meraviglie della sua

sapienza. E’ questo che io chiamo Azione.

Dovrei comprendere la Tavola di Smeraldo? domandò il ragazzo.

Forse, se ti trovassi in un laboratorio di alchimia, questo sarebbe il

momento giusto per studiare la maniera migliore di capire la Tavola di

Smeraldo. Ma sei nel deserto. E allora immergiti nel deserto. Serve a

comprendere il mondo altrettanto bene di qualsiasi altra cosa sulla faccia

della terra. Non c'è bisogno che tu capisca il deserto: basta che osservi un

semplice granello di sabbia e vi scorgerai tutte le meraviglie della

Creazione.

Come posso immergermi nel deserto?

Ascolta il tuo cuore. Esso conosce tutte le cose, perché è originato

dall'Anima del Mondo, e un giorno vi farà ritorno.

                                                                   

Quella sera parlò di tutto con l'Alchimista. E questi capì che il cuore del

ragazzo era tornato all'Anima del Mondo.

Che cosa devo fare adesso? domandò il giovane.

Prosegui verso le Piramidi, rispose l'Alchimista. E presta sempre attenzione

ai segnali. Ormai, il tuo cuore è in grado di mostrarti il tesoro.

Era questo che dovevo ancora conoscere?

No, rispose l'Alchimista. Quanto ancora devi sapere

è questo: prima di realizzare un sogno, l'Anima del Mondo decide sempre di

provare tutto quanto si è appreso durante il cammino. E lo fa non perché sia

cattiva, ma perché noi possiamo conquistare, insieme al nostro sogno, anche

gli insegnamenti che abbiamo appreso durante il nostro cammino verso di lui. E’

il momento in cui la maggior parte degli uomini desiste. E noi, nel

linguaggio del deserto, lo definiamo con l'espressione 'morire di sete quando

le palme compaiono già all'orizzonte'.

Una ricerca comincia sempre con la Fortuna del Principiante. E finisce sempre

con la Prova del Conquistatore.

Il ragazzo si rammentò di un vecchio proverbio del suo paese: l'ora più buia

era sempre quella che precedeva il sorgere del sole.

Il giorno dopo comparve il primo segnale concreto di pericolo. Tre guerrieri

si avvicinarono e domandarono loro che cosa stessero facendo da quelle parti.

Sono venuto a caccia con il mio falco, rispose l'Alchimista.

Vi dobbiamo perquisire per accertarci che non abbiate armi, disse uno dei

guerrieri.

L'Alchimista smontò lentamente dal suo cavallo. Il ragazzo fece la stessa

cosa.

La guardia che stava perquisendo l'Alchimista trovò una piccola boccetta di

cristallo piena di liquido e un uovo di vetro giallastro, poco più grande di

un uovo di gallina.

E questi che cosa sono? domandò.

Sono la Pietra Filosofale e l'Elisir di Lunga Vita: la grande opera degli

Alchimisti. Chi prenderà questo elisir non cadrà mai ammalato, e una scheggia

di questa pietra può trasformare qualunque metallo in oro.

Le guardie scoppiarono a ridere di cuore e l'Alchimista rise insieme a loro.

Avevano trovato la risposta molto divertente e li lasciarono andare senza

altri indugi, e con tutti i loro averi.

Sei matto? domandò il ragazzo all'Alchimista, quando ormai erano lontani.

Perché lo hai fatto?

Per dimostrarti una semplice legge del mondo, rispose l'Alchimista. Quando

abbiamo davanti agli occhi dei grandi tesori, non ce ne accorgiamo mai. E sai

perché? Perché gli uomini non credono ai tesori.

Hai dominato le guardie con lo sguardo, commentò.

Gli occhi mostrano la forza dell'anima, rispose l'Alchimista

E’ vero, pensò il ragazzo. Laggiù, nell'accampamento, si era accorto che, in

mezzo alla folla di soldati, uno di loro li guardava fissamente. Ed era così

distante che non si sarebbe neppure potuta distinguere la sua faccia. Eppure

il ragazzo era certo che stesse guardando proprio loro due.

Finalmente, quando iniziarono l'attraversamento di una montagna che si

stendeva su tutto l'orizzonte, l'Alchimista disse che mancavano due giorni

per raggiungere le Piramidi.

Se dovremo separarci presto, rispose il ragazzo, allora insegnami l'Alchimia.

Già la conosci. Significa penetrare nell'Anima del Mondo e scoprire il tesoro

che essa ha riservato per noi.

Non è questo che voglio conoscere, ma il modo per trasformare il piombo in

oro.

L'Alchimista, rispettando il silenzio del deserto, rispose al ragazzo soltanto

quando si fermarono per mangiare.

Tutto nell'universo evolve, disse infine. E per i saggi l'oro è il metallo

più evoluto. Non domandarmi perché: questo non lo so. Io so soltanto che la

Tradizione è sempre nel giusto.

Sono gli uomini che non hanno bene interpretato le parole dei saggi. E l'oro,

invece che simbolo di evoluzione, è divenuto il segnale delle guerre.

Le cose parlano molti linguaggi, disse il ragazzo. L'ho capito con il bramito

di un cammello che, prima, era solo un bramito e, poi, è divenuto segnale di

pericolo, per trasformarsi infine di nuovo in un bramito.

Ma poi tacque. L'Alchimista doveva certo saperlo bene.

Ho conosciuto veri alchimisti, proseguì l'uomo. Si chiudevano nel laboratorio

e tentavano di evolvere come l'oro, scoprivano la Pietra Filosofale. Perché

avevano capito che, quando qualcosa evolve, evolve anche tutto quanto la

circonda.

Altri trovarono la pietra per caso. Possedevano già quel dono, le loro anime

erano più ricettive di quelle di altri uomini. Ma questi non contano, perché

sono rari. Altri, infine, ricercavano soltanto l'oro. E questi non scoprirono

mai il segreto. Avevano dimenticato che anche il piombo, il rame, il ferro

hanno una Leggenda Personale da realizzare. Chiunque interferisca nella

Leggenda Personale degli altri, non scoprirà mai la propria.

Le parole dell'Alchimista risuonarono come una maledizione. Questi si chinò e

raccolse una conchiglia del deserto.

Poi montarono sui cavalli e proseguirono verso le Piramidi d'Egitto.

                                                               
             
Il sole aveva cominciato a tramontare quando il cuore del ragazzo diede un

segnale di pericolo. Si trovavano fra gigantesche dune e il ragazzo guardò

l'Alchimista, ma questi sembrava non avere notato nulla. Cinque minuti dopo il

giovane scorse davanti a se due cavalieri, le sagome stagliate contro il

sole. Prima che potesse parlarne all'Alchimista, i due cavalieri si erano

trasformati in dieci, poi in cento, finché le gigantesche dune ne furono

completamente piene.

Erano guerrieri vestiti di azzurro, con un triplo anello di cordone nero sopra

il turbante. I loro visi erano coperti da un altro velo azzurro, che lasciava

scoperti solo gli occhi.

Benché ‚ lontani, quegli occhi mostravano la forza dei loro animi. E quegli

occhi parlavano di morte.

Chi è il tuo amico? domandò il comandante.

Un Alchimista, rispose l'Alchimista. Egli conosce i poteri della natura. E

desidera mostrare al comandante le sue straordinarie capacità.

Il ragazzo lo ascoltò in silenzio. E con tanta paura.

Che cos'è un Alchimista? domandò infine.

Un uomo che conosce la natura e il mondo. Se lui volesse, distruggerebbe

questo accampamento con la sola forza del vento.

Gli uomini scoppiarono a ridere. Erano abituati alla forza della guerra e

sapevano che il vento non può sferrare colpi mortali. Ma ciascuno di loro

sentì una stretta al cuore. Erano uomini del deserto e avevano timore dei

maghi.

Voglio vederlo con i miei occhi, disse il generale.

Ci servono tre giorni, rispose l'Alchimista. Ed egli si trasformerà in vento,

soltanto per mostrarvi la forza del suo potere. Se non riuscirà, noi vi offriremo umilmente le nostre vite per, l’onore del vostro clan.

L'Alchimista chiese a un guerriero una manciata di tè e ne depose un pizzico

sui polsi del ragazzo, che si sentì invadere tutto il corpo da un'ondata di

tranquillità mentre l'Alchimista pronunciava alcune parole che egli non

riusciva a comprendere.

Non abbandonarti alla disperazione, disse l'Alchimista, con una voce

stranamente dolce. Altrimenti non riuscirai a parlare con il tuo cuore.

Ma io non so trasformarmi in vento.

Chi vive la propria Leggenda Personale conosce tutto ciò che ha bisogno di

conoscere. Soltanto una cosa rende impossibile un sogno: la paura di fallire.

Il terzo giorno il generale si riunì con i più importanti comandanti.

Andiamo a vedere quel giovane che si trasforma in vento, disse il Generale

all'Alchimista.

Andiamo pure, rispose questi.

Il ragazzo li condusse fino al luogo dove era stato il giorno precedente. Poi

chiese a tutti di sedersi.

Ci vorrà un po' di tempo, disse.

Il ragazzo cominciò a fissare l'orizzonte davanti a s‚. In lontananza si

scorgevano montagne, si scorgevano dune, rocce e piante striscianti che si

ostinavano a vivere là dove la sopravvivenza era impossibile. Lì c'era il

deserto, che egli aveva percorso per lunghi mesi e del quale, comunque,

conosceva una parte assai piccola. In questa piccola parte, aveva incontrato

inglesi, carovane, guerre fra clan, e un'oasi con cinquantamila palme e

trecento pozzi.

Che cosa vuoi, oggi? gli domandò il deserto. Non ci siamo già contemplati

abbastanza, ieri?

C'è un punto in cui tu custodisci la persona che io amo, disse il ragazzo. E

quindi, quando io guardo le tue sabbie, contemplo anche lei. Desidero tornare

da lei e ho bisogno del tuo aiuto per trasformarmi in vento.

Che cos'è l'amore? domandò il deserto.

E’ amore quando il falco vola sulle tue sabbie. Perché tu per lui rappresenti

un campo verdeggiante da cui non è mai tornato indietro senza una preda.

Conosce le tue rocce, le tue dune e le tue montagne, e tu sei generoso verso

di lui.

Il falco, con il suo becco, mi porta via dei brandelli, disse il deserto. Da

anni allevo le mie prede, le sostengo con la poca acqua che possiedo, gli

mostro dove si trova il cibo. E, un giorno, il falco scende giù dal cielo,

proprio quando sarei sul punto di sentire la carezza della preda sulle mie

sabbie, e si porta via quello che ho allevato.

Ma è proprio per questo che hai allevato la preda, rispose il ragazzo. Per

nutrire il falco. E il falco nutrirà l'uomo. E poi l'uomo nutrirà le tue

sabbie, da dove un giorno emergerà di nuovo la preda. Così va il mondo.

E’ questo l'amore?

Sì, è questo. E’ ciò che consente alla preda di trasformarsi in falco, e il

falco in uomo, e l'uomo di nuovo in deserto. E’ questo che consente al piombo

di trasformarsi in oro, e all'oro di nascondersi di nuovo sono la terra.

Non comprendo le tue parole, disse il deserto.

Allora cerca di capire come in qualche luogo, fra le tue sabbie, una donna mi

stia aspettando. Ed è per questo che devo trasformarmi in vento.

Il deserto tacque per alcuni istanti.

Ti concedo le mie sabbie perché il vento possa soffiare. Ma io, da solo, non

posso fare nulla. Chiedi aiuto al vento.

Una leggera brezza cominciò a spirare. Da lontano, i comandanti guardavano il

ragazzo, che parlava un linguaggio a loro sconosciuto.

L'Alchimista sorrideva.

Il vento si avvicinò al giovane e gli sfiorò il viso. Aveva ascoltato la sua

conversazione con il deserto, perché i venti sanno sempre tutto. Attraversano

il mondo, ma senza avere un luogo da cui nascere e un luogo in cui morire.

Aiutami, chiese il ragazzo al vento. In te, un giorno ho udito la voce della

mia amata.

Chi ti ha insegnato a parlare il linguaggio del deserto e del vento?

Il mio cuore, rispose il ragazzo.

Il vento aveva tanti nomi. Lì lo chiamavano Scirocco, perché gli arabi

credevano che venisse da terre ricoperte d'acqua, dove abitavano uomini neri.

Nel lontano paese da cui proveniva il ragazzo, lo chiamavano Levante, perché

credevano che trasportasse le sabbie del deserto e le urla di guerra dei mori.

Forse in qualche luogo più distante dalle campagne in cui si trovavano le

pecore, gli uomini pensavano che il vento nascesse in Andalusia. Ma il vento

non proveniva da alcun luogo e non andava in alcun luogo, e perciò era più

forte del deserto. Un giorno avrebbero potuto piantare gli alberi nel

deserto, e addirittura allevarvi le pecore, ma non sarebbero mai riusciti a

dominare il vento.

Tu non puoi essere il vento, disse il vento. Noi due siamo di natura diversa.

Non è vero, affermò il ragazzo. Mentre giravo il mondo insieme a te, ho

conosciuto i segreti dell'Alchimia. In me ci sono venti, deserti, oceani,

stelle e tutto quanto è stato creato nell'universo. Siamo stati creati dalla

stessa Mano, e abbiamo la stessa Anima. Voglio essere come te, penetrare

ovunque, attraversare i mari, sollevare la sabbia che ricopre il mio tesoro,

avvicinare la voce della mia amata.

Ho ascoltato la tua conversazione con l'Alchimista l'altro giorno, disse il

vento. Egli ha detto che ogni cosa ha la propria Leggenda Personale. Gli

uomini non possono trasformarsi in vento.

Insegnami a essere vento per alcuni istanti, soggiunse il ragazzo. Affinché

possiamo parlare delle possibilità illimitate degli uomini e dei venti.

Il vento era curioso, ma quella era una cosa che non conosceva. Gli sarebbe

piaciuto parlarne, ma proprio non sapeva come trasformare gli uomini in vento.

Eppure conosceva tante cose! Creava deserti, affondava navi, abbatteva

foreste intere e vagava per città dove risuonavano musica e strani rumori.

Pensava di essere illimitato, eppure lì c'era quel ragazzo a dirgli che

esistevano tante altre cose che un vento poteva fare.

Lo chiamano Amore, disse il giovane, accorgendosi che il vento stava quasi per

cedere alla sua richiesta. Quando si ama, allora si riesce a essere qualunque

cosa tra quelle della Creazione. Quando si ama, non si ha alcun bisogno di

capire che cosa accade, perché tutto comincia ad accadere dentro di noi, e

gli uomini possono addirittura trasformarsi in vento. Purché i venti li

aiutino, e chiaro.

Il vento, che era molto orgoglioso, fu alquanto irritato dalle parole di quel

ragazzo. Cominciò a soffiare con maggiore forza, sollevando le sabbie del

deserto. Ma infine dovette riconoscere che, pur avendo percorso il mondo

intero, non sapeva come trasformare gli uomini in vento. E non conosceva

l'Amore.

Mentre vagavo per il mondo, ho notato che molti parlavano dell'amore

guardando il cielo, disse il vento, infuriato per il fatto di dovere

accettare i propri limiti. Forse è meglio domandarlo al cielo.

Allora aiutami, disse il ragazzo. Riempi di polvere questo luogo, affinché io

possa guardare il sole senza accecarmi.

Il vento, allora, soffiò con molta forza e il cielo si riempì di sabbia,

lasciando solo un disco dorato al posto del sole.

Nell'accampamento diventava sempre più difficile scorgere qualcosa. Gli uomini

del deserto conoscevano bene quel vento. Si chiamava Simun, ed era peggio di

una tempesta in mare, giacché loro non conoscevano il mare. I cavalli

nitrivano e le armi cominciarono a ricoprirsi di sabbia.

Sulla roccia, uno dei comandanti si rivolse al generale e disse:

Forse è meglio smetterla.

Quasi non riuscivano più a scorgere il ragazzo. I visi erano coperti da veli

azzurri e i loro occhi, adesso, manifestavano soltanto sgomento.

Smettiamola, insistette un altro comandante.

Voglio vedere la grandezza di Allah, rispose rispettosamente il generale.

Voglio vedere come gli uomini si trasformano in vento.

Ma annotò mentalmente i nomi dei due uomini che avevano avuto paura. Appena il

vento fosse cessato, li avrebbe destituiti dai loro incarichi, perché gli

uomini del deserto non sentono la paura.

Il vento mi ha detto che tu conosci l'Amore, disse il ragazzo al Sole. Se

conosci l'Amore, conosci anche l'Anima del Mondo, che è fatta di Amore.

Dal punto in cui mi trovo, disse il Sole posso vedere l'Anima del Mondo. E’ in

comunione con la mia anima e noi, insieme, facciamo crescere le piante e

procedere le pecore alla ricerca d'ombra. Dal punto in cui mi trovo, e sono

ben lontano dal mondo, ho imparato ad amare. So bene che, se mi avvicinassi un

po' di più alla Terra, tutto quanto si trova su essa morirebbe. E l'Anima del

Mondo, allora, cesserebbe di esistere. Perciò ci contempliamo e ci vogliamo

bene: io le concedo vita e calore e lei mi dà una ragione per vivere.

Tu conosci l'Amore, disse il ragazzo.

E conosco l'Anima del Mondo, perché parliamo spesso in questo lungo viaggio

senza fine per l'Universo. Lei mi dice che il suo maggior problema è che,

finora, soltanto i minerali e i vegetali hanno capito come tutto sia una cosa

sola. E perciò non è necessario che il ferro sia uguale al rame, e che il rame

sia uguale all'oro. Ognuno svolge la propria precisa funzione in questa cosa

unica: e tutto creerebbe una Sinfonia di Pace se la Mano che ha scritto tutto

ciò si fosse fermata al quinto giorno della creazione.

Ma ci fu un sesto giorno, aggiunse il Sole.

Tu sei saggio perché vedi le cose da lontano, rispose il giovane. Ma non

conosci l'Amore. Se non ci fosse stato un sesto giorno nella creazione, non

esisterebbe l'uomo, e il rame sarebbe sempre rame e il piombo sarebbe sempre

piombo. Ognuno ha la propria Leggenda Personale, è vero, ma un giorno questa

Leggenda Personale diventerà una realtà. Allora bisogna trasformarsi in

qualcosa di migliore e creare una nuova Leggenda Personale, fino a quando

l'Anima del Mondo sarà realmente una cosa sola.

Il Sole divenne pensieroso e decise di brillare più forte. Il vento, che stava

godendosi la discussione, soffiò anch'esso più forte, affinché il Sole non

giungesse al ragazzo.

Per questo esiste l'Alchimia, aggiunse. Affinché ogni uomo cerchi il proprio

tesoro e lo scopra e poi desideri essere migliore di quanto non fosse nella

vita precedente. Il piombo svolgerà il proprio ruolo fino a quando il mondo

non ne avrà più bisogno. Ma poi dovrà trasformarsi in oro. E’ quanto fanno gli

Alchimisti: dimostrano che, ogniqualvolta cerchiamo di essere migliori di

quello che siamo, anche tutto quanto ci circonda diventa migliore.

Perché, allora, dici che io non conosco l'Amore? domandò il Sole.

Perché amore non significa essere immobile come il deserto, n‚ scorrazzare per

il mondo come il vento, n‚ vedere tutto da lontano, come fai tu. L'Amore è la

forza che trasforma e migliora l'Anima del Mondo. Quando, per la prima volta,

sono riuscito a penetrarla, ho creduto che fosse perfetta. Ma poi mi sono

accorto che era un riflesso di tutte le creature, e che aveva le sue guerre e

le sue passioni. Siamo noi che alimentiamo l'Anima del Mondo: e la terra su

cui viviamo sarà migliore o peggiore, se noi saremo migliori o peggiori. E’

qui che entra la forza dell'Amore, perché quando amiamo desideriamo sempre

essere migliori di quanto siamo.

Che cosa vuoi, tu, da me? domandò il Sole.

Che mi aiuti a trasformarmi in vento, rispose il ragazzo.

La Natura mi conosce come la più saggia fra le creature, disse il Sole. Ma

non so come trasformarti in vento.

Con chi devo parlare, allora?

Per un momento, il Sole rimase taciturno. Il vento, che stava ascoltando,

avrebbe diffuso per il mondo come la sua sapienza fosse limitata. Eppure, non

c'era modo di sfuggire a quel ragazzo, che parlava il Linguaggio del Mondo.

Parlane con la Mano che ha scritto tutto, disse il Sole.

Il vento lanciò un grido di gioia e soffiò con più forza che mai. Le tende

cominciarono a essere strappate via dalla sabbia e gli animali si liberarono

delle redini. Sulla

roccia, gli uomini si stringevano gli uni agli altri per non essere trascinati

via.

Il ragazzo si rivolse allora alla Mano che aveva scritto Tutto. Ma, invece di

rivolgerle la parola, tacque, sentendo che anche l'universo si manteneva in

silenzio.

La forza dell'Amore sprizzò dal suo cuore e il ragazzo cominciò a pregare. Era

una preghiera che non aveva mai recitato prima, perché si trattava di una

preghiera senza parole e in cui non si chiedeva nulla. Lui non stava

ringraziando perché le pecore avevano trovato un pascolo, n‚ stava implorando

per vendere più cristalli, n‚ stava chiedendo che la donna incontrata

attendesse il suo ritorno. Nel silenzio che ne seguì, il ragazzo capì che il

deserto, il vento e anche il sole cercavano i segnali che quella Mano aveva

scritto, nel tentativo di ritrovare il proprio cammino e di capire quanto

fosse scritto su un semplice smeraldo. Sapeva che quei segnali erano

sparpagliati sulla Terra e nello Spazio, che apparentemente non avevano alcun

motivo o significato e che n‚ i deserti, n‚ i venti, n‚ i soli, e neppure gli

uomini sapevano perché mai fossero stati creati. Ma quella Mano aveva un

motivo per tutto: solo lei poteva operare miracoli, poteva trasformare gli

oceani in deserti, e gli uomini in vento. Perché soltanto lei capiva che un

disegno superiore spingeva l'Universo a un punto in cui i sei giorni della

creazione si sarebbero trasformati nella Grande Opera.

E il ragazzo si immerse nell'Anima del Mondo: si rese conto di come essa

facesse parte dell'Anima di Dio e di come l'Anima di Dio fosse la sua stessa

anima. E, in quel momento, fu consapevole che anch'egli avrebbe potuto

compiere miracoli.

Quel giorno il Simum soffiò come non aveva mai soffiato. Per molte

generazioni gli arabi si tramandarono la leggenda di un ragazzo che si era

trasformato in vento, che aveva quasi distrutto un accampamento militare e

sfidato il potere del più importante generale del deserto.

Quando il Simum cessò di soffiare, tutti guardarono verso il luogo in cui si

trovava il ragazzo. Ma questi non c'era più: si trovava accanto a una

sentinella che, quasi coperta di sabbia, sorvegliava l'altro lato

dell'accampamento.

Gli uomini erano spaventati da quella stregoneria. Soltanto due persone

sorridevano: l'Alchimista, perché aveva trovato il suo giusto discepolo, e il

Generale, perché il discepolo aveva capito la gloria di Dio.

Il giorno dopo, il Generale si congedò dal ragazzo e dall'Alchimista,

facendoli guidare da una scorta dovunque essi volessero.

I due viaggiarono tutto il giorno. All'imbrunire, giunsero davanti a un

monastero copro. L'Alchimista congedò la scorta e smontò da cavallo.

Da qui in poi procederai da solo, disse l'Alchimista. Sono tre ore appena fino

alle Piramidi.

Grazie, disse il ragazzo. Mi hai insegnato il Linguaggio del Mondo.

Ti ho soltanto ricordato quanto già conoscevi.

L'Alchimista bussò alla porta del monastero. Venne ad aprire un monaco tutto

vestito di nero. Si scambiarono alcune frasi in copto e, poi, l'Alchimista

invitò il ragazzo a entrare.

Gli ho chiesto di lasciarmi usare per qualche tempo la cucina, spiegò.

Si avviarono verso la cucina del monastero. L'Alchimista accese il fuoco e il

monaco gli portò un po' di piombo, che l'alchimista sciolse in un vaso di

ferro. Quando il piombo si fu liquefatto, l'Alchimista estrasse dalla bisaccia

quello strano uovo di vetro giallastro. Ne grattò una scheggia della

dimensione di un capello, lo avvolse nella cera e lo mise nella pentola con il

piombo.

Il miscuglio acquistò un colore rosso, come il sangue. L'Alchimista, allora,

allontanò la pentola dal fuoco e lo lasciò raffreddare. Nel frattempo,

parlava con il monaco della guerra fra i clan.

Durerà a lungo, disse al monaco.

Questi sembrava contrariato. Da lungo tempo le carovane erano bloccate a

Giza, in attesa che la guerra finisse. Sia fatta la volontà di Dio, concluse

il monaco.

Proprio così, rispose l'Alchimista.

Quando la pentola cessò di sfrigolare, il monaco e il ragazzo guardarono

meravigliati. Il piombo si era seccato assumendo la forma circolare del

recipiente, ma non era più piombo: era oro.

Un giorno imparerò a farlo anch'io? domandò il ragazzo.

Questa era la mia Leggenda Personale, non la tua, rispose l'Alchimista. Ma

desideravo mostrarti che è possibile.

Di nuovo si diressero verso l'ingresso del convento. Lì l'Alchimista divise il

disco in quattro parti.

Questa è per te, disse, porgendo una parte al monaco. Per la tua generosità

verso i pellegrini.

Accetto questo pagamento che va ben al di là della mia generosità, rispose il

monaco.

Non ripeterlo mai più. La vita potrebbe essere in ascolto e la prossima volta

ti concederà di meno.

Poi si avvicinò al ragazzo.

Questa è per te. Per ripagarti di quanto hai lasciato al generale.

Il ragazzo stava per dirgli che era assai di più di quanto aveva lasciato al

generale. Ma tacque, perché aveva sentito il commento che l'Alchimista aveva

fatto con il monaco...

Questa è per me, disse poi l'Alchimista, conservandone una parte. Perché devo

ritornare indietro attraverso il deserto, dove c'è una guerra fra i clan.

Poi prese il quarto pezzo e lo diede di nuovo al monaco.

Questo è per il ragazzo, nel caso che ne abbia bisogno.

Ma io sto andando in cerca del mio tesoro, esclamò il ragazzo. E adesso ci

sono vicino!

E io sono sicuro che lo troverai, affermò l'Alchimista.

E allora perché questo gesto?

Perché hai già perduto due volte, con il ladro e con il generale, il denaro

guadagnato durante il tuo viaggio. Sono un vecchio arabo superstizioso e,

perciò, credo ai proverbi della mia terra. Ce n'è uno che dice: “Tutto quanto

accade una volta, potrebbe non accadere mai più. Ma tutto quanto accade due

volte, accadrà certamente una terza”.

E rimontarono sui cavalli.

L'Alchimista spostò il suo cavallo.

Indipendentemente dalle proprie azioni, ogni persona sulla terra rappresenta

sempre il ruolo principale nella storia del mondo, disse lui. E normalmente

non lo sa.

Il ragazzo sorrise. Non aveva mai pensato quanto la vita potesse essere

importante per un pastore.

Addio, disse l'Alchimista.

Addio, rispose il ragazzo.

Dove sarà il tuo tesoro, lì si troverà anche il tuo cuore, aveva detto

l'Alchimista.

Gli innumerevoli secoli delle Piramidi d'Egitto contemplavano, dall'alto,

quel ragazzo. Se lo avesse voluto, adesso egli sarebbe potuto ritornare

all'Oasi, sposare Fatima e vivere insieme a lei come un semplice pastore di

pecore. Anche l'Alchimista, infatti, pur comprendendo il Linguaggio del

Mondo, pur sapendo trasformare il piombo in oro, viveva nel deserto. Non

doveva dimostrare a nessuno la propria scienza e la propria arte. Mentre

proseguiva verso la propria Leggenda Personale, il ragazzo aveva appreso tutto

quanto gli serviva e vissuto tutto quanto aveva sognato di vivere.

Ma era giunto al tesoro: e un'opera è completa soltanto quando l'obiettivo è

raggiunto. Lì, su quella duna, il ragazzo aveva pianto. Guardò per terra e

vide che, nel punto in cui erano cadute le sue lacrime, si muoveva uno

scarabeo. Nel periodo trascorso nel deserto, aveva appreso come in Egitto gli

scarabei fossero il simbolo di Dio.

Per tutta la notte il ragazzo scavò nel luogo indicato, senza tuttavia trovare

nulla. Dall'alto delle Piramidi i secoli lo contemplavano in silenzio. Ma il

ragazzo non desisteva: scavava e scavava, lottando contro il vento, che

riportava la sabbia dentro la fossa. Le sue mani si stancarono, poi si

ferirono, ma il ragazzo credeva al proprio cuore. E il cuore gli aveva detto

di scavare dove fossero cadute le sue lacrime.

All'improvviso, mentre stava tentando di togliere alcune pietre che erano

emerse, udì dei passi. Gli si avvicinarono alcuni individui: erano in

controluce e lui non riusciva a vederne n‚ gli occhi, n‚ i visi.

Che cosa stai facendo lì? domandò qualcuno.

Il ragazzo non rispose, ma ebbe paura. Adesso aveva un tesoro da

disseppellire, e perciò aveva paura.

Siamo in fuga dalla guerra fra i clan, disse qualcun altro. Dobbiamo sapere

che cosa stai nascondendo. Ci servono soldi.

Non sto nascondendo nulla, rispose il ragazzo.

Ma uno degli uomini lo afferrò e lo tirò fuori dalla fossa. Un altro cominciò

a rovistargli nelle tasche. E così trovarono il pezzo d'oro.

Ha dell'oro, disse uno degli uomini.

La luna illuminò il viso di colui che lo stava perquisendo e il ragazzo

scorse, nei suoi occhi, la morte.

Dev'esserci dell'altro oro nascosto sotto terra, soggiunse l'altro.

E costrinsero il ragazzo a scavare. Questi continuò a scavare, ma non c'era

niente. Allora cominciarono a picchiarlo. Lo colpirono finché comparvero nel

cielo i primi raggi di sole. I suoi abiti furono ridotti a brandelli, ed egli

sentì che la morte era vicina.

A che ti serve il denaro, se dovrai morire? Ben di rado il denaro è in grado

di liberarti dalla morte, aveva detto l'Alchimista.

Sto cercando un tesoro! gridò infine il ragazzo. E, con la bocca ferita e

gonfia, raccontò ai rapinatori che ben due volte aveva sognato di un tesoro

nascosto presso le Piramidi d'Egitto.

Quello che sembrava il capo rimase taciturno per lungo tempo. Poi,

rivolgendosi a un altro, disse: Puoi lasciarlo. Non ha nient'altro. Quest'oro

deve averlo rubato.

Il ragazzo si alzò con difficoltà e, una volta ancora, guardò le Piramidi.

Queste gli sorrisero: e lui, con il cuore colmo di felicità, ricambiò il

sorriso. Aveva trovato il tesoro.

Si addormentò senza accorgersene e, quando si svegliò, il sole era già alto.

Allora cominciò a scavare fra le radici del sicomoro.

Vecchio mago, pensava il ragazzo. Tu sapevi tutto. Hai persino lasciato un po'

d'oro perché potessi ritornare fino a questa chiesa. Il monaco si è divertito

quando mi

ha visto tornare con gli abiti a brandelli. Non potevi risparmiarmelo?

No, sentì che diceva il vento: Se te lo avessi detto, non avresti visto le

Piramidi. Sono molto belle, non trovi?

Era la voce dell'Alchimista. Il ragazzo sorrise e continuò a scavare.

Mezz'ora dopo, la pala colpì qualcosa di solido. Un'ora dopo il giovane aveva

davanti a sé ‚ un baule pieno di vecchie monete d'oro spagnole. C'erano anche

pietre preziose, maschere d'oro adorne di piume bianche e rosse, idoli di

pietra incastonati di brillanti: oggetti di una conquista che il paese aveva

ormai dimenticato da lungo tempo e che il conquistatore aveva tralasciato di

raccontare ai propri figli.

Il ragazzo prese dalla bisaccia Urim e Tumim. Aveva usato le due pietre

soltanto una volta, una mattina, mentre si trovava in un mercato. La vita e

il suo cammino erano stati sempre disseminati di segnali.

Conservò Urim e Tumim nel baule pieno d'oro: facevano anch'essi parte del

tesoro, perché gli ricordavano un vecchio re che non avrebbe mai più

incontrato.

La vita è davvero generosa con chi vive la propria Leggenda Personale, pensò

il ragazzo.

                                                                  


Finisce qui,la selezione di passi, tratti dal Libro di Pablo Cohelo L’Alchimista, abbiamo scelto i passi che noi abbiamo ritenuto significativi, per ricostruire un sunto dell’Essenza simbolica del racconto in grado di trasmettere anche alle menti profane una visuale poetica di ciò che può significare l’Alchimia nella ricerca di Se stessi, in Relazione con il Tutto, che ci ha creati e distrutti Infinite Volte nell’Eterno presente del Esistenza. I passi sono riportati in ordine cronologico così come vengono narrati nel libello, riproducendo una narrazione logica, così come l’Autore l’aveva presentata, cercando di portare all’attenzione dei nostri lettori quelle parti Simboliche, o che meglio rappresentavano la Radice della Ricerca. Chi lo aveva già letto, sicuramente avrà tratto piacere nel rileggerne alcune parti, apprezzando il nostro lavoro di sunto, mentre coloro i quali ne leggono le trame per la prima volta, siamo sicuri , ne resteranno romanticamente colpiti.

Consigliamo comunque a Tutti, di leggere se possibile Tutta l’Opera, trovando così, nella semplicità di un racconto, Verità, Fondamentali, e talvolta superficialmente, date per scontate, da non essere apprezzate.

 

Con la speranza che Tutti Iniziati o Meno abbiano tratto qualcosa in seno da queste parole, che come ogni cosa qui nascondono Insegnamenti, per coloro che hanno l’Occhio per Scovarli, e il Cuore per apprezzarli.

 

I F.^. e le S.^. dell’Antico e Mistico Ordine Osirideo Egizio. M.B. A^A.

 

A.G.D.G.U.   (Se credete che in questa sigla vi sia una lettera mancante, state tranquilli perché non è così)

 

Abbiamo Detto.
                                                                       

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