De Magica Arte Liber Zeta ( Tantra Egittum Praticae)
Essere Vuol dire essere percepiti, pertanto conoscere se
stessi è possibile solo attraverso gli occhi degli Altri. .^. Il dio Krishna da
piccolo al ritorno dal gioco si imbatté nella madre che gli chiesa se giocando
avesse mangiato del fango. Il piccolo Krishna scosse il capo negando. La mamma
incredula chiese allora al piccolo Krishna di aprire la bocca per controllare.
Il dio bambino aprì la bocca. Sapete cosa vide la mamma? L’universo Intero. .^.
A^A M.B.
In questo Scritto cercheremo di risalire alle origine
storiche di quelle pratiche che sono la base della Magia operativa definita
sessuale. Come vedremo anche nel sistema Operativo dell’Antico Egitto erano
conosciute ed usate pratiche tantriche, ed è proprio su questa parentesi
storica dimenticata dai più, che vogliamo fissare il tema centrale di questo
Nostro capitolo del De Magica Arte Liber Zeta ( Tantra Egittum Praticae). Nella prossima
pubblicazione cercheremo di concludere come preannunciato all’inizio di
quest’opera penetrando nell’operatività pratica della magia sessuale, al
termine del quale dedicheremo qualche parola all’utilizzo dei mantra.
Alcuni Operatori perspicaci hanno osservato che il tantrismo
è penetrato in Occidente dopo la seconda guerra mondiale (1940-1945) e si
diffonde soprattutto con una sorta di propagazione bocca orecchio piuttosto che
non attraverso i manuali, generalmente privi di valore pratico. Se non esiste
una scuola nella stretta eccezione del termine è pur vero che si può
legittimamente parlare di un movimento tantrici che ha presa su tutti gli
ambienti dinamici.
La dottrina e la pratica del tantrismo si sono attualmente
diffuse nelle capitali occidentali, soprattutto a Parigi, sotto il nome di
induismo. Sarà tuttavia utile precisare che il tantrismo, il cui fondamento è
Naturale e quindi Universale, è esistito in vari luoghi con altri nomi. Quanto
alla sua Arcana chiave di Volta, della sua metafisica e psicologia si ritrova
in molte religioni antiche.
Il tantrismo non è trinitario si richiama alla dualità, ma
non al dualismo; come già il catarismo, laddove invece, i due principi
fondamentali si trovano in una posizione di lotta irriducibile. La qualità
tantrica è coppia e perciò si inscrive in Una Unità: dio e dea, assoluto e
manifestato, immobilità e dinamismo. Il secondo polo emana dal primo come l’Eva
biblica emana dall’Adamo e vi ritorna. In termini poetici, esso oppone
armonicamente l’immutabile Mascolino (il Dio) all’Eterno Femminino (il suo
dinamismo creatore e distruttore, perennemente mutante).
Attualmente, il tantrismo non ha più templi o monasteri se
non in Tibet e in India, Secondo i Saggi del Nostro Ordine, il Nord dell’India
avrebbe trasmesso al Tibet l’arte del Tantra, contemporaneamente al buddhismo,
verso il VI secolo della Nostra era. Quindi, nel corso del XII secolo, passò in
Mongolia, penetrò nella regione dell’Amur, nella Siberia orientale ed infine in
Manciuria. L’archeologia conferma l’originalità del tantrismo indiano. Gli
scavi effettuati nella Valle dell’Indo, che hanno portato alla Luce le città di
Harappà e di Mohendjo Daro, contemporanee di Sumer, la più antica civiltà
conosciuta in Mesopotamia (IV-V millennio), hanno ampiamente dimostrato che
l’India del Nord celebrava i culti della dualità Shiva-Shakti. Non si trova invece traccia del posteriore
Trimurti brahmanica, o triplice principio maschile.
La Trimurti sembra essere il risultato di una sintesi
abbastanza recente, destinata ad armonizzare gradualmente l’antica religione
autoctona con quella dei conquistatori Aria o Ariani. Questi ultimi vi
esportarono il Sanscrito, scrittura-supporto della loro metafisica. Considerare
Shiva in Ordine alla qualità tantrica o in Ordine alla Trimurti, non comporta
un alteramento di Natura se si considera che i tre principi della tri-unità
erano inseparabili. Shiva Dio è a un tempo l’assoluto e il protettore di ciò
che è spiritualmente vivo, pur nel rispetto della sua funzione, che è quella di
distruttore. E’ il Diamante-Folgore che discende dal Cosmo per tuffarsi nelle
tenebre demoniache e folgorale. Nel tantrismo, Shiva distruttore di Demoni è
Femminile.
Nella Valle dell’Indo, sulle tavolette di ceramica vecchie
di cinquemila anni, l’arte aveva umanizzato Shiva in un asceta assiso nella
postura del Loto, dello Yoga classico. Tiene gli occhi semi chiusi per l’estasi
e lo sguardo invertito si concentra sulla ghiandola Pineale, il Terzo Occhio
Frontale è ben aperto sull’Infinito, dal quale si sprigionerà il misterioso
raggio che disintegra i demoni. E’ Femminile in Tibet, dove riveste le forme
della Dea Tara. Il carattere intercambiabile del Dio Unico che può invertire i
poli sessuali, appartiene a una civiltà che non conobbe la guerra tra i sessi.
Considerato nell’aspetto maschile, Shiva permane immerso nell’Oceano Cosmico, è
assente, immobile, celeste, non manifestato; mentre quando viene femminizzato,
è dinamico e Cosmo-Tellurico e allora danza la Vita e la Morte. Di solito, le
sue immagini integrano le due Nature in una figura dallo sguardo fisso, che
danza come una baiadera nel mozzo di una Ruota infuocata.
In India un uso bi millenario ha stravolto il senso del
termine tantrismo. Originariamente un tantra era un trattato religioso,
concepito sotto forma di dialogo tra Dio e Dea. Per estensione, il termine è
stato applicato ai testi dialogati. Gli interlocutori sono un maestro e un
discepolo, o un lama e un anima in via di trasmigrazione, è il caso del celebre
Bardo Thodol profanamente conosciuto come il Libro Tbetano dei Morti. Un Lama
veggente esorta l’anima di un trapassato per illuminarlo, da una parte, sul suo
nuovo stato surreale di esistenza e sulle visioni d’oltretomba e da altra parte
nel tentativo di liberarlo dal panico che queste visioni provocano in lui. Il
Sacerdote fa appello al mentale del morto; poiché il nostro mentale può
funzionare al di fuori del nostro corpo e la sperimentazione su falsi morti in
catalessi lo ha dimostrato da oltre un secolo. Quando il defunto li
comprenderà, questi fantasmi scompariranno; essi sono una proiezione del
defunto, delle sue passioni non estinte malgrado la morte, e del suo Karma (le
sue opere). Il lama lo aiuterà guidandolo nel labirinto surreale e soggettivo
che il morto deve distruggere. Lo aiuterà, soprattutto a liberarsi dalla ruota
di questo mondo intermedio che i Catari chiamavano il mondo della Mistura:
mistura dell’essere e del non essere. Così potrà passare direttamente nelle
sfere spiritualizzate, invocando le deità misericordiose per sfuggire alle
reincarnazioni
Anche qui si rivela la parentela dottrinale tra il
lamaismo tibetano, l’induismo e il catarismo languedochiano. Si deve ai Catari
la trasmissione di questa dottrina lungo il canale del manicheismo iraniano e
dei bogomili bulgari che erano andati a predicare in Linguadoca negli anni
1150-1180. Come gli yogin cui somigliavano i loro asceti credevano alla
trasmigrazione delle anime e al geocentrismo che ci tiene attaccati al mondo e
ci porta a subire la catena delle rinascite.
Il tantrismo, che si innesta su due religioni, da una parte
il buddismo tibetano e mongolo e dall’altra il brahamanesimo, sviluppò due
letterature e numerosi trattati. Nel buddismo tibetano e mongolo, il dialogo
pedagogico è assunto da una coppia di deità buddhiche: nel brahamanesimo, da
Shiva e dalla Shakti.
I tantra induisti non sono sempre redatti in sanscrito. Gli
Aria hanno sempre diffidato del tantrismo a causa dei poteri paranormali che
questo yoga era suscettibile di conifere, anche ove occorresse agli autoctoni
che avevano vinto. Il tantrismo, molto più solidamente insediato nel sud
divenne il fulcro di resistenza politica e sociologica. Si oppone all’influenza
ariana e mongola. Questa dottrina se non è femminista promuove comunque la
donna al rango di uguale all’uomo. Mentre, per converso, l’India degli Aria e
dei mongoli era patriarcale. La dottrina di Mohendjo Daro e di Harappa non
conobbe il dualismo sessuale, né la dominazione di un sesso sull’altro; vi
regnava armonia tra l’uomo e la donna, come nell’Egitto faraonico e in Gallia.
I tantra più autentici hanno quindi forti probabilità di appartenere
a una letteratura indiana non sanscrita. Alcuni tantra appartengono alla
letteratura orale, alla quale conviene annettere le suggestive leggende di
Shiva, il cui interesse pedagogico si può comparare a quello dei nostri
racconti di fate, riflessi delle iniziazioni druidiche e preistoriche.
La dualità, che trae origine nella coppia divina, si imprime
quindi nel tantra, prima di esprimersi nella coppia umana dei tantrika. L’uomo
e la sua sposa o compagna vivranno il mito di Shiva e della Shakti.
I tantra trattano del cosmo, dei centri che irraggiano il
divino (il paradiso), dell’Astrologia, delle genesi e delle apocalissi, dello
spirito dell’anima e del corpo; della magia e dei chakram: in due parole, di
teosofia e di occultismo. Questa stratificazione non comporta ne segue un piano
pratico o una formula. Essa si limita a modellare la mentalità e l’affettività
mistica del tantrika. Il passaggio allo yoga diretto dipenderà dalle
circostanze, ma anche dal dharma (vocazione) e dalle qualificazioni che l’interessato
porterà nell’inconscio.
Lo yoga sessuale può essere uno yoga casto, uno dei tanti
paradossi del tantrismo. Vi sono tantrika che fanno distinzione tra Via Secca
(casta) e Via Umida (non casta) parafrasando il linguaggio dell’alchimia. Il
che da corpo alla graduazione esistente tra sessualità (fenomeno sanguigno e
ghiandolare) ed erotismo (fenomeno nervoso e psichico che interviene anche in
carenza di eccitazione sessuale). I trovatori della Linguadoca e di Provenza
hanno praticato uno yoga sessuale casto che approfondiremo più avanti.
L’esempio di RamaKrishna, il santo indiano del XIX secolo,
dimostra senza alcun dubbio, come il tantrismo, la dottrina del risveglio
spirituale, deve essere vissuta piuttosto che speculata. Nato in una famiglia
povera del Bengala, appartenente alla casta sacerdotale RamaKrishna, modesto
sacerdote ignorò per tutta la Vita il sanscrito e l’inglese, proprio come il
curato d’Ars non conosceva il latino, anche se nel clima sociologico della
casta dei brahmani si formò l’intelletto ed il cuore e vi sentì leggere,
recitare e commentare i tantra.
Un giorno la dea Kalì gli inviò la sua ancella, nelle vesti
di una yoghin iniziatrice. Simili donne sono oggi molto rare. Fino a quel
momento RamaKrishna aveva amato solo l’apparenza della dea e non la sua
essenza; la dea gli appariva come l’ideale femminile, una Maya intessuta di
sogni. Ma allora la dea gli si rivelò bruscamente, come sovrana detentrice
dell’energia divina (cosmica). L’iniziatrice risvegliò RamaKrishna al tantrismo
sessuale, castamente; la sua sola presenza bastò a far rifluire il flusso
erotico del discepolo fino a vivificarne i chakram, fino a sviluppare in lui la
donna surreale, immagine della dea che gli avrebbe sottratto la forza vitale.
Da quel momento, RamaKrishna venne posseduto dalla dea.
Dissociare il tantrismo dal contesto sanscrito non è cosa
agevole. Incamerandolo, il sanscrito lo ha immerso nella sua straripante
terminologia, nella foresta degli dei induisti. Quando era pratica vissuta era
semplice, sana e naturale. Ma nel complicarla sul piano mentale, i teologi
l’hanno degenerata; oggi in india è un culto ai margini, malvisto perché
apparentato a una sorta di fakirismo sessuale. Non si conoscono europei che
abbiano ricevuto in India un educazione tantrica, salvo per ciò che ne concerne
la dottrina, contenuta nei tantra.
Questo fatto assume un valore simbolico,
come per una sorta di rivalsa, gli Stati Uniti e la Gra Bretagna conoscono
oggi un fakirismo tantrico che dei presunti maestri indiani immigrati hanno
diffuso tra elementi asociali. Questo movimento che avvilisce la donna non
riposa sulla mistica della Dea. Ricette elementari vi sostituiscono il Vero
Yoga, gli asociali sono incapaci di concentrazione prolungata e i ritmi afro
cubani li hanno nevrotizzati completamente.
Ma il merito del tantrismo indiano decadente o meno, sta
soprattutto nel fatto della sua vitalità, confermata dagli omologhi tibetano,
mongolo cinese e giapponese. Al pari del greco, il sanscrito ha recuperato
termini di altre lingue che adattava foneticamente; ad esempio il noto termine
Kundalini, parola-chiave del tantrismo magico, al cui dedichiamo come promesso
il capitolo finale di questo De Magica Arte, non è sanscrita e si apparenta
all’amerindo anaconda.
Uno studioso di lingue sacre comparate, Madame
Castex-Fourcade, propende per l’origine elamita di alcuni termini dello yoga.
Come gli Inca avevano recuperato l’esperienza dei loro predecessori gli Chimu, altrettanto fecero gli Aria con quella
degli Elamiti. Adesso cominciamo a saperne di più e possiamo cominciare a
delineare una sorta di archeologia del tantrismo. Etnicamente erano apparentati
con i sumeri di Mesopotamia, ne furono scacciati e la loro peregrinazione si
concluse a Susa in Iran, nel VII secolo. Malgrado il genocidio intrapreso dagli
assiri, le loro elite sacerdotali riuscirono a riparare in India. Esse
detenevano delle sacre scritture pre diluviane e probabilmente si stanziarono
nel Caucaso durante il diluvio biblico. Dopo il cataclisma, il loro pensiero
spirituale penetrò in Mesopotamia e in Iran.
E’ stato tema di acceso dibattito nella Nostra Confraternita
e tra Noi ed altre scuole iniziatiche all’interno del Grande Oriente Ermetico
dei Figli di Seth, se vi fosse stata o meno una forte matrice tantrica alla
Radice dell’Alta magia Egizia e del sistema iniziatico dei Grandi Misteri. E’
dall’Egitto che Noi abbiamo ricevuto, personalmente, il risveglio al tantrismo:
e non siano andati in India. Durante l’esperienza della Loggia Ammonea
Osiridea Super Coperta "Kephri"operante in Roma ad inizio secolo, i nostri Arcani F.^. avevano
iniziato a codificare attraverso il segno e il disegno, la coreografia Indiana
ed Egizia all’interno del sistema iniziatico Osirideo e Tantrico. Non si erano
accontentati dei disegni egizi forniti dall’archeologia e neanche dei carteggi
in loro possesso appartenuti ai primi Jerophanti giunti in Roma dalla terra di
Khem secoli prima, ma avevano stabilito in tutto il mondo una sorta di
fraternità che li portò, attraverso i mari del Sud fino a Tahiti. Ai loro
occhi, l’Egitto e l’India di razza bruna si appartenevano proprio in Ordine a
questo emisfero sud; ottica sulla quale confluiscono i pareri concordi degli
egittologi russi. I nostri F.^. avevano annotato alcune parole tahitiane
parenti di certe parole egizie.
Una civiltà sconosciuta esplosa nelle isole accese decine di
millenni fa, il genio delle razze color del rame, irraggi antesi poi verso
l’America, l’India, l’Africa Orientale ed il Punt Egizio. Forse il culto di
Shiva nacque nell’emisfero Sud.
Per tornare nuovamente all’etimologia del termine tantrismo,
si può rivelare la sua parentela con il nome dell’antica città Egizia di
Tentyris, il maggior centro tantrico mediterraneo, pur collegato a una
precedente civiltà iniziatrice nell’oceano Indiano o nei mari del Sud. I
tantrismi indiano ed Egizio quindi sarebbero quindi fioriti sullo stesso
tronco. Gli egizi votavano un culto alla terra ancestrale del sud est, il paese
di Punt, arcipelago enigmatico, frammento di un insieme continentale dislocato
che continuava fino all’Insulindia.
L’antica Tentyris sorgeva nell’Alto Egitto. Il Culto di
Hathor,( letteralmente Hat-Hor la dimora di Horus) si era impiantato prima di
Menes le leggende locali facevano ancora allusione ad un origine sud orientale.
Hathor era nata nel paese di Punt. In altri termini la forza cosmica che
personificava era stata captata in seno a questo arcipelago scomparso o presso
le sorgenti del Nilo o in Somalia. Esso ha dovuto essere una testa di ponte per
l’India. Una civiltà di razza color del rame, di tipo indiano, vi è forse
vissuta molto prima di Menes e vi
avrebbe generato l’Egitto. Al suo declino questi popoli discesero il Nilo,
tuttavia prima di questo Egitto “indiano”, dovette esistere un Egitto berbero o
un Egitto di tipo Sumero, a pelle chiara. Il paese di Punt costituì
l’irraggiungibile paese degli spettri, cioè dei dopi degli antenati. Per tutto
il periodo storico, i faraoni cercarono di ritrovare il paese di Punt.
La patria Hathor lascia intravedere un denominatore comune
tra le culture egizia e indiana. Bisogna riconoscere che il mito di Hathor
chiarisce meglio che non i tantra, la nozione di Shakti , energia divina “cuore
del cielo” da non confondere come fa la maggior parte degli egittologi, con il
sole astronomico Ra, che altro non è che il Sole zodiacale. Come per i
messicani, la religione astrosofica si è espressa in una precisa concatenazione
di immagini simboliche che si ripercuotono nel corpo umano; in primo luogo vi
era Ammon, “sole supremo” cuore astratto del cosmo, non localizzabile.
Ammon è quindi il Dio monoteista assoluto; le grandi entità
non esistono che in quanto egli esiste. Un altro testo insiste su questa
nozione fondamentale: “Tu sei l’unico che ha fatto tutto ciò che esiste, sei
l’Uno che rimane l’Unico che ha fatto gli esseri”.
Akhenaton, presunto inventore del monoteismo Egizio, non
farà che parafrasare gli inni ad Ammon quando dirà del suo dio solare Aton: “Tu
non cessi di trarre milioni di forme da te stesso, permanendo nella tua
unità”. Il suo Sole era il sole
Astronomico Aton, globo che ci illumina, che distribuisce la vitalità tra le
forme esistenti in terra ma che non “trae alcuna forma da se stesso”.
I tibetani e i Chimu, popoli delle montagne avevano
personificato il cuore del cielo sotto il segno zodiacale del Leone (Sfinge). Sarà opportuno ricordare che le altissime
montagne sono delle frontiere terra cosmo, punti di contatto del globo-spazio.
Se alcuni culti felini sono stati presenti in queste due religioni delle
montagne è che una forza cosmica, trasmessa dal Leone, vi provocò dei fenomeni
ben palesi. Le leggende dell’Himalaya descrivono enigmatiche danzatrici
celesti, le Daikini che gravitano intorno alle cime, provocando le tempeste, le
valanghe e le cadute degli alpinisti.
Hathor, questa “terribile” dea ricorda una Daikini che
l’iconografia tibetana rappresenta come una donna angelicata, portante una
maschera di leonessa. Maschera che qui assume valore astrologico: le danzatrici
celesti sono energie cosmiche trasformate in entità pensanti collegate alla
costellazione del Leone; in merito
rimandiamo al Nostro De Magica Arte Liber Beta (Magnetisque Corpus Magi) Parte
I e Parte II; a proposito la simbologia
archetipica legata alla precessione degli equinozi.
Dopo Ammon e Ammon-Ra veniva Ra, cuore concentrico inferiore
successivo, che si era materializzato nel concetto di Aton , globo o disco
solare. Siamo passati dall’assoluto all’universo multidimensionale per arrivare
al nostro universo solare tridimensionale. Questa scala di cuori concentrici si
rifletterebbe sul cuore umano attraverso il chakra del cuore. Egizi e messicani
giunsero a stabilire un rapporto di ordine psico-biologico tra il cuore del
cielo e il cuore dell’uomo. Nel periodo della decadenza messicana i sacerdoti
strappavano il cuore delle vittime umano e lo offrivano al cielo.
Il mito di Hathor è quindi fenomeno di natura metafisica e
astrologica. La dea si identificava con un raggio cosmico dell’assoluto
sprigionatosi dalla fronte di Ammon-Ra, raccolto dalla costellazione del Leone.
In questo primo tempo riveste il volto terrifico di Sekmet, dea portante
maschera di leonessa. Sekmet è la dea del deserto orientale di Nubia: “i suoi
occhi gettano fiamme, il suo respiro brucia, è assetata di sangue, dicono i
testi; la sua interferenza negli affari umani non apporta che flagelli.
L’allegoria sta a significare che, sotto la sua forma cosmica primordiale, il
raggio divino non può essere sopportato dall’umanità. Se accelera il processo
psicologico e nel senso della vita, ma anche nel senso della morte.
L’ambivalenza è totale, quantomeno in apparenza. Il raggio biologico che si
sprigiona dal cosmo sublimerà la cellula sana ma cancerizzerà la cellula
degenerata.
Dea della guerra, Sekmet presiede alla vitalità sanguigna
assorbe alla stregua divina vampira la quintessenza del sangue bevuto; dea del
destino e protettrice della Tradizione, ella provoca impoverendone il sangue la
degenerazione dei popoli che hanno privilegiato la sovversione. Di fatto
l’Egitto vide degenerare intorno a sé molteplici nazioni aggressive mentre esso
solcava i millenni senza alcun declino biologico, caso unico e raro negli
annali umani.
Ma Sekmet, madre terribile, è tuttavia la grande datrice di
Vita e a questo titolo, regnò sulla grande confraternita dei sacerdoti
guaritori di Menfi. Rappresentava la loro banca del sangue. Questi medici
paralleli curavano il malato attraverso l’imposizione delle mani; durante le
manipolazioni trasmettevano il misterioso fluido “Sa”, sangue fluido , dono
della dea che consentiva al malato di guarire. In un secondo stadio, la
sanguinaria Sekmet, sotto l’influenza di Venere, diveniva una forza erotizzante
che si integrava all’aither.
Gli egizi chiamano
dio Shu lo stato vibratorio intermedio tra spirito e materia. Gli egittologi
lo hanno confuso con l’aria. Su un disegno egizio si vede Shu separante il dio
Terra dalla dea Cielo. Questa figurazione di sapore naif esprime un profondo
concetto ermetico. Cioè che gli egizi sapevano alchimizzare, e quindi
intervenire sull’essenza della materia, per portarla a perfezione.
L’anima veniva raffigurata con il simbolo di un uccello a
testa umana, il Ba, allusione al volo e al suono. L’ipotesi che si facevano
dell’anima era astratta:l’anima immortale, essenza e “fonte” dell’essere terrestre
era vibrazione di ultrasuoni. E veniva captata dal chakra della gola. Molte
mummie hanno la bocca aperta, stimando gli egizi appunto che il ba abbandonasse
il corpo attraverso la bocca.
Una leggenda spiegava questa seconda metamorfosi di Hathor.
Thot e Shu placarono la crudele Sekmet. Calmatone il furore, si lasciò
ammansire, cambiò volto e divenne la dolce Bast (Bastet), dalla maschera di
gatta, dea dell’erotismo. Le venne dedicato un tempio a Denderah e prese il
nome di cuore del cielo. L’Egitto diventava
il trono del Leone e del Cosmo tutto.
L’intervento di Thot nelle ultime metamorfosi della dea
Hathor lascia supporre una effettiva partecipazione della sapienza egizia a
questa grande opera di intercettazione dell’energia cosmica. Forse senza questo
intervento non avrebbe potuto essere umanizzata. Come tanti altri, il nostro
globo non avrebbe conosciuto apocalissi. Il raggio biologico allo stato
primordiale non avrebbe provocato che mutazioni accelerate nelle specie più
resistenti, ed estinzioni a catena nelle specie declinanti. Doveva essere
addomesticato.
Quando Hathor divenne Bast-la-Gatta e si fuse con l’uomo,
prese a irraggiare l’erotismo, altra forza divina cosmica, che sublimava la
sessualità.
La mitologia della dea dai tre volti: Hathor, Sekmet e Bast,
si riassumeva in un simbolismo dei colori. Celeste e non manifestata, portava
un abito azzurro cielo. Trasformata in raggio biologico, si vestiva di verde,
colore della linfa; questo raggio biologico venne denominato raggio verde. Poi
si vestì di rosso colore del sangue (il raggio verde diviene rosso nei polmoni
e nel cuore); ma anche colore della passione e della gelosia. Tra vitalità
sanguigna e vitalità erotica, esiste una stretta parentela e gli egizi
distinguevano a fatica Sekmet da Bast.
Essendo fusa con l’essenza della materia, la dea si fuse
anche con il tellurismo, fluido infernale del sottosuolo e si vestì di nero.
Ecco perché le statue di Sekmet sono state talvolta tagliate nella pietra nera.
Giunta alla fine della metamorfosi, dopo aver preso possesso del globo, quando
la signora del cielo sarà divenuta anche la signora degli inferi, i sacerdoti
la soprannomineranno la dea dal volto nero. In india, è la stessa simbologia
dei colori: Kali significa la Nera. Come i più attenti tra i Nostri Gentili
lettori avranno notato ritornano anche qui le due principali colorazioni
archetipiche delle quali abbiamo sommariamente trattato sempre nel De Magica
Arte Liber Beta (Magnetisque Corpus Magi) Parte I Parte II e delle quali
tratteremo più specificatamente nella prossima pubblicazione dedicata al
simbolismo Ermetico.
La qualità tantrica è latente in ogni fase della metamorfosi
dell’energia divina. Dietro ad Hathor si colloca perennemente la sua “fonte”,
Ammon, l’Immutabile Mascolino.
Quando la grande regina Hatchepsut (XVIII dinastia) assunse
il potere faraonico, regnò virilmente in accordo a questo mito: effettivamente
era l’energia divina Ammon. L’immutabile Mascolino si manifestava e irraggiava
dal suo psichismo. L’esempio è unico. Il suo immenso impero si estendeva
dall’Africa all’Asia anteriore, alle isole greche. Il suo regno non fu
devastato da guerre o da torbidi. Regnò con il volto pacificato di Bast. Il suo
straordinario magnetismo attraeva eroticamente i principi vassalli siriani. Ne
suggeva per osmosi l’eccesso di energia: tutti erano presi di lei.
Osserviamo che l’umanizzazione della dea non era stata
incidentale o casuale. La sapienza, Thot, si incarnò in Hapuseneb, gran
sacerdote che della regina fu il catalizzatore e il contrappeso. E’ l’eminenza
grigia di Hatchepsut, con cui formò coppia tantrica ideale. Alla morte del gran
sacerdote, scioltasi la coppia tantrica il mito della grande regina si sfaldò.
Allora riprese vita la feoce Sekmet, incarnata da Thotmosis III che maturava la
vocazione di monaco. E che fu uno dei due Napoleoni egizi, insieme a Ramsete
II, oltre ad aver dato un contributo notevole a quella Magna confraternità che
dall’Egitto emigrò nelle caverne del deserto dando vita a molte comunità
teurgiche come quella degli esseni, e che parecchi secoli orsono trasportò
l’Arcana sapienza in Napoli e Roma continuando a trasportare nei sottosuoli
cavernosi di queste italiche città la Sapienza Egizia; ovviamente ci riferiamo
alla Grande Confraternita Bianca di Thot mosis Iii (Latomorum Fraternitas).^.
la quale eterna Sophia guida oggi come ieri gli Iniziati Osiridei ed Isiaci
dell’Antico e Mistico Ordine Osirideo Egizio (Latomorum Fraternitas).^.
La migliore traduzione del termine tantra è dualità
nell’unità. Ma esso può anche proiettarsi, con la sua bipolarità, nell’uomo
solo o nella donna sola se questo essere ha realizzato in sé l’androginato. In
ciò risiede il mistero più profondo del tantrismo.
Esiste in India una figurazione che rappresenta Shiva-Dio
sotto forma di signore mezzo uomo e mezzo donna, con il nome di Ardhanarisvara.
Questo Shiva androgino è uomo a destra e donna a sinistra . Non è ermafrodito e
non riflette decadenza etnica, come i cambiamenti sesso attuali. Qui ritroviamo
sempre la condizione simbolica per la quale l’Essere umano ha la parte destra
del corpo collegata allo Spirito Maschile positivamente attivo generante
fluidico proiettivo che dirige dall’emisfero sinistro del cervello; mentre la
parte sinistra associata all’Anima negativamente passiva attraente fluidico
attrattivo dirige dall’emisfero destro.
Secondo Noi, l’androgina mistica di Shiva si accompagna a
una sorta di bilanciamento, talchè il polo maschile prevale talvolta sul polo
femminile e viceversa. Sul piano metafisico delle forze, questo gioco della
legge shivaita imprimerebbe la sua oscillazione ai destini del mondo. Vi
sarebbero quindi nell’universo dei periodi di assenza o di concentrazione
maschile, seguiti da periodi di presenza o di espansione femminile. L’assenza
cosmica, concentrazione maschile in cui nessuna fecondazione si opera,
coinciderebbe con una atonia delle civiltà dominanti e con la loro decadenza. I
rinascimenti e i declini sono sempre stati fenomeni influenzati dal cosmo.
Proprio come vi sono state culture caratterizzate dalla matrice
matriarcale e da quella patriarcale che ci ricordano la massima con in Alto
così in Basso, confermandoci che gli eventi umani e terreni sono collegati a
doppio filo a quelli Astrali e Celesti.
Tra il VI secolo e il nostro anno zero, sono apparsi: in
Cina Lao Tze; in India Buddha; in Iran Zoroastro; in Grecia Solone Socrate
Platone e Pitagora; in Asia minore, Apollonio di Tyana ( che secondo alcuni
sarebbe uno dei fondatori del cristianesimo); in Palestina Gesù (esistettero
diversi personaggi che portarono questo nome, tutti riformatori dal destino
tragico, come testimoniano gli annali rabbinici). Shiva, il seme divino avrebbe
fecondato l’intero pianeta nel corso di questo semi millennio, durante il quale
regnarono la pace e l’unità romane. In India, ringiovanita dagli Aria e
stimolata dal buddhismo fioriva una letteratura influenzata dal sanscrito. In
Cina Kung’Wu’Ti, un illetterato figlio di un contadino e soldato di fortuna
fondava la dinastia degli Han. In America centrale e in Messico, si assisteva
all’apogeo dei Maya.
Sarebbe ovviamente imprudente ricavare da queste coincidenze
dei sistemi rigidi o dei calcoli di probabilità. L’astrosofia è scienza
complessa; ecco a cosa ci riferivamo nel De Magica Arte Liber Beta (Magnetisque
Cosprus Magi) Parte I, quando abbiamo aperto una parentesi letteraria in merito
al significato Astrosfico dei simboli legati al sistema processionale. .^.
Ma alla fine dei periodi di Antonia o di decadenza, riappare
sempre la Shakti: il raggio cosmico penetra allora schermi geocentrici delle
ideologie, delle religioni trasgredite, delle scienze pervertite. Le tempeste
cosmiche si ripercuotono a livello di sismi e di guerre sul tellurismo, energia
non ancora ben conosciuta che vivifica la crosta terrestre. Poi, Shakti,
femmina suscita in seno all’aither nuove fonti di ispirazione e Shiva sparge il
suo seme attraverso di lei.
Se il dio nella sua femminilità agente si identifica
piuttosto un flagello che non a una provvidenza, il fatto non è mai negativo. Egli si accanisce sulle religioni
spompate, sulle anime morte, sulle intelligenze sterilizzate e i cuori
nostalgici che si parano a schermare l’avvenire: egli dissolve i demoni generati
dalle passioni egoiste e dai falsi miti. Ogni volta la civiltà rinnova il patti
con l’eredità spirituale la verità è stata data in principio. Nel XV secolo
quando bruciavano ancora i roghi dell’inquisizione, l’Italia riscopre
l’antichità greco-romana. Nel XIX secolo, mentre Napoleone forgia nel sangue
un’anima all’Europa, Champollion matura la vocazione di decifrare i
geroglifici: da quel momento, l’Europa assume a poco a poco coscienza di una
Verità rimossa o repressa, più antica della Bibbia.
Un mito, sorta di drammaturgia cosmica si ripercuote
perennemente lungo lo Zodiaco. E quanto più sarà intensa la pulsione per l’avvenire,
tanto più acquisterà spessore la pulsione per il passato.
Ed è di questo che trattavamo quando in precedenti scritti
come in Ordo ab Chao o Chao ab Ordo? Abbiamo più volte detto che secondo Noi l’entropia
cosmica ed evoluzionistica del microcosmo uomo aumenta tanto si discosta dalla
Fonte Primigenia Infinita ed Immutabile che ci ha generato; ecco a cosa
alludevamo dicendo che tutto questo, riferito al Nostro presente storico
individuale e collettivo, è già passato: Ricordate che questo E’ Stato, E’ e
Sempre Sarà. °.°A^A.^.
Il nostro tempo, più apocalittico di altre fini di civiltà,
subisce non soltanto la morte di Dio ma anche il rientro sulla scena, anche se
discreto, dell’Eterno Femminino. Dalla fine della seconda guerra mondiale che
già si poneva sotto il segno di Kali per la metafisica del sangue, le
degenerazione e l’impoverimento biologico ha esteso i suoi guasti tra i giovani
generando per compensazione l’erotomania, l’ossessione del sesso. L’essere la
cui vitalità sanguigna si deteriora sotto l’effetto della febbrile vita
moderna, tenta disperatamente di tornare alla natura, prelevando in altri corpi
la vitalità erotica. L’erotismo ringiovanisce l’organismo ma quando si corrompe
o degenera produce l’invecchiamento anticipato. Noi viviamo spiritualmente dell’apporto della filosofia
Egizia, ma i giovani ritengono un esperienza non vissuta inutile se non del
tutto falsa. E’ stato Socrate a trarre dai misteri lo yoga greco ma finendo per
seppellirlo nella dialettica. Il ciclo aperto da Socrate continua con Jean-Paul
Sartre. Quanto al cristianesimo ed al buddhismo, nati nella stessa epoca,
agonizzano visibilmente. Oggi si riscontra ovunque l’azione corrosiva della
dea. Che sterilizza la cultura e le arti; ma per contro l’archeologia d’avanguardia
ritrova gli dei delle origini, i creatori della bi millenaria civiltà mondiale.
La via della sinistra mano della conoscenza, rimane un
sentiero impervio per un manipolo di illuminati; la via della destra mano dell’azione
rituale, reinterpretata come via dell’azione spassionata si realizza nel
contempo, coniugandosi con le nuove istanze del culto personale, come via della
devozione e diviene la strada maestra per la folla che brulica nel crepuscolo
della Luce.
Con l’approvazione dell’Arcano Sinedrio dei Saggi, posti sempre
al Grande Oriente Ermetico Egizio dei Figli di Seth con la benedizione di Chi occhio
profano non Vede ma il Cui occhio Tutto Vede .^. I F.^. e le S.^. dell’Antico e
Mistico Ordine Osirideo Egizio
A.°.G°.°D.°.G°.°U.°. (Latomorum Fraternitas) A^A M.B. .°.+°.°
Zenit di Roma (Templi Universi) Sapere, Potere, Osare, Tacere.^. (Memento Audi Tacere).