Misticanza letteraria, di passi tratti da: l'Alchimista di Pablo Coelho.
Volevamo Offrire, ai nostri affezionati Lettori, una
selezione, di passi, tratti dal Libro di Pablo Coelho l’Alchimista, un testo di
puro estro letterario ed artistico, di carattere simbolico, che a nostro
modesto parere ben può rappresentare il concetto di Alchimia, sfatando l’alone
di cialtroneria o pseudo scienza, che sovente viene attribuito a questo mondo,
che poco a che vedere con la trasformazione materiale del piombo in oro, ma che
molto a che fare con la trasformazione di se stessi, e con quella dell’Essenza
stessa della Natura. Dimostrando a Tutti, che spesso, la Verità, è celata, in
bella mostra,dietro la semplicità, e non per forza sotto forma di trattati,
dogmi, o inutili sofismi. Non avete Bisogno di altri che di Voi stessi. E di
conoscere la Natura, umana ed Universale, e lo si può fare non solo con la
logica o con la mente, ma con il cuore e con l’Anima latente.
Esistono
tre tipi di alchimisti, mi rispose il mio Maestro. Quelli che sono
vaghi perché‚ non sanno di che cosa stanno parlando, quelli che sono
vaghi
perché‚ sanno di che cosa stanno parlando, ma sono anche consapevoli che
il
linguaggio dell'alchimia e un tipo di linguaggio rivolto al cuore, e non
alla
ragione.
E qual è il terzo tipo? gli domandai.
Quelli che non hanno mai sentito parlare di Alchimia, ma che sono
riusciti,
nel corso della
loro vita, a scoprire la Pietra Filosofale.
L'Alchimista prese un libro, portato da qualcuno della carovana. Il
volume era
privo di copertina, ma lui riuscì a identificarne l'autore: Oscar Wilde.
Mentre sfogliava le pagine, trovò una storia su Narciso.
L'Alchimista conosceva la leggenda di Narciso, un bel giovane che tutti
i
giorni andava a contemplare la propria bellezza in un lago. Era talmente
affascinato da se stesso che un giorno scivolò e morì annegato. Nel
punto in
cui cadde nacque un fiore, che fu chiamato narciso.
Ma non era cos ì che Oscar Wilde concludeva la storia.
Egli narrava invece che, quando Narciso morì, accorsero le Oreadi - le
ninfe
del bosco - e videro il lago trasformato da una pozza di acqua dolce in
una
brocca di lacrime salate.
Perché piangi? domandarono le Oreadi.
Piango per Narciso, disse il lago.
Non ci stupisce che tu pianga per Narciso, soggiunsero. Infatti, mentre
noi
tutte lo abbiamo sempre rincorso per il bosco, tu eri l'unico ad avere
la
possibilità di contemplare da vicino la sua bellezza.
Ma Narciso era bello? domandò il lago.
Chi altri meglio di te potrebbe saperlo? risposero, sorprese, le Oreadi.
In
fin dei conti, era sulle tue sponde che Narciso si sporgeva tutti i
giorni.
Il lago rimase per un po' in silenzio. Infine disse:
Io piango per Narciso, ma non mi ero mai accorto che fosse bello. Piango
per
Narciso perché, tutte le volte che lui si sdraiava sulle mie sponde, io
potevo
vedere riflessa nel fondo dei suoi occhi la mia bellezza. Che bella
storia,
disse l'Alchimista.
I passi che seguiranno
adesso sono tratti in ordine cronologico dalla prima all’ultima parte del manoscritto di Pablo Cohelo, lasciando alle sue parole, la forma del racconto, limitandoci solo a selezionare i pasi più densi di simbolismo e significato. Dedicato
a Tutti coloro che, inseguono la propria leggenda personale.
Il ragazzo si chiamava Santiago. Stava cominciando a imbrunire quando
giunse
con il suo gregge davanti a una vecchia chiesa abbandonata. Il tetto era
crollato da tempo e un enorme sicomoro era cresciuto nel luogo dove una
volta
sorgeva la
sacrestia.
Quando finalmente Riuscì a concentrarsi un po' nella lettura - ed era
una
lettura piacevole, giacché parlava di una sepoltura nella neve, il che
gli
trasmetteva una sensazione di freddo sotto quel sole cocente - un
vecchio gli
si sedette accanto e tentò di intavolare una conversazione.
Che cosa stanno facendo? domandò il vecchio indicando le persone nella
piazza.
Stanno lavorando, rispose il ragazzo seccamente e, di nuovo, finse di
concentrarsi nella
lettura.
Mmm... mormorò quegli, rigirando il volume da tutti i lati, quasi fosse
un
oggetto estraneo. E’ un libro importante, ma è molto noioso.
Il ragazzo ne fu sorpreso. Anche il vecchio sapeva leggere, e quel libro
lo
aveva già letto. E se il libro era davvero noioso come affermava lui,
era
ancora in tempo a scambiarlo con un altro.
E’ un libro che parla di qualcosa di cui parlano quasi tutti i libri,
proseguì
il vecchio. Dell'incapacità della gente di scegliere il proprio destino.
E
conclude facendo in modo che tutti credano alla menzogna più grande del
mondo.
Qual è la menzogna più grande del mondo? gli domandò, sorpreso, il
ragazzo.
E’ questa: che a un certo momento della nostra esistenza, perdiamo il
controllo della nostra vita, che comincia così a essere regolata dal
destino.
E’ questa la
menzogna più grande del mondo.
A me non è accaduto, affermò il ragazzo. Volevano che facessi il prete,
ma io
ho deciso di fare il pastore.
Meglio così, soggiunse il vecchio. Perché a te piace viaggiare.
Ha indovinato il mio pensiero, rifletto il ragazzo. Il vecchio, intanto,
sfogliava il grosso libro, senza la minima intenzione di
restituirglielo. Il
pastore notò che era vestito in modo strano: aveva l'aria di essere un
arabo;
cosa non poi straordinaria in quella regione. L'Africa si trovava a
qualche
ora appena da Tarifa: bastava solo attraversare il piccolo stretto con
un'imbarcazione. Molte volte, in città, comparivano arabi che facevano
acquisti e recitavano strane preghiere più volte al giorno.
Da dove venite, voi? domandò il ragazzo al vecchio.
Da molti luoghi.
Nessuno può essere originario di molti luoghi, rispose il ragazzo. Io
sono un
pastore e posso trovarmi in molti luoghi, ma sono originario di uno
soltanto,
di una città che si trova vicino a un antico castello. E’ lì che sono
nato.
Allora possiamo
dire che io sono nato a Salem
Il mio nome è Melchisedek, disse il vecchio. Quante pecore possiedi?
Quante ne sono sufficienti, rispose lui. Il vecchio cominciava a voler
sapere
un po' troppo della sua vita.
Allora ci troviamo davanti a un problema. Non posso aiutarti fino a
quando
riterrai di avere pecore a sufficienza.
Il ragazzo si irritò. Non stava mica chiedendo aiuto. Era il vecchio che
gli
aveva chiesto del vino, due chiacchiere e il libro.
Restituitemi il libro, disse. Devo andare a riprendermi le pecore e
proseguire.
Dammi un decimo delle tue pecore, disse il vecchio E io ti insegnerò
come
raggiungere il tesoro nascosto.
Il ragazzo, allora, di nuovo ripensò al sogno e all'improvviso tutto gli
fu
chiaro. La vecchia non gli aveva chiesto nulla, ma quell'uomo che forse
era
suo marito sarebbe riuscito a strappargli molto più denaro in cambio di
un'informazione che non esisteva. Anche il vecchio doveva essere uno
zingaro.
Prima che il ragazzo potesse dire alcunché, tuttavia, il vecchio si
chinò,
afferrò un ramoscello e cominciò a scrivere sulla sabbia della piazza.
Mentre
si chinava, qualcosa gli brillò sul petto, con tanta intensità che quasi
abbagliò il ragazzo. Ma con un movimento troppo rapido per un uomo della
sua
età, il vecchio coprì immediatamente quel bagliore con il mantello. Gli
occhi
del ragazzo tornarono alla normalità e lui Riuscì a scorgere ciò che
l'uomo
stava scrivendo.
Sulla sabbia della piazza principale di quella piccola città, lesse i
nomi di
suo padre e di sua madre. Lesse la storia della propria vita fino a quel
momento, i giocattoli della sua infanzia, le fredde notti in seminario.
Lesse
il nome della figlia del commerciante, che neppure lui conosceva. Lesse
cose
che non aveva mai raccontato a nessuno, come del giorno in cui aveva
rubato
l'arma al padre per andare a caccia di cervi, o della sua prima e
solitaria
esperienza sessuale.
Sono il re di Salem, gli aveva detto il vecchio.
Il vecchio, poi, aprì il mantello che gli copriva il petto. Il ragazzo
fu
colpito da ciò che vide, e ripensò al bagliore che aveva notato il
giorno
prima. Il vecchio indossava un pettorale d'oro massiccio, tempestato di
pietre
preziose.
Era davvero un re. Doveva essersi camuffato così per sfuggire agli
assalti dei
briganti.
Prendi, disse il vecchio, togliendo una pietra bianca e una pietra nera
che
erano incastonate nel centro del pettorale d'oro. Si chiamano Urim e
Tumim.
La pietra nera vuol dire sì, la bianca vuole dire no . Quando non
riuscirai a
scorgere i segnali, loro ti saranno di aiuto. Fai sempre una domanda
chiara.
Ma cerca, in genere, di prendere tu le decisioni. Il tesoro si trova
alle
Piramidi e questo lo sapevi già; ma hai dovuto pagare sei pecore perché
io ti
aiutassi a prendere
una decisione..
Il ragazzo chiuse il libro. Non voleva fare niente che potesse
accomunarlo a
quell'europeo. Prese dalla tasca Urim e Tumim e cominciò a
giocherellarci.
Lo straniero lanciò un'esclamazione: Urim e Tumim! Il ragazzo,
precipitosamente, rimise le pietre in tasca.
Non sono in vendita, disse.
Non valgono granché, spiegò l'inglese. Sono cristalli di rocca,
nient'altro.
Ne esistono a milioni sulla terra, ma per chi se ne intende questi sono
Urim e
Tumim. Non sapevo che ve ne fossero in questa parte del mondo.
E’ il regalo di un re, spiegò il ragazzo.
Lo straniero ammutolì. Poi infilò la mano in tasca e ne trasse,
tremando, due
pietre uguali.
Hai parlato di un re, disse.
E voi non credete che i re possano parlare con i pastori, soggiunse il
ragazzo, adesso cercando lui di troncare la conversazione.
Al contrario. I pastori sono stati i primi a riconoscere un re che il
resto
del mondo rifiutò di riconoscere. Quindi, è molto probabile che i re
parlino
con i pastori.
Poi commentò con il ragazzo come non fosse stata affatto una coincidenza
il
fatto che lui lo avesse trovato con Urim e Tumim in mano. Gli domandò se
anche
lui stesse andando in cerca dell'Alchimista.
Io sono in cerca di un tesoro, rispose il ragazzo, e immediatamente se
ne
pentì. Ma l'inglese non parve dargli importanza.
In un certo senso, anch'io, aggiunse.
E non so neppure che cosa voglia dire Alchimia, concluse il ragazzo. In
quel
momento il padrone del magazzino cominciò a chiamarli dal di fuori.
Io sono il Capo della Carovana, disse un uomo dalla barba lunga e dagli
occhi
scuri. Ho potere di vita e di morte su ogni persona che trasporto.
Perché il
deserto è una donna capricciosa e a volte fa impazzire gli uomini.
C'erano quasi duecento persone, e il doppio di animali: cammelli,
cavalli,
asini, uccelli. L'inglese aveva diverse valigie, piene di libri. C'erano
donne, bambini, e vari uomini con la spada alla cintola e lunghi fucili
in
spalla. Regnava una confusione enorme, e il Capo dovette ripetere più
volte le
sue parole perché tutti le intendessero.
Vi sono tanti uomini e, nei loro cuori, diversi dei. Ma il mio solo Dio
è
Allah, e giuro per lui che farò il possibile, e del mio meglio, per
vincere
ancora una volta il deserto. Adesso desidero che ciascuno di voi giuri
per il
dio in cui crede, nel profondo del proprio cuore, che mi obbedirà in
qualsiasi
circostanza. Nel deserto, la disobbedienza significa la morte.
E’ il principio che muove tutte le cose, disse. Nell'Alchimia è chiamato
l'Anima del Mondo. Quando desideri qualcosa con tutto il cuore, sei più
vicino all'Anima del Mondo, che è sempre una forza positiva.
Aggiunse, poi, che non era soltanto un dono degli uomini: tutte le cose
sulla
superficie della Terra possedevano un'anima, e non importava che si
trattasse
di un minerale, di un vegetale, di un animale, o di un semplice
pensiero.
Tutto quello che si trova al di sotto e al di sopra della superficie
della
Terra si trasforma sempre, perché la Terra è viva, e possiede un'Anima.
Anche
noi ne facciamo parte ma ben di rado siamo consapevoli che essa agisce
sempre
a nostro favore. Avrai capito, dunque, che nel negozio di cristalli
persino i
vasi collaboravano per il tuo successo.
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche minuto, guardando la luna e la
sabbia bianca.
Continuarono a fissare la luna, insieme.
E’ questa la magia dei segnali, proseguì il ragazzo. Ho visto come le
guide
leggono i segnali del deserto e come l'anima della carovana parla con
l'anima
del deserto.
Dopo un po' di tempo, fu l'inglese a prendere a sua volta la parola.
Bisogna che io presti più attenzione alla carovana, disse infine.
E bisogna che io legga i vostri libri, concluse il ragazzo.
Erano libri strani. Parlavano di mercurio, sale, draghi e re, ma lui non
riusciva a capire nulla. Eppure c'era un'idea che sembrava ripetersi in
quasi
tutti i libri: tutte le cose erano manifestazioni di una cosa sola.
In un libro scoprì che il testo più importante dell'Alchimia conteneva
solo
poche righe, ed era stato scritto su un semplice smeraldo.
E' la Tavola di Smeraldo, spiegò l'inglese, orgoglioso di potergli
insegnare
qualcosa.
E allora, a che scopo tanti libri?
Per intendere queste righe, rispose l'inglese, senza mostrarsi granché
convinto di quella sua risposta.
Il libro che attrasse maggiormente l'attenzione del ragazzo raccontava
la
storia di famosi alchimisti. Erano uomini che avevano dedicato la vita
intera
a purificare metalli nei laboratori; credevano che, facendo cuocere un
metallo per tanti e tanti anni, questo avrebbe finito per liberarsi di
tutte
le proprietà individuali e, al suo posto, ne sarebbe emersa soltanto
l'Anima
del Mondo. Questa, che essi chiamavano Cosa Unica, avrebbe consentito
agli
alchimisti di comprendere qualsiasi cosa sulla superficie della Terra,
perché
rappresentava il linguaggio tramite il quale le cose comunicavano fra di
loro.
Gli alchimisti chiamavano questa scoperta la Grande Opera, che era
costituita
da una parte liquida e da una parte solida.
Ma, per scoprire questo linguaggio, non basta osservare gli uomini e i
segnali? domandò il ragazzo.
Tu hai la tendenza a semplificare tutto, rispose, irritato, l'inglese.
L'Alchimia è un impegno serio e richiede che ogni passo sia seguito
esattamente secondo gli insegnamenti dei maestri.
Il ragazzo scoprì, così, che la parte liquida della Grande Opera si
definiva
Elisir di Lunga Vita, e non solo curava tutte le malattie, ma impediva
all'alchimista di invecchiare. La parte solida, invece, era chiamata
Pietra
Filosofale.
Non è facile scoprire la Pietra Filosofale, spiegò l'inglese. Gli
alchimisti
trascorrevano lunghi anni nei laboratori, guardando quel fuoco che
purificava
i metalli. Fissavano il fuoco cos ì a lungo che, a poco a poco,
scomparivano
dalle loro menti tutte le vanità del mondo. E un bel giorno, poi,
scoprivano
che la
purificazione dei metalli aveva infine purificato anche loro.
Inoltre, soggiunse l'inglese, la Pietra Filosofale possiede una
proprietà
affascinante: ne basta una piccola scheggia per trasformare in oro
grandi
quantità di metallo.
Fu questa frase che aumentò l'interesse del ragazzo per l'Alchimia.
Egli
pensava, infatti, che con un po' di pazienza avrebbe potuto trasformare
tutto
in oro. Lesse poi la vita di alcuni uomini che avevano raggiunto il loro
obiettivo: Helvetius, Elia, Fulcanelli, Geber. Erano storie
affascinanti:
tutti avevano vissuto fino in fondo la propria Leggenda Personale.
Viaggiavano, incontravano saggi, operavano miracoli davanti agli
increduli,
possedevano la Pietra Filosofale e l'Elisir di Lunga Vita.
Ma poi, quando voleva imparare il procedimento per ottenere la Grande
Opera,
il ragazzo si ritrovava completamente smarrito: vi erano soltanto
disegni,
istruzioni in codice e testi oscuri.
Perché parlano in maniera cos ì difficile? domandò una sera all'inglese.
Osservò inoltre come l'inglese fosse alquanto annoiato e dimostrasse di
sentire la mancanza dei propri libri.
Affinché possano capire soltanto coloro ai quali spetta la
responsabilità di
comprendere, fu la risposta. Immagina se tutti riuscissero a trasformare
il
piombo in oro: in breve tempo l'oro non varrebbe più nulla. Soltanto
coloro
che persistono, soltanto coloro che ricercano a lungo, riescono a
realizzare
la Grande Opera. E’ il motivo per cui mi trovo in mezzo a questo
deserto: per
incontrare un vero
Alchimista, che mi aiuti a decifrare i codici.
Un bel giorno il ragazzo restituì i libri all'inglese.
Allora, hai imparato tante cose? gli domandò questi, pieno di
aspettativa.
Aveva bisogno di qualcuno con cui poter parlare per distogliersi dalla
paura
della guerra.
Ho imparato che il mondo possiede un'Anima, e chi riesce a comprendere
quest'Anima riuscirà a comprendere il linguaggio delle cose. Ho appreso
che
tanti alchimisti hanno vissuto la propria Leggenda Personale e hanno
finito
per scoprire l'Anima del Mondo, la Pietra Filosofale e l'Elisir. Ma,
soprattutto, ho appreso che queste cose sono talmente semplici da poter
essere scritte su uno smeraldo.
L'inglese ne rimase deluso: gli anni di studio, i simboli magici, le
parole
difficili, gli strumenti di laboratorio... nulla di tutto ciò aveva
colpito
quel ragazzo. Deve avere un'anima troppo primitiva per poter comprendere
tutto
ciò, fu la sua
conclusione.
Quando le ore trascorrono veloci, anche le carovane corrono, pensò
l'Alchimista vedendo avvicinarsi all'Oasi centinaia di persone e di
animali.
La gente gridava appresso ai nuovi arrivati, la polvere occultava il
sole del
deserto, e i bambini saltellavano eccitati vedendo i forestieri.
L'Alchimista
notò che i capi tribù si avvicinavano al Capo Carovana e insieme
parlavano
lungamente.
Ma all'Alchimista
non interessava nulla di tutto ciò.
Sapeva che in quella
carovana c'era anche l'uomo cui doveva svelare parte dei propri segreti.
Glielo avevano detto i segnali. Ancora non conosceva quest'uomo, ma i
suoi
occhi esperti lo avrebbero riconosciuto appena lo avessero visto.
Sperava che
fosse un uomo capace, come lo era stato il suo precedente apprendista.
Non so perché queste cose si debbano trasmettere da bocca a orecchio,
pensava.
Non era certo perché le cose erano segrete: Dio rivelava con prodigalità
i
suoi segreti a tutte le creature. A lui era nota solo una spiegazione
per
questo fatto: le cose dovevano essere trasmesse così perché erano
costituite
di Vita Pura, e difficilmente si riesce a cogliere questo tipo di vita
con la
pittura o con le parole.
Perché gli uomini vengono affascinati dalla pittura e dalle parole e
finiscono
per dimenticare il Linguaggio del Mondo.
Sembra un paesaggio da Mille e una Notte, disse l'inglese, impaziente diincontrare
al più presto l'Alchimista.
L'inglese si alzò dal punto in
cui era seduto e scosse il ragazzo.
Andiamo, chiedilo a lei!
Il ragazzo si avvicinò alla giovane, che di nuovo sorrise. E lui
ricambiò il
sorriso.
Come ti chiami? le domandò.
Mi chiamo Fatima, rispose la giovane, con gli occhi rivolti a terra.
E’ un nome che portano alcune donne del paese da cui provengo.
E’ il nome della figlia del Profeta, spiegò Fatima. Lo hanno portato fin
là i
guerrieri.
La dolce giovanetta parlava dei guerrieri con orgoglio. Accanto al
ragazzo
l'inglese insisteva, e il giovane le chiese dell'uomo che curava tutte
le
malattie.
E’ un uomo che conosce i segreti del mondo. Parla con i djins del
deserto,
rispose lei.
I djins erano i demoni. E la giovane indicò il sud, verso il luogo dove
abitava quello strano uomo.
Poi riempì la brocca e se ne andò. Anche l'inglese si allontanò, in
cerca
dell'Alchimista. E il ragazzo rimase per lungo tempo seduto accanto al
pozzo:
avvertiva che, un giorno, il Levante gli aveva lasciato sul viso il
profumo di
quella donna e lui sapeva di amarla fin da allora, ancor prima di sapere
della
sua esistenza, e che il suo amore per lei gli avrebbe consentito di
trovare
tutti i tesori del
mondo.
Il giorno seguente il ragazzo tornò al pozzo, ad aspettare Fatima. Con
sua
sorpresa, vi trovò l'inglese che, per la prima volta, fissava il
deserto.
Ho aspettato tutto il pomeriggio e tutta la sera, disse l'inglese. E’
arrivato
con le prime stelle e gli ho detto che lo stavo cercando. Allora mi ha
domandato se avevo già trasformato il piombo in oro. Gli ho risposto che
era
proprio ciò che volevo apprendere. Mi ha detto di tentare. Solo questo:
tenta.
Il ragazzo rimase in silenzio. L'inglese aveva viaggiato tanto per
sentirsi
dire quanto già sapeva. A quel punto gli venne in mente che anche lui,
per la
stessa ragione, aveva dato sei pecore al vecchio re.
Allora tentate, disse all'inglese.
E’ quello che farò.
E comincerò subito.
Da dove vieni? gridò il ragazzo, mentre il cavaliere si allontanava.
La mano con il frustino indicò verso Sud.
Il ragazzo aveva
incontrato l'Alchimista.
Perché volevi vedermi? domandò il ragazzo.
Per via dei segnali, rispose l'Alchimista. Il vento mi ha raccontato che
saresti venuto. E che avresti avuto bisogno di aiuto.
Non io, ma l'altro straniero, l'inglese. Era lui che ti stava cercando.
Lui deve trovare altre cose prima di trovare me. Ma è sulla strada
giusta. Ha
cominciato a guardare il deserto.
E io?
Quando si vuole una cosa, tutto l'universo cospira affinché si riesca a
realizzare il sogno, affermò l'Alchimista ripetendo le parole del
vecchio re.
Il ragazzo comprese. Adesso c'era un altro uomo sulla sua strada, per
condurlo
fino alla sua Leggenda Personale.
Allora sarai tu il mio maestro?
No, tu sai già tutto ciò di cui hai bisogno. Io mi limiterò a farti
proseguire verso il tuo tesoro.
L'Alchimista ha duecento anni, aveva
affermato l'inglese. Ormai doveva ben sapere come difendersi dai
serpenti
del deserto.
Il ragazzo vide il suo compagno avvicinarsi al cavallo ed estrarre la
lunga
spada a forma di mezzaluna. Con questa, disegnò un cerchio per terra e
vi
depose il serpente nel centro. La bestia si chetò immediatamente.
Puoi stare tranquillo, disse l'Alchimista. Da lì non uscirà. E tu hai
scoperto
la vita nel deserto, il segnale di cui avevo bisogno.
Perché mai era cos ì importante?
Perché le Piramidi sono circondate da deserto.
Il ragazzo non voleva sentire parlare di Piramidi. Il suo cuore era
gonfio di
tristezza, fin dalla sera precedente perché continuare la ricerca del
tesoro
significava dover abbandonare Fatima.
Ti guiderò attraverso il deserto, disse l'Alchimista.
Voglio stabilirmi nell'oasi, rispose il ragazzo. Ho già incontrato
Fatima. E
lei, per me, vale più del tesoro.
Fatima è una donna del deserto, proseguì l'Alchimista. Sa bene che gli
uomini
devono partire, per avere la possibilità di ritornare. Lei ha già
trovato il
suo tesoro: sei tu.
Adesso attende che tu possa trovare ciò che cerchi.
Rimontarono sui cavalli e, questa volta, fu il ragazzo che prese a
seguire
l'Alchimista. Il vento portava i rumori dell'oasi ed egli tentava di
identificare la voce di Fatima. Quel giorno non era andato al pozzo per
via
della battaglia.
Ma quella sera, mentre osservava un serpente che si trovava in mezzo a
un
cerchio, lo strano cavaliere con il
falco sulla spalla gli aveva parlato di amore e di tesori, delle donne
del
deserto e della sua Leggenda Personale.
Vengo con te, disse il ragazzo. E immediatamente si sentì con il cuore
in
pace.
Partiremo domani, prima che sorga il sole, fu la risposta
dell'Alchimista.
Adesso sei quasi al termine del tuo viaggio, disse l'Alchimista. I miei
complimenti a te, che hai seguito la tua Leggenda Personale.
E tu mi stai guidando in silenzio, disse il ragazzo. Pensavo che mi
avresti
insegnato ciò che sai. Qualche tempo fa mi sono trovato nel deserto con
un
uomo che possedeva libri di alchimia, ma non sono riuscito a imparare
nulla.
C'è solo un modo per imparare, rispose l'Alchimista. Ed è attraverso
l'azione.
Tutto ciò che avevi bisogno di conoscere, il viaggio te lo ha insegnato.
Manca
solo una cosa.
Il ragazzo desiderava sapere quale fosse, ma l'Alchimista teneva gli
occhi
fissi sull'orizzonte, aspettando il ritorno del falco.
Perché ti chiamano Alchimista?
Perché lo sono.
E in che cosa sbagliarono gli altri alchimisti, che cercarono l'oro e
non
riuscirono a scoprirlo?
Si limitavano a ricercare l'oro, rispose il suo compagno. Ricercavano il
tesoro della propria Leggenda Personale, senza il desiderio di viverla.
Che cosa devo ancora conoscere? insistette il ragazzo.
Ma l'Alchimista continuava a fissare l'orizzonte. Dopo qualche tempo, il
falco
ritornò con il cibo. Scavarono una fossa e vi accesero all'interno un
fuoco,
perché nessuno potesse vedere la luce delle fiamme.
Io sono un Alchimista perché lo sono, rispose infine mentre preparavano
il
cibo. Ho appreso la scienza dai miei avi, che la appresero dai loro avi,
e
così via fino alla creazione del mondo. A quell'epoca, tutta la scienza
della
Grande Opera poteva essere scritta su un semplice smeraldo. Ma gli
uomini non
diedero importanza alle cose semplici e cominciarono a scrivere
trattati,
interpretazioni e studi filosofici. Cominciarono anche ad affermare di
conoscere il cammino meglio degli altri. Ma la Tavola di Smeraldo è
ancora
viva.
E che cosa c'era scritto sulla Tavola di Smeraldo? domandò il ragazzo.
L'Alchimista cominciò a disegnare sulla sabbia, ma non vi si soffermò
più di
cinque minuti. Mentre disegnava, il ragazzo ripensò al vecchio re e alla
piazza dove, un giorno, si erano incontrati: sembrava che da allora
fossero
passati tanti e tanti anni.
Questo è scritto sulla Tavola di Smeraldo, rispose l'Alchimista quando
ebbe
finito di scrivere.
Il ragazzo si avvicinò e lesse le parole scritte sulla sabbia.
E’ un codice, esclamò poi, un po' deluso dalla Tavola di Smeraldo.
Somiglia a
quei libri dell'inglese.
No, rispose l'Alchimista. E’ come il volo degli sparvieri: non va
compreso con
la sola ragione. La Tavola di
Smeraldo è un passaggio diretto verso l'Anima del Mondo. I saggi
compresero
che questo mondo naturale è solo un'immagine e una copia del Paradiso.
La
semplice esistenza di questo mondo è la garanzia che ne esiste uno più
perfetto. Dio lo creò perché gli uomini, attraverso le cose visibili,
potessero comprendere i suoi insegnamenti spirituali e le meraviglie
della sua
sapienza. E’ questo che io chiamo Azione.
Dovrei comprendere la Tavola di Smeraldo? domandò il ragazzo.
Forse, se ti trovassi in un laboratorio di alchimia, questo sarebbe il
momento giusto per studiare la maniera migliore di capire la Tavola di
Smeraldo. Ma sei nel deserto. E allora immergiti nel deserto. Serve a
comprendere il mondo altrettanto bene di qualsiasi altra cosa sulla
faccia
della terra. Non c'è bisogno che tu capisca il deserto: basta che
osservi un
semplice granello di sabbia e vi scorgerai tutte le meraviglie della
Creazione.
Come posso immergermi nel deserto?
Ascolta il tuo cuore. Esso conosce tutte le cose, perché è originato
dall'Anima del Mondo, e un giorno vi farà ritorno.
Quella sera parlò di tutto con l'Alchimista. E questi capì che il cuore
del
ragazzo era tornato all'Anima del Mondo.
Che cosa devo fare adesso? domandò il giovane.
Prosegui verso le Piramidi, rispose l'Alchimista. E presta sempre
attenzione
ai segnali. Ormai, il tuo cuore è in grado di mostrarti il tesoro.
Era questo che dovevo ancora conoscere?
No, rispose l'Alchimista. Quanto ancora devi sapere
è questo: prima di realizzare un sogno, l'Anima del Mondo decide sempre
di
provare tutto quanto si è appreso durante il cammino. E lo fa non perché
sia
cattiva, ma perché noi possiamo conquistare, insieme al nostro sogno,
anche
gli insegnamenti che abbiamo appreso durante il nostro cammino verso di
lui. E’
il momento in cui la maggior parte degli uomini desiste. E noi, nel
linguaggio del deserto, lo definiamo con l'espressione 'morire di sete
quando
le palme compaiono già all'orizzonte'.
Una ricerca comincia sempre con la Fortuna del Principiante. E finisce
sempre
con la Prova del Conquistatore.
Il ragazzo si rammentò di un vecchio proverbio del suo paese: l'ora più
buia
era sempre quella che precedeva il sorgere del sole.
Il giorno dopo comparve il primo segnale concreto di pericolo. Tre
guerrieri
si avvicinarono e domandarono loro che cosa stessero facendo da quelle
parti.
Sono venuto a caccia con il mio falco, rispose l'Alchimista.
Vi dobbiamo perquisire per accertarci che non abbiate armi, disse uno
dei
guerrieri.
L'Alchimista smontò lentamente dal suo cavallo. Il ragazzo fece la
stessa
cosa.
La guardia che stava perquisendo l'Alchimista trovò una piccola boccetta
di
cristallo piena di liquido e un uovo di vetro giallastro, poco più
grande di
un uovo di gallina.
E questi che cosa sono? domandò.
Sono la Pietra Filosofale e l'Elisir di Lunga Vita: la grande opera
degli
Alchimisti. Chi prenderà questo elisir non cadrà mai ammalato, e una
scheggia
di questa pietra può trasformare qualunque metallo in oro.
Le guardie scoppiarono a ridere di cuore e l'Alchimista rise insieme a
loro.
Avevano trovato la risposta molto divertente e li lasciarono andare
senza
altri indugi, e con tutti i loro averi.
Sei matto? domandò il ragazzo all'Alchimista, quando ormai erano
lontani.
Perché lo hai fatto?
Per dimostrarti una semplice legge del mondo, rispose l'Alchimista.
Quando
abbiamo davanti agli occhi dei grandi tesori, non ce ne accorgiamo mai.
E sai
perché? Perché gli uomini non credono ai tesori.
Hai dominato le guardie con lo sguardo, commentò.
Gli occhi mostrano la forza dell'anima, rispose l'Alchimista
E’ vero, pensò il ragazzo. Laggiù, nell'accampamento, si era accorto
che, in
mezzo alla folla di soldati, uno di loro li guardava fissamente. Ed era
così
distante che non si sarebbe neppure potuta distinguere la sua faccia.
Eppure
il ragazzo era certo che stesse guardando proprio loro due.
Finalmente, quando iniziarono l'attraversamento di una montagna che si
stendeva su tutto l'orizzonte, l'Alchimista disse che mancavano due
giorni
per raggiungere le Piramidi.
Se dovremo separarci presto, rispose il ragazzo, allora insegnami
l'Alchimia.
Già la conosci. Significa penetrare nell'Anima del Mondo e scoprire il
tesoro
che essa ha riservato per noi.
Non è questo che voglio conoscere, ma il modo per trasformare il piombo
in
oro.
L'Alchimista, rispettando il silenzio del deserto, rispose al ragazzo
soltanto
quando si fermarono per mangiare.
Tutto nell'universo evolve, disse infine. E per i saggi l'oro è il
metallo
più evoluto. Non domandarmi perché: questo non lo so. Io so soltanto che
la
Tradizione è sempre nel giusto.
Sono gli uomini che non hanno bene interpretato le parole dei saggi. E
l'oro,
invece che simbolo di evoluzione, è divenuto il segnale delle guerre.
Le cose parlano molti linguaggi, disse il ragazzo. L'ho capito con il
bramito
di un cammello che, prima, era solo un bramito e, poi, è divenuto
segnale di
pericolo, per trasformarsi infine di nuovo in un bramito.
Ma poi tacque. L'Alchimista doveva certo saperlo bene.
Ho conosciuto veri alchimisti, proseguì l'uomo. Si chiudevano nel
laboratorio
e tentavano di evolvere come l'oro, scoprivano la Pietra Filosofale.
Perché
avevano capito che, quando qualcosa evolve, evolve anche tutto quanto la
circonda.
Altri trovarono la pietra per caso. Possedevano già quel dono, le loro
anime
erano più ricettive di quelle di altri uomini. Ma questi non contano,
perché
sono rari. Altri, infine, ricercavano soltanto l'oro. E questi non
scoprirono
mai il segreto. Avevano dimenticato che anche il piombo, il rame, il
ferro
hanno una Leggenda Personale da realizzare. Chiunque interferisca nella
Leggenda Personale degli altri, non scoprirà mai la propria.
Le parole dell'Alchimista risuonarono come una maledizione. Questi si
chinò e
raccolse una conchiglia del deserto.
Poi montarono sui cavalli e proseguirono verso le Piramidi d'Egitto.
Il sole aveva cominciato a tramontare quando il cuore del ragazzo diede
un
segnale di pericolo. Si trovavano fra gigantesche dune e il ragazzo
guardò
l'Alchimista, ma questi sembrava non avere notato nulla. Cinque minuti
dopo il
giovane scorse davanti a se due cavalieri, le sagome stagliate contro il
sole. Prima che potesse parlarne all'Alchimista, i due cavalieri si
erano
trasformati in dieci, poi in cento, finché le gigantesche dune ne furono
completamente piene.
Erano guerrieri vestiti di azzurro, con un triplo anello di cordone nero
sopra
il turbante. I loro visi erano coperti da un altro velo azzurro, che
lasciava
scoperti solo gli occhi.
Benché ‚ lontani, quegli occhi mostravano la forza dei loro animi. E
quegli
occhi parlavano di morte.
Chi è il tuo amico? domandò il comandante.
Un Alchimista, rispose l'Alchimista. Egli conosce i poteri della natura.
E
desidera mostrare al comandante le sue straordinarie capacità.
Il ragazzo lo ascoltò in silenzio. E con tanta paura.
Che cos'è un Alchimista? domandò infine.
Un uomo che conosce la natura e il mondo. Se lui volesse, distruggerebbe
questo accampamento con la sola forza del vento.
Gli uomini scoppiarono a ridere. Erano abituati alla forza della guerra
e
sapevano che il vento non può sferrare colpi mortali. Ma ciascuno di
loro
sentì una stretta al cuore. Erano uomini del deserto e avevano timore dei
maghi.
Voglio vederlo con i miei occhi, disse il generale.
Ci servono tre giorni, rispose l'Alchimista. Ed egli si trasformerà in
vento,
soltanto per mostrarvi la forza del suo potere. Se non riuscirà, noi vi
offriremo umilmente le nostre vite per, l’onore del vostro clan.
L'Alchimista chiese a un guerriero una manciata di tè e ne depose un
pizzico
sui polsi del ragazzo, che si sentì invadere tutto il corpo da un'ondata
di
tranquillità mentre l'Alchimista pronunciava alcune parole che egli non
riusciva a comprendere.
Non abbandonarti alla disperazione, disse l'Alchimista, con una voce
stranamente dolce. Altrimenti non riuscirai a parlare con il tuo cuore.
Ma io non so trasformarmi in vento.
Chi vive la propria Leggenda Personale conosce tutto ciò che ha bisogno
di
conoscere. Soltanto una cosa rende impossibile un sogno: la paura di
fallire.
Il terzo giorno il generale si riunì con i più importanti comandanti.
Andiamo a vedere quel giovane che si trasforma in vento, disse il
Generale
all'Alchimista.
Andiamo pure, rispose questi.
Il ragazzo li condusse fino al luogo dove era stato il giorno
precedente. Poi
chiese a tutti di sedersi.
Ci vorrà un po' di tempo, disse.
Il ragazzo cominciò a fissare l'orizzonte davanti a s‚. In lontananza si
scorgevano montagne, si scorgevano dune, rocce e piante striscianti che
si
ostinavano a vivere là dove la sopravvivenza era impossibile. Lì c'era
il
deserto, che egli aveva percorso per lunghi mesi e del quale, comunque,
conosceva una parte assai piccola. In questa piccola parte, aveva
incontrato
inglesi, carovane, guerre fra clan, e un'oasi con cinquantamila palme e
trecento pozzi.
Che cosa vuoi, oggi? gli domandò il deserto. Non ci siamo già
contemplati
abbastanza, ieri?
C'è un punto in cui tu custodisci la persona che io amo, disse il ragazzo.
E
quindi, quando io guardo le tue sabbie, contemplo anche lei. Desidero
tornare
da lei e ho bisogno del tuo aiuto per trasformarmi in vento.
Che cos'è l'amore? domandò il deserto.
E’ amore quando il falco vola sulle tue sabbie. Perché tu per lui
rappresenti
un campo verdeggiante da cui non è mai tornato indietro senza una preda.
Conosce le tue rocce, le tue dune e le tue montagne, e tu sei generoso
verso
di lui.
Il falco, con il suo becco, mi porta via dei brandelli, disse il
deserto. Da
anni allevo le mie prede, le sostengo con la poca acqua che possiedo,
gli
mostro dove si trova il cibo. E, un giorno, il falco scende giù dal
cielo,
proprio quando sarei sul punto di sentire la carezza della preda sulle
mie
sabbie, e si porta via quello che ho allevato.
Ma è proprio per questo che hai allevato la preda, rispose il ragazzo.
Per
nutrire il falco. E il falco nutrirà l'uomo. E poi l'uomo nutrirà le tue
sabbie, da dove un giorno emergerà di nuovo la preda. Così va il mondo.
E’ questo l'amore?
Sì, è questo. E’ ciò che consente alla preda di trasformarsi in falco, e
il
falco in uomo, e l'uomo di nuovo in deserto. E’ questo che consente al
piombo
di trasformarsi in oro, e all'oro di nascondersi di nuovo sono la terra.
Non comprendo le tue parole, disse il deserto.
Allora cerca di capire come in qualche luogo, fra le tue sabbie, una
donna mi
stia aspettando. Ed è per questo che devo trasformarmi in vento.
Il deserto tacque per alcuni istanti.
Ti concedo le mie sabbie perché il vento possa soffiare. Ma io, da solo,
non
posso fare nulla. Chiedi aiuto al vento.
Una leggera brezza cominciò a spirare. Da lontano, i comandanti
guardavano il
ragazzo, che parlava un linguaggio a loro sconosciuto.
L'Alchimista sorrideva.
Il vento si avvicinò al giovane e gli sfiorò il viso. Aveva ascoltato la
sua
conversazione con il deserto, perché i venti sanno sempre tutto.
Attraversano
il mondo, ma senza avere un luogo da cui nascere e un luogo in cui
morire.
Aiutami, chiese il ragazzo al vento. In te, un giorno ho udito la voce
della
mia amata.
Chi ti ha insegnato a parlare il linguaggio del deserto e del vento?
Il mio cuore, rispose il ragazzo.
Il vento aveva tanti nomi. Lì lo chiamavano Scirocco, perché gli arabi
credevano che venisse da terre ricoperte d'acqua, dove abitavano uomini
neri.
Nel lontano paese da cui proveniva il ragazzo, lo chiamavano Levante,
perché
credevano che trasportasse le sabbie del deserto e le urla di guerra dei
mori.
Forse in qualche luogo più distante dalle campagne in cui si trovavano
le
pecore, gli uomini pensavano che il vento nascesse in Andalusia. Ma il
vento
non proveniva da alcun luogo e non andava in alcun luogo, e perciò era
più
forte del deserto. Un giorno avrebbero potuto piantare gli alberi nel
deserto, e addirittura allevarvi le pecore, ma non sarebbero mai
riusciti a
dominare il vento.
Tu non puoi essere il vento, disse il vento. Noi due siamo di natura
diversa.
Non è vero, affermò il ragazzo. Mentre giravo il mondo insieme a te, ho
conosciuto i segreti dell'Alchimia. In me ci sono venti, deserti,
oceani,
stelle e tutto quanto è stato creato nell'universo. Siamo stati creati
dalla
stessa Mano, e abbiamo la stessa Anima. Voglio essere come te, penetrare
ovunque, attraversare i mari, sollevare la sabbia che ricopre il mio
tesoro,
avvicinare la voce della mia amata.
Ho ascoltato la tua conversazione con l'Alchimista l'altro giorno, disse
il
vento. Egli ha detto che ogni cosa ha la propria Leggenda Personale. Gli
uomini non possono trasformarsi in vento.
Insegnami a essere vento per alcuni istanti, soggiunse il ragazzo.
Affinché
possiamo parlare delle possibilità illimitate degli uomini e dei venti.
Il vento era curioso, ma quella era una cosa che non conosceva. Gli
sarebbe
piaciuto parlarne, ma proprio non sapeva come trasformare gli uomini in
vento.
Eppure conosceva tante cose! Creava deserti, affondava navi, abbatteva
foreste intere e vagava per città dove risuonavano musica e strani
rumori.
Pensava di essere illimitato, eppure lì c'era quel ragazzo a dirgli che
esistevano tante altre cose che un vento poteva fare.
Lo chiamano Amore, disse il giovane, accorgendosi che il vento stava
quasi per
cedere alla sua richiesta. Quando si ama, allora si riesce a essere
qualunque
cosa tra quelle della Creazione. Quando si ama, non si ha alcun bisogno
di
capire che cosa accade, perché tutto comincia ad accadere dentro di noi,
e
gli uomini possono addirittura trasformarsi in vento. Purché i venti li
aiutino, e chiaro.
Il vento, che era molto orgoglioso, fu alquanto irritato dalle parole di
quel
ragazzo. Cominciò a soffiare con maggiore forza, sollevando le sabbie
del
deserto. Ma infine dovette riconoscere che, pur avendo percorso il mondo
intero, non sapeva come trasformare gli uomini in vento. E non conosceva
l'Amore.
Mentre vagavo per il mondo, ho notato che molti parlavano dell'amore
guardando il cielo, disse il vento, infuriato per il fatto di dovere
accettare i propri limiti. Forse è meglio domandarlo al cielo.
Allora aiutami, disse il ragazzo. Riempi di polvere questo luogo,
affinché io
possa guardare il sole senza accecarmi.
Il vento, allora, soffiò con molta forza e il cielo si riempì di sabbia,
lasciando solo un disco dorato al posto del sole.
Nell'accampamento diventava sempre più difficile scorgere qualcosa. Gli
uomini
del deserto conoscevano bene quel vento. Si chiamava Simun, ed era
peggio di
una tempesta in mare, giacché loro non conoscevano il mare. I cavalli
nitrivano e le armi cominciarono a ricoprirsi di sabbia.
Sulla roccia, uno dei comandanti si rivolse al generale e disse:
Forse è meglio smetterla.
Quasi non riuscivano più a scorgere il ragazzo. I visi erano coperti da
veli
azzurri e i loro occhi, adesso, manifestavano soltanto sgomento.
Smettiamola, insistette un altro comandante.
Voglio vedere la grandezza di Allah, rispose rispettosamente il
generale.
Voglio vedere come gli uomini si trasformano in vento.
Ma annotò mentalmente i nomi dei due uomini che avevano avuto paura.
Appena il
vento fosse cessato, li avrebbe destituiti dai loro incarichi, perché
gli
uomini del deserto non sentono la paura.
Il vento mi ha detto che tu conosci l'Amore, disse il ragazzo al Sole.
Se
conosci l'Amore, conosci anche l'Anima del Mondo, che è fatta di Amore.
Dal punto in cui mi trovo, disse il Sole posso vedere l'Anima del Mondo.
E’ in
comunione con la mia anima e noi, insieme, facciamo crescere le piante e
procedere le pecore alla ricerca d'ombra. Dal punto in cui mi trovo, e
sono
ben lontano dal mondo, ho imparato ad amare. So bene che, se mi
avvicinassi un
po' di più alla Terra, tutto quanto si trova su essa morirebbe. E
l'Anima del
Mondo, allora, cesserebbe di esistere. Perciò ci contempliamo e ci
vogliamo
bene: io le concedo vita e calore e lei mi dà una ragione per vivere.
Tu conosci l'Amore, disse il ragazzo.
E conosco l'Anima del Mondo, perché parliamo spesso in questo lungo
viaggio
senza fine per l'Universo. Lei mi dice che il suo maggior problema è
che,
finora, soltanto i minerali e i vegetali hanno capito come tutto sia una
cosa
sola. E perciò non è necessario che il ferro sia uguale al rame, e che
il rame
sia uguale all'oro. Ognuno svolge la propria precisa funzione in questa
cosa
unica: e tutto creerebbe una Sinfonia di Pace se la Mano che ha scritto
tutto
ciò si fosse fermata al quinto giorno della creazione.
Ma ci fu un sesto giorno, aggiunse il Sole.
Tu sei saggio perché vedi le cose da lontano, rispose il giovane. Ma non
conosci l'Amore. Se non ci fosse stato un sesto giorno nella creazione, non
esisterebbe l'uomo, e il rame sarebbe sempre rame e il piombo sarebbe
sempre
piombo. Ognuno ha la propria Leggenda Personale, è vero, ma un giorno
questa
Leggenda Personale diventerà una realtà. Allora bisogna trasformarsi in
qualcosa di migliore e creare una nuova Leggenda Personale, fino a
quando
l'Anima del Mondo sarà realmente una cosa sola.
Il Sole divenne pensieroso e decise di brillare più forte. Il vento, che
stava
godendosi la discussione, soffiò anch'esso più forte, affinché il Sole
non
giungesse al ragazzo.
Per questo esiste l'Alchimia, aggiunse. Affinché ogni uomo cerchi il
proprio
tesoro e lo scopra e poi desideri essere migliore di quanto non fosse
nella
vita precedente. Il piombo svolgerà il proprio ruolo fino a quando il
mondo
non ne avrà più bisogno. Ma poi dovrà trasformarsi in oro. E’ quanto
fanno gli
Alchimisti: dimostrano che, ogniqualvolta cerchiamo di essere migliori
di
quello che siamo, anche tutto quanto ci circonda diventa migliore.
Perché, allora, dici che io non conosco l'Amore? domandò il Sole.
Perché amore non significa essere immobile come il deserto, n‚
scorrazzare per
il mondo come il vento, n‚ vedere tutto da lontano, come fai tu. L'Amore
è la
forza che trasforma e migliora l'Anima del Mondo. Quando, per la prima
volta,
sono riuscito a penetrarla, ho creduto che fosse perfetta. Ma poi mi
sono
accorto che era un riflesso di tutte le creature, e che aveva le sue
guerre e
le sue passioni. Siamo noi che alimentiamo l'Anima del Mondo: e la terra
su
cui viviamo sarà migliore o peggiore, se noi saremo migliori o peggiori.
E’
qui che entra la forza dell'Amore, perché quando amiamo desideriamo
sempre
essere migliori di quanto siamo.
Che cosa vuoi, tu, da me? domandò il Sole.
Che mi aiuti a trasformarmi in vento, rispose il ragazzo.
La Natura mi conosce come la più saggia fra le creature, disse il Sole.
Ma
non so come trasformarti in vento.
Con chi devo parlare, allora?
Per un momento, il Sole rimase taciturno. Il vento, che stava
ascoltando,
avrebbe diffuso per il mondo come la sua sapienza fosse limitata.
Eppure, non
c'era modo di sfuggire a quel ragazzo, che parlava il Linguaggio del
Mondo.
Parlane con la Mano che ha scritto tutto, disse il Sole.
Il vento lanciò un grido di gioia e soffiò con più forza che mai. Le
tende
cominciarono a essere strappate via dalla sabbia e gli animali si
liberarono
delle redini. Sulla
roccia, gli uomini si stringevano gli uni agli altri per non essere
trascinati
via.
Il ragazzo si rivolse allora alla Mano che aveva scritto Tutto. Ma,
invece di
rivolgerle la parola, tacque, sentendo che anche l'universo si manteneva
in
silenzio.
La forza dell'Amore sprizzò dal suo cuore e il ragazzo cominciò a
pregare. Era
una preghiera che non aveva mai recitato prima, perché si trattava di
una
preghiera senza parole e in cui non si chiedeva nulla. Lui non stava
ringraziando perché le pecore avevano trovato un pascolo, n‚ stava
implorando
per vendere più cristalli, n‚ stava chiedendo che la donna incontrata
attendesse il suo ritorno. Nel silenzio che ne seguì, il ragazzo capì
che il
deserto, il vento e anche il sole cercavano i segnali che quella Mano
aveva
scritto, nel tentativo di ritrovare il proprio cammino e di capire
quanto
fosse scritto su un semplice smeraldo. Sapeva che quei segnali erano
sparpagliati sulla Terra e nello Spazio, che apparentemente non avevano
alcun
motivo o significato e che n‚ i deserti, n‚ i venti, n‚ i soli, e
neppure gli
uomini sapevano perché mai fossero stati creati. Ma quella Mano aveva un
motivo per tutto: solo lei poteva operare miracoli, poteva trasformare
gli
oceani in deserti, e gli uomini in vento. Perché soltanto lei capiva che
un
disegno superiore spingeva l'Universo a un punto in cui i sei giorni
della
creazione si sarebbero trasformati nella Grande Opera.
E il ragazzo si immerse nell'Anima del Mondo: si rese conto di come essa
facesse parte dell'Anima di Dio e di come l'Anima di Dio fosse la sua
stessa
anima. E, in quel momento, fu consapevole che anch'egli avrebbe potuto
compiere miracoli.
Quel giorno il Simum soffiò come non aveva mai soffiato. Per molte
generazioni gli arabi si tramandarono la leggenda di un ragazzo che si
era
trasformato in vento, che aveva quasi distrutto un accampamento militare
e
sfidato il potere del più importante generale del deserto.
Quando il Simum cessò di soffiare, tutti guardarono verso il luogo in
cui si
trovava il ragazzo. Ma questi non c'era più: si trovava accanto a una
sentinella che, quasi coperta di sabbia, sorvegliava l'altro lato
dell'accampamento.
Gli uomini erano spaventati da quella stregoneria. Soltanto due persone
sorridevano: l'Alchimista, perché aveva trovato il suo giusto discepolo,
e il
Generale, perché il discepolo aveva capito la gloria di Dio.
Il giorno dopo, il Generale si congedò dal ragazzo e dall'Alchimista,
facendoli guidare da una scorta dovunque essi volessero.
I due viaggiarono tutto il giorno. All'imbrunire, giunsero davanti a un
monastero copro. L'Alchimista congedò la scorta e smontò da cavallo.
Da qui in poi procederai da solo, disse l'Alchimista. Sono tre ore
appena fino
alle Piramidi.
Grazie, disse il ragazzo. Mi hai insegnato il Linguaggio del Mondo.
Ti ho soltanto ricordato quanto già conoscevi.
L'Alchimista bussò alla porta del monastero. Venne ad aprire un monaco
tutto
vestito di nero. Si scambiarono alcune frasi in copto e, poi,
l'Alchimista
invitò il ragazzo a entrare.
Gli ho chiesto di lasciarmi usare per qualche tempo la cucina, spiegò.
Si avviarono verso la cucina del monastero. L'Alchimista accese il fuoco
e il
monaco gli portò un po' di piombo, che l'alchimista sciolse in un vaso
di
ferro. Quando il piombo si fu liquefatto, l'Alchimista estrasse dalla
bisaccia
quello strano uovo di vetro giallastro. Ne grattò una scheggia della
dimensione di un capello, lo avvolse nella cera e lo mise nella pentola
con il
piombo.
Il miscuglio acquistò un colore rosso, come il sangue. L'Alchimista,
allora,
allontanò la pentola dal fuoco e lo lasciò raffreddare. Nel frattempo,
parlava con il monaco della guerra fra i clan.
Durerà a lungo, disse al monaco.
Questi sembrava contrariato. Da lungo tempo le carovane erano bloccate a
Giza, in attesa che la guerra finisse. Sia fatta la volontà di Dio,
concluse
il monaco.
Proprio così, rispose l'Alchimista.
Quando la pentola cessò di sfrigolare, il monaco e il ragazzo guardarono
meravigliati. Il piombo si era seccato assumendo la forma circolare del
recipiente, ma non era più piombo: era oro.
Un giorno imparerò a farlo anch'io? domandò il ragazzo.
Questa era la mia Leggenda Personale, non la tua, rispose l'Alchimista.
Ma
desideravo mostrarti che è possibile.
Di nuovo si diressero verso l'ingresso del convento. Lì l'Alchimista
divise il
disco in quattro parti.
Questa è per te, disse, porgendo una parte al monaco. Per la tua
generosità
verso i pellegrini.
Accetto questo pagamento che va ben al di là della mia generosità,
rispose il
monaco.
Non ripeterlo mai più. La vita potrebbe essere in ascolto e la prossima
volta
ti concederà di meno.
Poi si avvicinò al ragazzo.
Questa è per te. Per ripagarti di quanto hai lasciato al generale.
Il ragazzo stava per dirgli che era assai di più di quanto aveva
lasciato al
generale. Ma tacque, perché aveva sentito il commento che l'Alchimista
aveva
fatto con il monaco...
Questa è per me, disse poi l'Alchimista, conservandone una parte. Perché
devo
ritornare indietro attraverso il deserto, dove c'è una guerra fra i
clan.
Poi prese il quarto pezzo e lo diede di nuovo al monaco.
Questo è per il ragazzo, nel caso che ne abbia bisogno.
Ma io sto andando in cerca del mio tesoro, esclamò il ragazzo. E adesso
ci
sono vicino!
E io sono sicuro che lo troverai, affermò l'Alchimista.
E allora perché questo gesto?
Perché hai già perduto due volte, con il ladro e con il generale, il
denaro
guadagnato durante il tuo viaggio. Sono un vecchio arabo superstizioso
e,
perciò, credo ai proverbi della mia terra. Ce n'è uno che dice: “Tutto
quanto
accade una volta, potrebbe non accadere mai più. Ma tutto quanto accade
due
volte, accadrà certamente una terza”.
E rimontarono sui cavalli.
L'Alchimista spostò il suo cavallo.
Indipendentemente dalle proprie azioni, ogni persona sulla terra
rappresenta
sempre il ruolo principale nella storia del mondo, disse lui. E
normalmente
non lo sa.
Il ragazzo sorrise. Non aveva mai pensato quanto la vita potesse essere
importante per un pastore.
Addio, disse l'Alchimista.
Addio, rispose il ragazzo.
Dove sarà il tuo tesoro, lì si troverà anche il tuo cuore, aveva detto
l'Alchimista.
Gli innumerevoli secoli delle Piramidi d'Egitto contemplavano,
dall'alto,
quel ragazzo. Se lo avesse voluto, adesso egli sarebbe potuto ritornare
all'Oasi, sposare Fatima e vivere insieme a lei come un semplice pastore
di
pecore. Anche l'Alchimista, infatti, pur comprendendo il Linguaggio del
Mondo, pur sapendo trasformare il piombo in oro, viveva nel deserto. Non
doveva dimostrare a nessuno la propria scienza e la propria arte. Mentre
proseguiva verso la propria Leggenda Personale, il ragazzo aveva appreso
tutto
quanto gli serviva e vissuto tutto quanto aveva sognato di vivere.
Ma era giunto al tesoro: e un'opera è completa soltanto quando
l'obiettivo è
raggiunto. Lì, su quella duna, il ragazzo aveva pianto. Guardò per terra
e
vide che, nel punto in cui erano cadute le sue lacrime, si muoveva uno
scarabeo. Nel periodo trascorso nel deserto, aveva appreso come in
Egitto gli
scarabei fossero il simbolo di Dio.
Per tutta la notte il ragazzo scavò nel luogo indicato, senza tuttavia
trovare
nulla. Dall'alto delle Piramidi i secoli lo contemplavano in silenzio.
Ma il
ragazzo non desisteva: scavava e scavava, lottando contro il vento, che
riportava la sabbia dentro la fossa. Le sue mani si stancarono, poi si
ferirono, ma il ragazzo credeva al proprio cuore. E il cuore gli aveva
detto
di scavare dove fossero cadute le sue lacrime.
All'improvviso, mentre stava tentando di togliere alcune pietre che
erano
emerse, udì dei passi. Gli si avvicinarono alcuni individui: erano in
controluce e lui non riusciva a vederne n‚ gli occhi, n‚ i visi.
Che cosa stai facendo lì? domandò qualcuno.
Il ragazzo non rispose, ma ebbe paura. Adesso aveva un tesoro da
disseppellire, e perciò aveva paura.
Siamo in fuga dalla guerra fra i clan, disse qualcun altro. Dobbiamo
sapere
che cosa stai nascondendo. Ci servono soldi.
Non sto nascondendo nulla, rispose il ragazzo.
Ma uno degli uomini lo afferrò e lo tirò fuori dalla fossa. Un altro
cominciò
a rovistargli nelle tasche. E così trovarono il pezzo d'oro.
Ha dell'oro, disse uno degli uomini.
La luna illuminò il viso di colui che lo stava perquisendo e il ragazzo
scorse, nei suoi occhi, la morte.
Dev'esserci dell'altro oro nascosto sotto terra, soggiunse l'altro.
E costrinsero il ragazzo a scavare. Questi continuò a scavare, ma non
c'era
niente. Allora cominciarono a picchiarlo. Lo colpirono finché comparvero
nel
cielo i primi raggi di sole. I suoi abiti furono ridotti a brandelli, ed
egli
sentì che la morte era vicina.
A che ti serve il denaro, se dovrai morire? Ben di rado il denaro è in
grado
di liberarti dalla morte, aveva detto l'Alchimista.
Sto cercando un tesoro! gridò infine il ragazzo. E, con la bocca ferita
e
gonfia, raccontò ai rapinatori che ben due volte aveva sognato di un
tesoro
nascosto presso le Piramidi d'Egitto.
Quello che sembrava il capo rimase taciturno per lungo tempo. Poi,
rivolgendosi a un altro, disse: Puoi lasciarlo. Non ha nient'altro.
Quest'oro
deve averlo rubato.
Il ragazzo si alzò con difficoltà e, una volta ancora, guardò le
Piramidi.
Queste gli sorrisero: e lui, con il cuore colmo di felicità, ricambiò il
sorriso. Aveva trovato il tesoro.
Si addormentò senza accorgersene e, quando si svegliò, il sole era già
alto.
Allora cominciò a scavare fra le radici del sicomoro.
Vecchio mago, pensava il ragazzo. Tu sapevi tutto. Hai persino lasciato
un po'
d'oro perché potessi ritornare fino a questa chiesa. Il monaco si è divertito
quando mi
ha visto tornare con gli abiti a brandelli. Non potevi risparmiarmelo?
No, sentì che diceva il vento: Se te lo avessi detto, non avresti visto
le
Piramidi. Sono molto belle, non trovi?
Era la voce dell'Alchimista. Il ragazzo sorrise e continuò a scavare.
Mezz'ora dopo, la pala colpì qualcosa di solido. Un'ora dopo il giovane
aveva
davanti a sé ‚ un baule pieno di vecchie monete d'oro spagnole. C'erano
anche
pietre preziose, maschere d'oro adorne di piume bianche e rosse, idoli
di
pietra incastonati di brillanti: oggetti di una conquista che il paese
aveva
ormai dimenticato da lungo tempo e che il conquistatore aveva
tralasciato di
raccontare ai propri figli.
Il ragazzo prese dalla bisaccia Urim e Tumim. Aveva usato le due pietre
soltanto una volta, una mattina, mentre si trovava in un mercato. La
vita e
il suo cammino erano stati sempre disseminati di segnali.
Conservò Urim e Tumim nel baule pieno d'oro: facevano anch'essi parte
del
tesoro, perché gli ricordavano un vecchio re che non avrebbe mai più
incontrato.
La vita è davvero generosa con chi vive la propria Leggenda Personale,
pensò
il ragazzo.
Finisce qui,la selezione di passi, tratti dal Libro di Pablo Cohelo L’Alchimista,
abbiamo scelto i passi che noi abbiamo ritenuto significativi, per ricostruire
un sunto dell’Essenza simbolica del racconto in grado di trasmettere anche alle
menti profane una visuale poetica di ciò che può significare l’Alchimia nella
ricerca di Se stessi, in Relazione con il Tutto, che ci ha creati e distrutti
Infinite Volte nell’Eterno presente del Esistenza. I passi sono riportati in
ordine cronologico così come vengono narrati nel libello, riproducendo una
narrazione logica, così come l’Autore l’aveva presentata, cercando di portare
all’attenzione dei nostri lettori quelle parti Simboliche, o che meglio
rappresentavano la Radice della Ricerca. Chi lo aveva già letto, sicuramente
avrà tratto piacere nel rileggerne alcune parti, apprezzando il nostro lavoro
di sunto, mentre coloro i quali ne leggono le trame per la prima volta, siamo
sicuri , ne resteranno romanticamente colpiti.
Consigliamo comunque a Tutti, di leggere se possibile Tutta l’Opera, trovando
così, nella semplicità di un racconto, Verità, Fondamentali, e talvolta
superficialmente, date per scontate, da non essere apprezzate.
Con la speranza che Tutti Iniziati o Meno abbiano tratto qualcosa in
seno da queste parole, che come ogni cosa qui nascondono Insegnamenti, per
coloro che hanno l’Occhio per Scovarli, e il Cuore per apprezzarli.
I F.^. e le S.^. dell’Antico e Mistico Ordine Osirideo Egizio. M.B. A^A.
A.G.D.G.U. (Se credete che in
questa sigla vi sia una lettera mancante, state tranquilli perché non è così)
Abbiamo Detto.