domenica 13 luglio 2014

Texts pyramidis cultu mortuo


Texts pyramidis cultu mortuo





 

 

“L'uomo è una fiamma legata ad una montagna,  ma NOI nel nostro ciclo saremo sempre liberi.
Sappi, o uomo, che quando tu sarai progredito  dentro il ciclo che prolunga in alto,  la vita stessa passerà alle tenebre  e solo l'essenza dell'anima rimarrà.” (Tavola VII Lib. Sm.Th.)

 


Presentiamo una piccola selezione di quelli che sono conosciuti come testi delle piramidi. Ci limiteremo a sottolineare dei punti di rilevante e profonda importanza simbolica solamente trascrivendone la traduzione e corredandola solo con qualche piccolissimo appunto. In modo da lasciare alla preparazione e alla volontà dei Nostri gentili lettori la libertà di interpretazione e di prediligere un passo piuttosto che un altro. Vorremo far notare sin da subito a chiunque abbia familiarità con i testi di Aleyster Crowley Frater Perdurabo,  con le operatività e le filosofie della tradizione Tiphonyana, che molti sono i punti simbolici e la forma simbolica in comune con i testi delle piramidi. Sempre cercando di limitare i nostri giudizi o possibili spiegazioni allo zen, abbiamo cercato di ordinare la selezione dei testi stando attenti a sottolineare di volta in volta l’età durante la quale lo scritto è stato partorito, in modo da mostrare ai nostri lettori la mutazione sociale, filosofica e "spirituale" da una dinastia all’altra. Non aggiungiamo altro, se non dire che probabilmente nelle primitive fasi della civiltà il ruolo del maschio nella procreazione non fosse compreso pienamente. Concepimento, gestazione e nascita sarebbero state viste come un processo misterioso della donna che si divideva dando vita a una nuova creatura. In questo stadio troviamo che la dea Typhon e suo figlio Set sono riferiti quasi come una comune entità con l’evolversi della civiltà ci fu un graduale cambiamento di convinzione, e l’adorazione si spostò da una fase lunare e matriarcale ad uno stadio maschile, solare-fallico. In questo tempo il ruolo del maschio nella procreazione fu compreso pienamente e risultato di ciò fu il drammatico mutamento dei culti, nei quali fu posta una maggiore enfasi sul principio maschile rispetto a quello femminile. Le varie divinità non sfuggirono a questa onda di revisionismo e l’adorazione a un dio maschile divenne la nuova ortodossia. Coloro che persistettero ad adorare la dea furono visti dapprima come antiquati, poi come bizzarri e perversi, ed infine come una vera e propria minaccia. La visione solare si consolidò nella politica come struttura sociale patriarcale e ciò produsse una netta separazione tra le correnti di adorazione lunare e solare, che si concretizzò nel conflitto sociale in cui gli aderenti all’antica forma di adorazione, i Typhoniani, ebbero la peggio. Fu allora che i Typhoniani, cominciarono ad essere visti come gli Oppositori; coloro che nuotano contro la corrente della maggioranza dei loro contemporanei. Nella maggior parte del periodo dinastico dell’antico Egitto, Set, Set-Typhon o anche semplicemente Typhon fu svilito al ingiusto ruolo di mero oppositore, le caste sacerdotali dedite a questi culti furono tra le prime a lasciare l’Egitto e a fondare quelle piccole comunità che vennero conosciute poi come la fratellanza delle caverne. Ma non furono gli unici a lasciare il Grande Impero, infatti negli anni altri sacerdoti, iniziati e jerophanti migrarono verso lidi migliori e più tranquilli.  Si deve tenere presente che il cambiamento dei tempi fu anche il cambiamento delle culture e delle mitologie  che venivano rappresentate. Tutti questi fattori  sommati all’incontrollabile avidità e ipocrisia che aveva ormai infettato irrimediabilmente tutte le caste sacerdotali rimaste in Terra di Khem, portò al lento sgretolamento di quello che il mondo conobbe come il Grande Impero Egizio.
 I testi delle Piramidi comprendono un folto gruppo di testi religiosi incisi sulle pareti delle stanze interne nelle piramidi regali dell’Antico Regno, tra le linee della V dinastia (2400 circa .a.d. E.V., piramide di Unas) e la VI dinastia (piramidi di Pepi I, Merenra, Pepi II, Ibi e delle regine Iput Neit, Ugebten).  Le formule scritte in geroglifici a colonne verticali, ciascuna separata dalle altre, vengono datate per la loro radiazione alla fine dell’Antico Regno; ma indizi di lingua e di contenuto hanno indotto ad attribuire molte di esse ad un epoca ben più remota: per alcune la data della composizione originaria è stata riportata anche all’età preistorica (form 273-274 o Inno Cannibale). I testi delle piramidi sono preziosissimi per lo studio del sistema religioso egizio nell’età più antica. In essi sono presenti con rapidi accenni, miti e  leggende elaborati e chiariti più tardi; vi si trovano pure oscuri riferimenti a miti sconosciuti. Vi si possono trovare il mito della lotto di Horo e di Seth, il mito osiriano, alcune allusioni al mondo della prima creazione, la concezione cosmogonica eliopolitana, secondo la quale il mondo è stato creato da Atum, il demiurgo mediante lo sputo o la masturbazione;  è anche presente, con Ra-Atum, Sciu e Tefnet, Geb e Nut, il ciclo divino di Heliopolis. Tuttavia, se la colorazione religiosa generale è heliopolitana, alcune formule rivelano una diversa origine geografica: Ermopoli, teatro di battaglia su cui Ra, annientò i primi ribelli della storia, la collina di Ermopoli la città di Buto. Tale origine indica anche una diversa origine teologica e rispecchia il vario grado di importanza di quelle città nelle diverse epoche precedenti. Da ricordare le oscure allusioni (comprensibilmente rare, del resto, perché il re, nel dogma di quest’epoca, è lui stesso dio quindi immune da colpa e da giudizio) ad un giudizio dei morti nell’aldilà, concetto che più tardi avrà uno sviluppo e un importanza fondamentali nella concezione escatologica e morale dell’Antico Egitto:in formula 260 c’è un accenno al giudizio del re morto, proclamato giustificato, innocente (maa-kheru). Lo stile poetico che si avvale dell’allitterazione della ripetizione, del parallelismo, dell’uso ellittico della frase è di una forza allusiva, implicita e prende valore dalla credenza nel potere magico della parola. Nut è la dea del cielo , che nella teoria cosmogonia di Heliopolis forma, con il suo sposo Gheb la terra, la terza generazione dell’Enneade (Atum, Sciu e Tefnet, Gheb e Nut, Osiris e Seth con Isis e Nefti). Ha grande importanza nelle credenze funerarie, essendo fede antichissima che i morti divengano stelle; e come colei che ogni giorno dà alla Luce il Sole e lo Inghiotte la sera è anche la madre del re defunto identificato con il sole.Khepri è una forma di Ra, è il sole del mattino. Sobek  figlio di Neit era detto anche il dio coccodrillo ed era venerato particolarmente nel Fayum e a Crocodilopoli presso Gebelein. Anche Mehet –uret era considerata la genitrice di Sobek, detta anche la Navigatrice. Era una vacca primordiale, confusa in epoca storica con un'altra vacca, Ahet, che generò Ra. In particolare, a Sais, la dea Neit era identificata con Aehet  e con Mehet-uret. Net La Rossa è la Corona del Basso Egitto o Corona Rossa. Neseret è uno dei nomi dell’ureo, il cobra che alza la testa sulla fronte del faraone. La Corona del Basso Egitto veniva chiamata anche Grande di Magia. I colori avevano una valenza simbolica, in questo antico sistema egizio, ed erano spesso indicati per alludere ad archetipi o elementi di valenza metaforica. Come si vedrà a breve, nella selezione di antiche formule che abbiamo scelto per questo testo, l’ Horo dall’occhio azzurro  indicava il re come sovrano dell’Alto Egitto, mentre l’Horo dall’occhio Rosso alludeva al re come sovrano del basso Egitto, spesso ostile agli dei. Vediamo adesso due brevi estratti da questi antichi testi che ci forniscono un piccolo esempio di quanto esposto sino ad ora.



Il Re Defunto è Figlio di Nut

Pronunciare le parole da parte di Nut, la splendida, la Grande: “E’ mio Figlio, mio primogenito, che apre il mio corpo, mio amato del quale mi compiaccio.

220. Il rituale di Buto per l’incoronazione del re

Sono aperte le due porte dell’Orizzonte, scorrono i suo chiavistelli: è venuto a te, Net, è venuto a te , Neseret, è venuto a Te, o Grande, è venuto a te, o Grande di Magia. E’ puro per te, è puro in rispetto di te; possa tu esser soddisfatta di lui, possa tu esser soddisfatta della sua purezza , possa tu esser soddisfatta delle sue parole che dice a te: “ Com’è bella la tua faccia, quando sei soddisfatta, nuova, giovane, perché ti ha generato un dio padre degli dei (Gheb). E’ venuto a Teo Grande di Magia, egli è Horo che ha combattutto in protezione del suo Occhio, o Grande di Magia.

226 Formula magica contro i serpenti

Dire le parole:  Un serpente è circondato (magicamente) da un serpente quando è circondato un vitello senza denti nato su un pascolo. Terra inghiotti quel che è uscito da te. Mostro, sdraiati, arrotolati. E’ caduto nell’acqua un servo dell’Enneade: serpente, capovolgiti, che Ra ti possa vedere.

228 Formula magica contro i serpenti

Dire le parole: Faccia (sguardo del mago) cade su Faccia: faccia veda faccia. E’ uscito un coltello contro di esso, variopinto, nero e verde e si è inghiottito quel che aveva leccato.

232 Formula magica contro la siccità

Pronunciare le parole: Meti, Meti, Meti. Tiu, sua Madre, Tiu, sua madre Meti,Meti. Sii tu annaffiato o deserto, che vi sia acqua, non sabbia.

246. il Re defunto arriva presso gli dei.

Vedete come N. (nome del Re ) sta qui in mezzo a voi, le sue due corna sono due tori selvaggi, perché tu sei l’Ariete nero, figlio di una pecora nera, partorito dalla pecora bianca, allattato da quattro pecore. Horo dall’occhio azzurro viene contro di te; guardati da Horo dall’occhio rosso, furibondo per l’ira alla cui potenza nessuno può opporsi. Vanno i suoi messaggeri, il suo corriere (Ra) s’affretta. Essi annunciano a Colui che alza il braccio nell’Est che questo Unico va in te, ci cui dice Dun-auy: Egli comanderà ai miei padri gli dei. Gli dei sono in silenzio davanti a te, l’Enneade ha posto la sua mano alla bocca, (Gesto reverenziale esprimente rispetto e timore per l’Enneade),  davanti a questo Unico in te, di  cui dice Dun-auy:”Comanderà ai miei padri gli dei”. Egli sta alla porte dell’Orizzonte: apri la porta del cielo, che tu possa stare alla loro testa, come Gheb alla testa della sua Enneade. Essi entrano e sono presi dal terrore, escono e sollevano la loro faccia. Essi ti vedono come Min che è alla testa delle due cappelle. (Le due cappelle sono i due santuari predi nastici, il Per Ur e il Per Neser). Sta chi sta dietro a te, sta tuo fratello dietro a te, sta dietro a te il tuo congiunto. Tu non perisci, non sei distrutto, resta fra la gente il tuo nome, esiste il tuo nome fra gli dei.
 
257 Il re defunto conquista il cielo

Dire le seguenti parole: “ C’è tumulto nel cielo, Vediamo qualcosa di nuovo!, dicono gli dei primordiali. O Ebbeade, un Horo è nella Luce del Sole! I signori delle Forme, si prendono cura di lui, le due Enneadi al completo lo servono, mentre egli siede sul trono del Signore Universale (Atum).  (La grande Enneade và considerata come quella Heliopolitana che ha origine da Atum; la piccola invece, è formata dalla precedente è prende origine da Horo). U conquista il cielo, ne fa il bronzo. U. è guidato lungo le vie di Khepri, si riposa della vita nell’Occidente, mentre lo seguono gli abitanti dell’aldilà.(L’espressione allude al defunto che compie la quotidiana corsa del Sole nel cielo). U splende di Nuovo re dell’Oriente e viene a lui colui che giudicò lite(Thot ) in obbedienza: “ O dei, servite colui che è più anziano del Grande (Ra), dice egli; e che ha potere sulla sua sede. U conquista il comando (Hu è la personificazione del comando), gli è portata l’Eternità, è posta ai suoi piedi la Conoscenza. (Sia la personificazione della Conoscenza). Gridate di Gioia per lui, perché ha conquistato l’Orizzonte.

317 Il re defunto si identifica con Sobek

Dire le parole: N. (nome del defunto) è uscito fuori oggi alla testa dell’inondazione dell’acqua corrente. N. è Sobek, dal verde piumaggio , sveglio di Faccia, col petto sporgente, spumeggiante, che esce dalle gambe e la coda della Grande(Neit, che insieme a Mehet –uret era considerata la madre del dio Sobek) che è nello splendore, N. è venuto ai suoi canali, che sono sulla riva, in Mehet.uret, ai luoghi della pace, coi verdi campi che sono nell’orizzonte. Possa N. far verdi i campi, sulle sue rive dell’Orizzonte, possa N. portare lo smalto verde all’occhio grande (di Mehet-uret) che è in mezzo al campo, N. prende il suo trono che è nell’orizzonte, sorge N. come Sobek figlio di Neit. N. mangia con la sua bocca, N. orina, N. si accoppia mediante il suo fallo, N. è signore del seme, che porta via le donne che ricevono i loro mariti, la dove N. desidera, secondo la Brama del suo Cuore.

350 La dea del Cielo

Pronunciare le parole: “O tu dall’ampio passo (dea del cielo), mentre semini lo smeraldo, la malachite, la turchese delle stelle. Se tu sei verde è verde N.(verde nel senso di florido rigoglioso) , verde come una pianta viva.

462 Il defunto può risorgere

Sussurrare le parole: O N., tu che eri grande vegliano, che sei grande dormendo, al dolcezza è troppo dolce per te: alzati o N. non morrai. (Vegliando significa “da vivo” mentre dormendo vuole intendere “nella morte”).

486 Il re defunto esisteva prima della creazione

Pronunciare con fermezza le parole: “Salute a Voi, o Acque (provenienti dal Nn), portate Sciu e sgorgate dalle due sorgenti, in cui Gheb ha purificato le sue membra, del figlio. Possa tuo figlio fondare li la tua casa, come tu hai fondato la casa di tuo padre”. (L’appello rivolto alla acque che traggono la loro origine dall’oceano iniziale, dal Nun appunto. Distinte in acqua piovana portata da Sciu e in acqua fresca che sgorga presso Elefantina, dalle due sorgenti mitiche del fiume Nilo.)

 Parole del figlio defunto :” O Sanekhenptah, padre mio, possa compiacerti di far che Ini sia chiamato da te per riprendere la casa di Ananekhi figlio di Uabet!”

Insegnamenti Morali

L’insegnamento di Hergedef

Nella letteratura egiziana, dall’Antico Regno all’età Tarda, le composizioni sapienziali sono presentate sotto forma di consigli, rivolti da un padre ad un figlio, per istruirlo sulla condotta da tenere nella vita; tali norme etiche, mutano con l‘evolversi della storia egiziana e dell’atteggiamento assunto nei confronti delle questioni “morali”. La prima opera di questo genere che possediamo è l’insegnamento che porta il nome di Hergedef, figlio del Re Cheope (Faraone IV dinastia), che compose per suo figli Auibra.Poiché nel canto dell’arpista Hergedef è nominato fra gli uomini sapienti del Regno Antico, insieme con Imhotep, è la data della composizione è da porsi nella IV dinastia. Del testo ci è giunta integra solo la parte iniziale, ricostruita sulla base di alcuni ostraka del Nuovo regno. Questa composizione sapienziale fu conosciuta ed apprezzata fino nell’età ramesseide; la fama di cui il suo autore godè nel Nuove Regno è testimoniata dal fatto che egli è nominato,nel testo scolastico di Chester Beatty( IV v,2,5) tra i sapienti dell’Antico Regno e nel Libro dei Morti, come autore del Capitolo XXX; le sue massime inoltre sono considerate, nel papiro Anastasi I, materia di studio per i letterati. Le norme di condotta dettatte nella breve parte pervenutaci, sono di carattere pratico; il tono si eleva però nel consiglio di preoccuparsi in tempo della propria temba” la casa della morte serve alla vita”.

Inizio dell’insegnamento fatto dal principe, figlio del re, Hergedef, per il suo figlio che egli educa, il cui nome è Auibra.

Egli dice: “ Emendati (purificati) davanti ai tuoi propri occhi, sta’ attento che non ti emendi un altro.  Se sei un uomo virtuoso, fonda un focolare:sposa una donna forte (padrona del proprio cuore), ti nascerà un figlio maschio. Costruisci una casa per tuo figlio, come ho fatto per te, il luogo dove abiti. Fa’ eccellente la tua dimora della necropoli, e fa’ perfetta la tua sede dell’Occidente. Adotta (questa regola( perché la morte per noi è scoraggiante; adotta (questa regola) perché per noi la vita è esaltante. La casa della Morte serve alla Vita!.  Cerca di acquistare una proprietà di campi che ricevano l’inondazione. Scegli per il sacerdote funerario un pezzo del tuo campo, che sia irrigato ogni anno!!. Ti sarà più utile del tuo proprio figlio, preferibile anche al tuo erede!
IL CULTO DEI MORTI E LE TOMBE NELL'ANTICO EGITTO

Ci sembra doveroso, a questo punto della narrazione aprire una piccola parentesi su quello che era il vasto mondo del culto dei morti egizio. Non vogliamo però entrare in alcun modo nell’analisi delle piramidi di Giza che a Nostro modesto parere risalgono ad epoche più lontane e svolgevano sicuramente diverse funzioni tra cui quelle iniziatiche, templari ed astro teosofiche; sicuramente non quelle di tombe.
Pur senza mai divenire un seguace della civiltà della morte, l'Egiziano era seguito sempre dal pensiero della morte e dall'ossessione della sepoltura. Il "Libro di Sinhue" ne è lo specchio fedele.
Così il problema della sepoltura, che si associa al pensiero religioso e ad una casta sacerdotale gelosa delle proprie prerogative, onnipresente, diventava problema della "tomba" e, soprattutto per il faraone, era anche problema di ostentazione e di sicurezza.
Prima che la cronaca di tutti i giorni diventasse "storia", alludiamo alle epoche fino a Narmer, la pietas imponeva che il cadavere dell'Egiziano defunto fosse composto in una buca scavata nel deserto, sotto una pelle di animale, composto in posizione fetale.
In epoca storica, a partire dalla III dinastia, il Faraone è invece circondato da sacerdoti con il loro primo abbozzo del "Libro dei Morti"; deve essere accompagnato nell'aldilà da un corredo funebre, da Ushabti che lo sollevino dalle fatiche della quotidianità. Perché nel Duat il faraone continua a vivere insieme agli dei con i quali attende la reincarnazione.
Politica e religione porteranno, insieme ed attraverso successiva fasi evolutive, alle piramidi di Giza.
Alla inumazione nella sabbia , segue nel mondo la tomba "a Tholos" (Thòlos,) dette anche tombe "Beehive" (alveare) con un rivestimento a cupola, formata da pietre aggettanti, una chiave di volta centrale, una camera sepolcrale laterale ed un  (corridoio) di accesso.
Gli esempi più cospicui sono quelli greci e dell'Oman.
Le tombe Thòlos, sono generalmente strutture appartenenti alla tarda età del bronzo, nonché monumenti funerari della media età del bronzo. In Egitto sono assimilabili ai "thòloi" monumenti abbastanza più tardi come le tombe della Valle dei Re che sono della piena età del ferro. L'introduzione dei Tholos rispondeva a necessità di segretezza e di sicurezza, che difficilmente possiamo immaginare, a causa dei furti e delle profanazioni perpetrate già in età faraonica.
In genere la struttura del tholos è sempre evidente (come accade a Voidhokoilia, in Cappadocia, a Micene), ma con il passare del tempo si perfezionò la separazione in camere, stomion e dromos.
Dato il largo impiego di questo tipo di costruzioni, il termine "tholos" ha assunto, in archeologia, il significato di "copertura ogivale" e si sono fatte rientrare in questa definizione anche i nuraghi sardi, i trulli e le pajare pugliesi.

Generalmente nel mondo ed in ordine di tempo, al Tholos segue la tomba a màstaba.
Questo particolare tipo di tomba fu utilizzato invece, in Egitto, durante le prime fasi della civiltà. Il termine tecnico deriva dalla parola araba dallo stesso suono che significa "panca" o "panchetto".
Le tombe a màstaba sono costituite da un "gradone" di forma tronco-piramidale.
La struttura-tipo aveva un complesso significato rituale: conteneva alcune cappelle ma, soprattutto, una falsa porta (attraverso la quale era consentito al defunto lasciare l'aldilà per andare a ricevere le offerte deposte dai vivi sull'apposita tavola) ed un pozzo (chiuso con pietre e detriti, molte volte assai profondo, anche più di venti metri, che dava accesso alla tomba vera e propria).
La parte superiore ed esterna della màstaba, ha la duplice funzione di chiudere l'accesso alla tomba (simbolicamente serve a porre un sigillo) e di segnalare la presenza del sepolcreto.
Le tombe a màstaba vennero usate, in genere, dai faraoni delle dinastie Thinite e, sotto le dinastie successive, quel tipo di struttura divenne appannaggio dei membri della corte (visìr, scribi, nobili e sacerdoti).
Si ritiene che dalla màstaba, fosse derivata la "piramide a gradoni" di Djoser che può essere vista come una serie di màstabe sovrapposte.

Il sistema costruttivo della piramide a gradoni è comune a molte culture per cui si ritrova in contesti storico-geografici, certamente simili, ma tra loro distanti. Si pensi alle piramidi Azteche e Maya i Messico, ai templi di Angkor Vat e di Angkor Tom im Birmania, alle ziggurat mesopotamiche.
Questo tipo di piramidi, di solito, ha una base molto ampia e su di essa, si sviluppano diversi gradoni di pietra o màstabe. Tipico ed unico esempio (almeno per quanto riguarda l'Egitto, che risente dello specifico contatto con le màstabe) è la piramide di Djoser, attribuita all'architetto Imhotep a Saqqara.

La piramide tradizionale è il più noto esempio di struttura ritenuta tombale (ed anche il più diffuso nel mondo).
Essa venne utilizzata in particolare in Egitto dai faraoni delle dinastie dalla IV alla VI, ma anche in Mesopotamia 
, in Asia centrale e da diverse civiltà precolombiane nell'America centrale.
Il termine venne coniato dalla lingua greca (piramìs). Tuttavia mi sembra giusto evidenziare che il termine greco sarebbe, a sua volta, derivato proprio dalla parola egiziana "per-em-us" (alla lettera "ciò che va su") del Papiro di Rhind che, con quel termine, indica l'altezza della piramide; i greci lo avrebbero interpretato come una sineddoche (la parte per il tutto) e lo avrebbero usato per indicare l'intero monumento.
Nelle piramidi egizie, il passaggio da piramide tronca a piramide aguzza (vale a dire completa di Pyramidion, è ravvisabile in un periodo in cui la costruzione aveva mutato la sua finalità e veniva utilizzata come opera idraulica). In questo caso, l'impiego di materiali di diversa consistenza, in genere provocava lo sbriciolamento del mantello esterno.
Altre invece non hanno mai sopportato il peso di materiali aggiuntivi (come accadde alla Piramide di Meidum, che crollò davanti agli ingegneri del Faraone. L'avverarsi di tale circostanza spiega l'esistenza di piramidi cosiddette "incompiute".


L’insegnamento per Kaghemni

Il manoscritto recante la parte finale dell’insegnamento da un visir del re Uni (II dinastia) per il figlio Kaghemni (che divenne lui stesso visir sotto Snofru della IV dinastia) e per i suoi fratelli, è il papiro Prisse che, comperato nella necropoli tebana di Dra Abu el-Naha da E.Prisse d’Avennes, si trova ora nella Biblioteca nazionale di Parigi. Avanza l’ipotesi, fondata, che il padre di Kaghemni, l’autore dell’insegnamento, il cui nome è perduto con la parte mancante del papiro, possa essere il Kares che il papiro Ramesside Chester Beatty  IV , elenca con altri autori antichi. Questo manoscritte risale all’inizio del Medio Regno. Le norme etiche proposte a Kaghemni consigliano la moderazione, il controllo delle proprie parole, secondo il concetto dell’uomo silenzioso, che sarà poi ripreso e approfondito nei testi sapienziali dell’età più tarda, mentre è biasimata l’ingordigia e lodata la frugalità nel pasto: “Un bicchier d’acqua spegne la sete, un boccone d’erbe fortifica il cuore.” Un'altra nota di moralità scaturisce dal profondo senso di soggezione al voler di un dio i cui piani e le cui punizioni sono inconoscibili:”Non si conosce ciò che può avvenire e che cosa fa dio quando punisce”:

L’uomo prudente prospera, il moderato è lodato, è aperta la tenda del silenzioso, è ampia la sede del contento. Non parlare troppo: sono affilati i coltelli contro chi esce di strada, nessuno avanza speditamente se non a suo tempo. Se siedi con una numerosa compagnia, astieniti dal cibo che ami.

 
Il testo sapienziale noto come "Insegnamento di Ptahhotep" ci è pervenuto non in originale della V dinastia, ma in copie più tarde, tanto che la più antica, il papiro Prisse, risale al Medio Regno. L’opera, diffusissima tra gli studenti dell’epoca perché regolarmente copiata nel corso del loro apprendimento, divenne molto popolare sia nella sua versione originale sia come filone letterario: nel papiro Chester Beatty Ivv Ptahhotep è citato fra gli scrittori più sapienti d'Egitto. Poche sono le informazioni sul nobile Ptahhotep (V dinastia - 2420-2380 a.C. circa) funzionario che prestò servizio sotto re Djedkare Isesi. Di notevole interesse è la sua tomba di Sakkara, ubicata, come altre, ad occidente della piramide Djoser e condivisa con il padre Akhuthotep. Le immagini presenti in essa sono tra le più belle e significative dell’arte egizia, sia per la qualità dei rilievi sia per le raffigurazioni. Accanto a scene di presentazione di offerte, di caccia e di svago risaltano i servi che accudiscono il loro padrone, frizionandogli le gambe e porgendogli gli accessori da toeletta. La scena di una giostra acquatica in cui gruppi di uomini si scontrano su barche di papiro cercando di far cadere gli avversari in acqua per mezzo di lunghe aste, svela l’identità del “capo degli artisti”: è Ankheptah, raffigurato seduto mentre un ragazzo gli versa da bere.  

 
E disse a suo Figlio:” Non essere orgoglioso del tuo sapere,
ma consigliati con l'ignorante come con il sapiente: non si raggiunge il confine dell'arte,
non c'è artista fornito della sua perfezione.
Una bella parola è più nascosta del feldspato verde, ma la si può trovare presso la schiava alla macina.
Se sarai uno di quelli che stanno seduti alla tavola di uno più grande
di te, accetta ciò che egli darà, essendo posto davanti al tuo naso. Devi guardare quello che è davanti a te.
Non fissare lui con molti sguardi, è un abominio per il ka, osservarlo.
Non parlargli, finché non ti abbia invitato:
non si riconosce ciò che è sgradevole.
Devi parlare quando ti rivolge la parola:
ciò che dirai sarà gradevole.
Se sarai un uomo di confidenza, che un grande invia a un grande.
sii del tutto scrupoloso, quando ti manda: fagli l'ambasciata come l'ha detta,
evita di causare il male con discorso che riguardi di un grande.
Se sei un uomo di qualità,
forma un figlio che possa essere in favore del re;
se è istruito, seguirà il tuo esempio e curerà in modo conveniente le tue cose.
Fa per lui ogni cosa buona, è tuo figlio che appartiene alla semenza del tuo ka:
non separare il tuo cuore da lui.
Tuttavia, il rampollo ama contraddire:
allora, se devia e trasgredisce i tuoi ordini,
e si ribella a tutto ciò che è detto,
e la sua bocca cammina a parole vili, devi domarlo, quanto alla sua bocca, interamente;
uno che ti si è opposto e che (gli dei) hanno in odio,
è uno al quale è destinata la perdita già nel grembo (della madre).
Non devia colui che essi guidano,
e non trova mezzo di passare colui al quale tolgono la barca.
Se ami conservare l'amicizia della dimora dove entri,
come signore, come amico,
oppure dovunque tu entri, guardati dall'avvicinarti alle donne:
non sarà buono il luogo dove ciò sarà fatto.
La vista non è abbastanza attenta a scrutarle:
migliaia di uomini sono sviati da ciò che era loro utile:
è un attimo breve come un sogno,
ma si raggiunge la morte per averlo conosciuto.
Ama tua moglie con ardore,
riempi il suo stomaco e vesti il suo dorso:
l'unguento è un rimedio per il corpo.
Rallegra il suo cuore nel tempo in cui vivrai:
è un campo utile per il suo padrone.
Non la condannare, ma tienla lontana dal potere
e trattienti, se il suo occhio è una tempesta quando guarda. Falla prosperare nella tua casa.
Se la contrasti, è (come) acqua, una donna lasciata a se stessa: quando è adirata, fai un canale per lei.
Gratifica i tuoi intimi di ciò che hai acquistato:
ciò avviene a quelli che dio favorisce.
Se il tuo braccio è guidato, ti occuperai della vita della tua casa sotto
il tuo notabile che tu ami.
Vivrà dopo di ciò e anch'egli ti presterà buona assistenza.
L'amore di te durerà nell'intimo di coloro che ti amano.
Ecco, è (un uomo di) carattere chi ama l'obbedienza.
China la schiena davanti al tuo superiore,
il tuo intendente del palazzo reale:
la tua casa sussisterà sulle sue basi,
e la tua ricompensa sarà al suo (giusto) posto.
È male per chi si oppone al superiore
si vive tanto a lungo quanto sarà benevolo e quando il braccio, destinato a salutare, non è piegato. Non derubare la casa dei vicini
e non ti appropriare dei beni del tuo prossimo,
che non sia obbligato a portare lagnanza contro di te,
prima che tu m'abbia obbedito.
É utile l'ascoltare per un figlio che ascolta.
Penetra l'ascoltare in chi ascolta
e chi ascolta diventa un uomo obediente.
Chi ascolta bene, parla bene:
chi ascolta è in possesso di una cosa utile.
Com'è bello che un figlio dia ascolto a suo padre,
com'è gioioso colui al quale ciò viene detto!
Un figlio è buono quando è signore dell'ascoltare.
Uno che ascolta, al quale lo si dice, è perfetto nel suo interno;
uno che è rispettato da suo padre,
il suo ricordo sarà nella bocca dei viventi, quelli che sono sulla terra  
e quelli che vi saranno.
Se il figlio di nobile accetta ciò che dice suo padre, non fallirà alcun suo disegno.
Educa in tuo figlio un uomo obbediente;
che sarà eccellente nell'opinione degli uomini.

 
 
Sarebbe vano voler trovare in questa serie di consigli (Insegnamento di Ptahhotep) dei valori di tipo etico universale, tale e tanta è l'aderenza agli ideali di una categoria di persone storicamente ben definita. Eppure, il fatto che il testo sia stato ampiamente ricopiato in epoche più recenti dagli antichi Egiziani lo ha rivestito di quel carattere ideale che probabilmente in origine non aveva.
Tutti i consigli dati da Ptahhotep al figlio riguardano esclusivamente norme di comportamento sociale, e trovano la loro giustificazione soltanto all'interno del funzionamento della società, mai in formulazioni astratte o in principi che possano porre l'individuo in contrasto, se necessario, con essa. Ciò che conta in primo luogo è conservare quanto meno e, se del caso, migliorare la propria condizione sociale, la quale è legata innanzitutto alla conservazione dei propri privilegi, e alla capacità di consolidarli onde trasmetterli ai figli. Il meccanismo sociale funziona tanto meglio quanto più esso viene difeso da mutamenti e da attriti. Di qui l'ideologia del figlio “obbediente” che trasmette per generazioni la morale dei padri; di qui la necessità di godere (e di non mettere a repentaglio) di quel prestigio sociale che abbiamo visto legato a tutto un complesso apparato ideologico. Essenziale in questo senso è che il figlio riesca a godere dei favori del sovrano, garanzia ultima di potere. È la figura del sovrano che, in ultima analisi, determina anche il comportamento nei riguardi degli altri “grandi” di questa terra, che con le loro parole o azioni potrebbero metterlo in cattiva luce. In questo senso appare in tutta evidenza il carattere non universale del testo: chinare la schiena al superiore per mantenere i privilegi (“la tua casa sussisterà sulle sue basi”) ha senso soltanto quando sia possibile un'alternativa, quella di non chinare la schiena. Il problema non si pone certo in questi termini per i contadini, i quali vengono costretti a chinare la schiena non per scelta comportamentale, ma perché, appunto, non hanno alternative. Così il discorso di Ptahhotep da una parte rimane chiuso all'interno di un certo giro di persone, che sono i rappresentanti del potere, d'altra parte, e appunto per questo, diventa significativo dell'ideologia del settore più caratterizzante della popolazione. Non sarà che più tardi, quando i rapporti tra funzionari e sovrano si configureranno in modo diverso, che quello che è un testo di norme di comportamento sociale, assumerà valore di etica.
Stando così le cose tutti i riferimenti del testo dovranno essere rapportati all'interno di una cerchia di persone di pari grado, potenzialmente, nella società. Il più o meno grande, al limite anche quello privo di risorse, andrà inteso come persona pur sempre di un rango che gli offre la possibilità latente di disporre di mezzi. Siamo ben lontani dalla mentalità dell'uomo che “dal nulla” si costruisce una posizione; questo nulla è pur sempre qualcosa di relativo. Resta, come di consueto, che una prima lettura si presta a considerazioni sulla “modernità” sconcertante del testo, non solo, ha permesso che il testo fosse preso a modello in epoche in cui la situazione sociale presumibilmente non corrispondeva più a quella per la quale fu scritto.
Basti pensare alla definizione che vi si dà della moglie: ella va amata perché “è un campo utile per il suo padrone”, una formulazione estremamente “moderna” e, se presa in sé, applicabile in più di un contesto sociale, non ultimo quello nostro contemporaneo. Altrettanto vale per l'invito a non appropriarsi dei beni del prossimo, affinché egli “non sia obbligato a portare lagnanza contro di te”. Nella sostanza, ciò che conta per Ptahhotep è il giudizio del prossimo, non il rispetto di una legge morale, metastorica, non il rispetto di una norma giuridica. Il che significa, volendo, che le norme sociali vigenti tra i funzionari dell'Antico Regno si costituiscono come entrambe le cose e sono in grado di sortire lo stesso effetto. Che esse debbano valere per tutta la società nel suo insieme è sicuramente un'esigenza “nostra”, nata dal principio, che del resto è pur sempre soltanto un principio, dell'eguaglianza di tutti. Non avendo in alcun modo bisogno di tale principio, né d'altra parte proclamandolo nemmeno formalmente, i funzionari dell'Antico Regno possono esprimere serenamente i loro ideali senza rischio di essere fraintesi, senza sentire contrasto tra norma e prassi morale, realizzando, in ultima istanza, un altissimo grado di integrazione tra ciò che è e ciò che deve essere e tra ciò che deve essere e ciò che può essere.
Gli Egiziani riuscirono ad elaborare un sistema di vita in cui ogni cosa e ogni persona fosse posta in una relazione di doppia determinazione; ciò vale un po’ per
tutti gli ambiti e le attività, compresa anche la morale: lo “stare al proprio posto”, principio basilare per la morale di tutte le epoche dell'antico Egitto, è quella norma che è morale in quanto accettata da tutti ma è accettata da tutti perché è morale.

Non ci sentiamo di aggiungere altro a queste parole, se non un sincero saluto rivolto a Tutti i nostri gentili lettori che danno un senso al nostro umile lavoro, di mantenimento di questa pagina web. Con la speranza che le Antiche parole presenti in questo scritto portino consiglio almeno a qualcuno.  Con la benedizione di Chi occhio non vede ma il Cui Occhio Tutto Vede. Sempre rivolti al Grande Oriente Ermetico dei Figli di Seth in Italia A.’.G.’.D.’.G.’.U.’.   .^.   I Fratelli e le Sorelle dell’Antico e Mistico Ordine Osirideo Egizio Nadir di Torino Templi Endimion Sapere, Potere, Osare, Tacere.  Die Sunday Tredecim July 2014 E.V. (Era Volgare)

“L’intelligenza nera è la divinazione dei Misteri della Notte, l’attribuzione di realtà alle forme dell’invisibile. E’ la credenza della vaga possibilità, la luce nel sogno…Rispettiamo i Misteri dell’Ombra ma teniamo accese le nostre lampade.” ( Eliphas Levi)