Colui che stima le cose per ciò che esse valgono e non giudica secondo il merito e la stima degli uomini, costui possiede la Vera Saggezza.



In essa si legge che esisteva un popolo, nell'Estremo Oriente, sulla riva dell'Oceano, che possedeva un Libro attribuito a Seth, nel quale si parlava della futura apparizione di questa stella e dei doni che si dovevano portare al Bambino; si considerava questa predizione come trasmessa da generazioni di Saggi, di padre in figlio, «Essi scelsero dodici Saggi, tra i più sapienti del loro popolo e tra i maggiormente dediti all'osservazione dei misteri dei cieli, e si prepararono all'attesa di questa stella. Se qualcuno di questi Saggi moriva, un suo figlio od un parente prossimo, anch'esso in attesa dello stesso avvenimento, era scelto per sostituirlo. «Nella loro lingua costoro erano chiamati Magi, perché glorificavano Dio in silenzio e a bassa voce. «Ogni anno questi uomini, dopo la mietitura, salivano su di un monte che, nella loro lingua, si chiamava Monte della Vittoria; ed era un monte assai bello per i ruscelli e gli alberi che gli facevano corona; su questo monte si trovava una caverna ricavata nella roccia. Arrivati in cima, si lavavano, poi pregavano e lodavano Dio in silenzio per tre giorni; questa pratica era seguita ad ogni generazione, sempre nell'attesa che questa Stella di felicità apparisse durante la loro generazione. E, finalmente, essa apparve, sul Monte della Vittoria, sotto le spoglie d'un piccolo bambino che mostrava la figura d'una croce; essa parlò loro, diede loro le istruzioni necessario ed ordinò di partire per la Giudea. «Così la stella, che sovente prendeva la forma di un aquila, li precedette per due anni, e mai, durante il viaggio, venne a mancare il pane o l'acqua. «Ciò che essi fecero in seguito è riportato più brevemente nei vangeli dei cristiani.» Vi abbiamo parlato più volte della Storia della Nostra Magna Confraternita, del Significato esoterico racchiuso nel Nome di questa, e della fusione che il primigenio movimento Osirideo operante nel Silenzio e nell’Ombra del Sottosuolo di Roma effettuò oltre un secolo fa, con un'altra piccola fratellanza gnostica nominata dei figli di Seth (Sethiani). Dalla dissoluzione di entrambe le scuole si coagulò, l’Antico e Mistico Ordine Osirideo Egizio, posto al Grande Oriente Ermetico dei Figli di Seth e sul quale, attraverso il passo sovra riportato , e gli altri nostri scritti, senza dubbio alcuno tutti i Veli abbiamo sollevato. Continuiamo riportando un'altra testimonianza nella quale leggenda seguente, che ha come titolo Fatti accaduti in Persia, al tempo della nascita di Cristo, è attribuita a Giulio l'Africano, cronista del III secolo, benché non si sappia a quale epoca essa appartenga realmente.«L'episodio accadde in Persia, in un tempio di Giunone, costruito da Ciro. Un sacerdote annuncia che Giunone ha concepito. A questa notizia tutte le statue degli dei danzano e cantano. Una stella scende dal cielo e annuncia la nascita d'un Bambino Principio e Fine. Tutte le statue cadono bocconi. I Magi annunciano che questo Bambino è nato a Betlemme e consigliano al re di mandare ambasciatori. Allora appare Bacco, che predice che questo Bambino scaccerà tutti i falsi dèi. Partenza dei Magi, guidati dalla stella. Giunti a Gerusalemme, essi annunciano ai sacerdoti la nascita del Messia. A Betlemme, essi salutano Maria, e fanno dipingere da un abile schiavo, il suo ritratto col Bambino; questo ritratto viene poi messo nel loro tempio principale con questa iscrizione: A Giove mitra (al dio Sole), al grande Dio, al re Gesù, l'impero dei Persiani fa questa dedica.»«La luce di questa stella, scrive sant’Ignazio ( Lettera agli abitanti di Efeso, c. XIX) di tutte le altre; il suo splendore era ineffabile, e la sua novità faceva si che tutti quelli che la guardavano erano colmi di stupore. Il sole, la luna e gli altri astri formavano il cuore di questa stella.» Forse inutile ricordare il simbolismo del Sole, spirito positivamente attivo colore archetipico Rosso e della Luna, Anima negativamente passiva colore archetipico Nero. Ed è in sostanza in queste parole che vi è racchiusa tutta la Grande Opera , che un tempo era talmente semplice e priva di sofismi da poter esser iscritta con sintetici simboli su di uno Smeraldo. Huginus a Barma, nella Pratica della sua opera (Huginus a Barma, Le Règne de Saturne changé en siècle d'or. Parigi, Derieu, 1780.), usa gli stessi termini per parlare della materia della Grande Opera sulla quale appare la Stella: «Prendete della vera terra, egli dice, ben impregnata di raggi di sole, di luna e degli altri astri.» Diodoro di Tarso si mostra ancor più positivo quando afferma che «questa stella non era una di quelle che popolano il cielo, ma una certa virtù o forza (parola greca) urano-diurna (parola greca), che ha preso la forma d'un nastro per annunciare la nascita del Signore di tutti». Chi sono questi Magi e cosa si deve pensare di questa Stella? È ciò che in questo momento si domanderanno tra i nostri Gentili lettori i razionalisti ed altri ancora. È difficile rispondere a questa domanda perché il Razionalismo e l'Ontologismo, antichi e moderni, poiché estraggono tutte le loro conoscenze da se stessi, hanno fatto dimenticare tutti i mezzi mediante i quali gli antichi popoli dell'Oriente conservavano le tradizioni primitive.» La prima menzione della stella la troviamo sulla bocca di Balaam. Costui sarebbe nato nella città di Pethor, sull'Eufrate, e viveva, dicono, verso l'anno 1477 a.C., in regione centrale dell'impero assiro, allora ai suoi inizi. Nell'iconografìa simbolica la stella serve ad indicare sia il concepimento che la nascita. Spesso la Vergine è rappresentata cinta da un'aureola di stelle.Dagli stretti cunicoli e labirinti sotterranei dei templi di Iside e Osiride nell’Antico Egitto, alle fredde e umide caverne che hanno ospitato i Nostri Antichi F.^. della Grande Fratellanza Bianca, esuli dalla terra di Khem, la Magna Scientia custodita dalla Confraternita delle Caverne Latomorum Fraternitas, giunse a Napoli e Roma molti secoli orsono, questa ha da sempre trovato espressione nel sottosuolo delle Città Italiche. Da Piazzetta Nilo a Napoli, al Tempio dell’Universo a Roma, la nuda pietra custodisce gli echi segreti della Nostra Arte, Come l'anima umana ha i suoi segreti recessi, così il sottosuolo delle città ha da secoli i suoi corridoi nascosti. In questi luoghi bassi , umidi e freddi, il visitatore profano avverte una singolare sensazione che impone il Silenzio: quella della potenza unita alle tenebre. Come nelle Catacombe romane, cimitero dei cristiani. Lastre di pietre; mausolei di marmo. sepolcri; resti di storia, frammenti del passato. Un silenzio triste ed oppressivo riempie questi spazi coperti a volta. I mille rumori del di fuori, varie eco del mondo, non arrivano più fino a Noi. Finiremo con l'arrivare alle caverne dei ciclopi? Siamo sulla soglia dell'inferno dantesco, o sotto le gallerie sotterranee, così accoglienti, così ospitali per i primi martiri? Tutto è mistero, angoscia e paura in questi antri oscuri. Volontà notturna, muta, rigida, tesa in una perpetua resistenza contro la pressione. Forza materiale che il costruttore ha saputo ordinare e dividere, Forza reale ma occulta che si attua in segreto, si sviluppa nell'ombra, agisce senza tregua nella profondità delle sostruzioni dell'opera. Questa è l'impressione predominante che il visitatore avverte percorrendo le gallerie delle Arcane dimore Iniziatiche. L’accesso alla caverna corrisponde dunque al rito di iniziazione; d’altronde, il termine stesso “iniziazione”, nella sua derivazione dal latino in ire, contiene proprio il concetto di accesso. Questo accesso è un addio al mondo profano; almeno, così spera l’iniziato: egli simbolicamente muore al mondo, ma questa morte coincide con la sua seconda nascita. Per l’iniziato, la luce esterna e le tenebre della sua notte interiore subiscono quindi un ribaltamento: l’esterno è il luogo delle tenebre, il luogo dell’errare di chi si è perso nel labirinto; l’interno della caverna è invece il luogo in cui cercare la luce. La caverna, illuminata interiormente, è autonoma dal mondo esterno: essa è immagine del cosmo, che tutto vi si riflette nella metà superiore e in quella inferiore. Essendo immagine del Cosmo, ossia della manifestazione ordinata, in essa vi si riflettono le leggi che presiedono a questo ordine, leggi con cui è dunque possibile entrare in contatto. A differenza di chi si trova nelle tenebre esterne, dunque, l’iniziato potrà cercare di comprendere queste leggi e parteciparne attivamente, anziché patirle. Definita come luogo dove avviene la seconda nascita, nella caverna si compirà l’evoluzione spirituale fino alla realizzazione dei piccoli misteri, ovvero la rigenerazione psichica che realizza appieno le possibilità dell’individuo nell’ambito sottile della manifestazione.

Realizzati i piccoli misteri, il percorso non è però ultimato: coerentemente con la tradizione ermetica, ma anche delle altre vie iniziatiche complete, l’uomo che ha realizzato in sé lo “stato primordiale”, una volta reintegrato attivamente nella pienezza delle proprie facoltà, cercherà l’uscita dall’ambito umano per raggiungere la permanenza nel Principio Supremo: la realizzazione dei grandi misteri. L’iniziazione ai grandi misteri, coerentemente col simbolismo finora adottato, comporterà una seconda morte e una terza nascita. Tale nascita dovrà corrispondere all’uscita dalla caverna: se la caverna è un cosmo completo, i grandi misteri sono al di là di ogni manifestazione del cosmo; da questa prospettiva, la caverna, che era il luogo della vita rispetto al mondo esterno per il quale è avvenuta la prima morte, tornerà ad acquisire dunque il ruolo di sepolcro: il sepolcro da cui l’iniziato deve ora uscire per realizzarsi completamente. L’uscita per cui passerà l’iniziato non sarà però la stessa da cui è entrato; egli infatti non torna al mondo profano: si accorgerà che il luogo in cui si trova, che appariva illuminato rispetto alle tenebre esterne, in realtà non lo è di luce propria. La luce che vede è solo il riflesso della vera luce che entra nella caverna con un raggio proveniente dall’alto, dal centro del cielo che si riflette sulla volta. Essendo la caverna immagine del cosmo, questa luce proveniente dall’esterno sarà necessariamente extra cosmica. Si noti come quest’immagine è la stessa narrata nel famoso mito della caverna di Platone. E come il raggio di sole cade dallo zenit a tracciare la via diritta che porta al principio, così la direzione dell’uscita dovrebbe essere lungo l’asse verticale, lo stesso asse che l’iniziato ha percorso sin dall’ingresso, in senso ascendente. La caverna diventa così solo una tappa del percorso. A questo punto, si vedrà che tale descrizione viene meglio rappresentata sostituendo all’asse verticale una sua proiezione da nord a sud sul piano terrestre. Infatti, a rigor di logica, il discorso sin qui fatto in termini verticali comporterebbe che l’iniziato entri nella caverna dal punto opposto a quello da cui esce dopo l’iniziazione ai grandi misteri, ossia che entri dal fondo della terra per uscire dalla volta. Questa rappresentazione, per quanto rigorosa, risulta poco pratica nell’applicazione nello spazio terrestre. In termini solari, dunque, l’asse verticale nord-sud sarà proiettato sul piano orizzontale: essendo il nord il punto che indica l’alto, a nord sarà collocata la porta degli dei, attraverso la quale si esce dalla caverna per non tornarvi; a sud si situerà invece la porta degli uomini. A questa corrispondenza spaziale si unisce d’altronde una corrispondenza temporale legata al ciclo annuale. Si consideri a questo proposito il percorso annuale del sole nel cielo come diviso in due metà: la metà ascendente, che ha origine dal solstizio invernale e porta al risveglio della vita; la metà discendente, per converso, è quella che dal punto più alto vede il sole scendere e la natura addormentarsi. Sulla base di questa considerazione, i due ingressi della caverna saranno in corrispondenza con le due porte solstiziali che aprono al ciclo ascendente e discendente del sole. Il nord coinciderà con il solstizio d’inverno, e il sud con il solstizio d’estate, nonostante il punto in cui il sole si trova al solstizio d’inverno sia il più basso del cammino. Questa apparente contraddizione è d’altronde in accordo con il principio di analogia, secondo cui ciò che è in alto (nell’ordine celeste) è come ciò che è in basso (nell’ordine terrestre). Con un’ inversione rispetto al senso comune, dunque, il momento in cui il sole è più alto nell’ordine spirituale, dal punto di vista terrestre, non sarà il mezzogiorno ma la mezzanotte; non a caso infatti la festività del Sol Invictus o la Nascita del Sole nel simbolismo pagano prima e in quello della mistificazione poi è posta alla mezzanotte del solstizio d’inverno, ponendosi così in doppia corrispondenza con la porta degli dei. Nello stesso senso si può anche intendere il detto islamico secondo cui la notte è meglio del giorno, che sancisce la superiorità del non manifestato rispetto al manifestato. Un tempo, le camere sotterranee dei templi servivano come dimora per le statue di Iside, ed esse diventarono, al tempo dell'introduzione del cristianesimo in Gallia, quelle Vergini nere che il popolo, ai giorni nostri circonda d'una venerazione tutta particolare. Del resto il simbolismo tra queste due raffigurazioni è lo stesso: le une e le altre mostrano sul loro basamento la famosa iscrizione: Virgini pariturae; alla Vergine che deve partorire. Ch. Bigarne, ci parla di parecchie statue di Iside designate dallo stesso vocabolo. L'erudito Pierre Dujois ci dice: «Già nella sua Bibliografia generale dell'Occulto, il sapiente Elias Schadius aveva segnalato, nel suo libro De dictis Germanicis, un'iscrizione analoga: Isidi, seu Virgini ex qua filius proditurus est A Iside, o alla Vergine dalla quale nascerà il Figlio. Queste icone, dunque, non avevano per nulla il significato cristiano, che comunemente viene loro dato, almeno dal punto di vista esoterico. Bigarne dice che Iside, prima della concezione è, secondo la teogonia astronomica, l'attributo di quella Vergine che parecchi monumenti, molto più antichi del cristianesimo, indicano col nome di Virgo paritura, cioè la terra prima d'essere fecondata, e che sarà ben presto rianimata dai raggi del sole. È anche la madre degli dei, come attesta una pietra di Dio: Matri Deum Magnae ideae». Il senso esoterico delle Vergini nere non può esser meglio definito. Esse raffigurano, nella simbologia ermetica, la terra primitiva, quella che l'artista deve scegliere come soggetto della propria grande opera. È la materia prima allo stato di minerale, come e quando viene estratta dai filoni metalliferi, profondamente nascosta sotto la massa rocciosa. I testi ci dicono che è «una sostanza nera, pesante, friabile, fragile, che ha l'aspetto d'una pietra e può essere frantumata in piccoli pezzi proprio come una pietra». Sembra dunque normale che il geroglifico umanizzato di questo minerale abbia il suo stesso colore caratteristico e che gli si riservi come sede i luoghi sotterranei dei templi. Il culto di Iside, la Cerere egiziana, era molto misterioso, e tale ancora, deve rimanere anche per Voi. Possiamo solo accennare che la dea era festeggiata solennemente, ogni anno, per esempio nella città di Busiris, ove le veniva sacrificato un bue. Dice Erodoto : «Dopo il sacrificio, uomini e donne, parecchie migliaia, si danno dei grandi colpi. Per quale dio si stanno battendo, sarebbe, io credo, un'empietà dirlo.» I Greci, come gli Egiziani, mantenevano un assoluto silenzio sui misteri del culto di Cerere e gli storici, Fortunatamente non ci hanno appreso nulla che possa soddisfare la Vostra curiosità senza che Noi infrangiamo il Nostro Segretum Iniziatico. La rivelazione ai profani del segreto di queste pratiche era punito con la morte. Ascoltare la divulgazione era considerato un crimine della stessa gravità. Come per i santuari egiziani di Iside, così nei templi di Cerere era rigorosamente vietato l'ingresso a tutti coloro che non avevano ricevuto l'iniziazione. Eppure, le informazioni sono state tramandate storicamente, sulla gerarchia dei grandi sacerdoti, ci autorizzano a rivelare che i misteri di Cerere dovevano erano dello stesso tipo di quelli della Scienza ermetica. Infatti sappiamo che i ministri del culto si dividevano in quattro gradi: lo Ierofante, incaricato d'iniziare i neofiti; il Porta-fiaccola, che rappresentava il Sole; l’Araldo, che rappresentava Mercurio; il Ministro dell'Altare, che rappresentava la Luna. A Roma le Cerealies si celebravano il 12 aprile e duravano otto giorni. Veniva portato in processione un uovo, simbolo del mondo, e ad esso venivano sacrificati dei maiali. Abbiamo detto prima che Die, una statua che rappresentava Iside, era chiamata madre degli dei. Lo stesso epiteto era riservato a Rea o Cibele. Così le due divinità si rivelano parenti assai prossime, e noi saremmo piuttosto dell'idea di considerarle come espressioni diverse d'un solo e unico principio. Charles Vincens conferma questa opinione con la descrizione ch'egli fornisce d'un bassorilievo raffigurante Cibele, che, per secoli, è stato visto all'esterno della chiesa parrocchiale di Pennes (Bouches-du-Rhóne), con la sua iscrizione: Matri Deum. Analogia ermetica strana: Cibele era adorata a Pessinunte, in Frigia, sotto la forma di una pietra nera che si diceva essere caduta dal cielo. Rimandiamo i Nostri Gentili ad (Anathema) un Nostro scritto di qualche tempo fa, che trovate nell’Indice in cui è descritto l’inizio di un Nostro Rituale con i relativi riferimenti Ermetici e Cabalistici. Fidia rappresenta la dea seduta su di un trono tra due leoni, essa ha sul capo una corona murale dalla quale scende un velo. Talvolta viene raffigurata mentre tiene una chiave e sembra che stia togliendo il velo. Iside, Cerere, Cibele: tre teste sotto lo stesso velo. La maggioranza delle basiliche metropolitane, è posta sotto l'invocazione della benedetta Vergine Maria o Vergine-Madre. In Francia il popolino chiama queste chiese le Notre-Dame. In Sicilia, esse hanno un nome ancora più espressivo, quello di Matrici. Si tratta, quindi, proprio di templi dedicati alla Madre (lat. mater, matris), alla Matrone nel senso primitivo, questo termine, per corruzione, è diventato poi Madonne. In queste di fronte al Sagrato, ed al posto d'onore, l'alchimia è raffigurata da una donna la cui fronte tocca le nubi. Seduta in trono, ella ha nella mano sinistra uno scettro segno di sovranità mentre con la destra tiene due libri, uno chiuso (esoterismo) e l'altro aperto (essoterismo). Mantenuta tra le sue ginocchia e poggiata sul suo petto si eleva la scala dai nove gradini, scala philosophorum, geroglifico della pazienza che deve essere posseduta dai suoi fedeli nel corso delle nove successive operazioni della fatica ermetica. «La pazienza è la scala dei Filosofi, ci dice Valois e l'umiltà è la porta del loro giardino, perché a chiunque persevererà senza orgoglio e senza invidia, Dio farà misericordia. Così la cattedrale, come i Tempi di Iside ci appare basata sulla scienza alchemica, investigatrice delle trasformazioni della sostanza originale, della Materia elementare materea, radice mater, madre). Perché la Vergine-Madre, spogliata del suo velo simbolico, non è altro che la personificazione della sostanza primitiva, di cui si è servito, per realizzare i suoi fini, il Principio creatore di tutto ciò che esiste. Scrive Etteilla: «Su di un tavolo, all'altezza del petto dei Magi c'erano, da un lato un libro o un insieme di fogli o lamine d'oro (il libro di Thot) e dall'altro lato un vaso pieno d'un liquore celeste-astrale, composto per un terzo di miele selvatico, d'una parte d'acqua terrestre e d'una parte d'acqua celeste. Il segreto, il mistero, dunque, stava nel vaso.» Nel simbolismo dei metalli planetari, come più volte detto è rappresentata dalla Luna, che riceve i raggi del Sole e li conserva segretamente nel suo seno. È la dispensatrice della sostanza passiva, animata dallo spirito solare. Dall'unione di questi due principi scaturisce la materia vivente, sottomessa alle vicissitudini delle leggi di mutazione e di progressione.

È, quello che i cristiani puerilmente chiamano Gesù, lo spirito incarnato, il fuoco corporificato nelle cose e che Noi chiamiamo Horus. Ora, la parola ebraica Jes significa fuoco, sole, divinità. Essere del ramo di Jessé, significa quindi, essere della razza del fuoco, del sole. Poiché la materia trae origine dal fuoco solare, come abbiamo visto, il nome stesso di Jésus ,Gesù ci appare nel suo originale significato celeste: fuoco, sole, Dio. In fine la Vergine è chiamata propriamente Radice (radix); quest'appellativo fa notare ch'ella è il principio e l'inizio di Tutto. Andiamo adesso a svelare, anche un'altra terminologia sovente usata nei Nostri scritti, quando ci riferiamo alla Nostra Confraternita dicendo, ad esempio, la beneamata uguaglianza siede in beretto Frigio, oltre al riferirci all’uguaglianza Iniziatica per la quale tutti i Confratelli sono Uguali di diritto e in Libertà, l’allusione al beretto Frigio, attributo dell’Adeptato, la possiamo spiegare con una digressione storica. II berretto frigio, che copriva il capo dei sanculotti e costituiva una specie di talismano protettore, in mezzo alle stragi della rivoluzione, era il segno distintivo degli Iniziati. Il dotto Pierre Dujois, nell'analisi che egli fa di un'opera di Lombard scrive che giunto al grado di Epopte (nei Mystères d'Eleusis), «si chiedeva al novizio se si sentiva la forza, la volontà e la dedizione richieste per porre mano alla Grande Opera. Allora gli si posava in capo un berretto rosso, pronunciando queste parole: «Copriti con questo berretto, vale più della corona d'un re». Si era, quindi, ben lontani dal pensare che questo tipo di petaso, chiamato liberia nelle Mithriache, e che un tempo serviva ad indicare gli schiavi affrancati, fosse un simbolo massonico e il segno supremo dell'Iniziazione. Va anche detto che vi sono incisioni persiane, sumere e babilonesi nelle quali vi sono raffigurati personaggi indossanti il beretto frigio in diverse situazioni riguardanti cerimonie ed istanti della vita pubblica, inoltre secondo l'Antica tradizione Giove Mithra venuto al mondo da una Pietra in braghe Persiane avvolto dal Manto Rosso con in testa il berretto Frigio ed un coltello in mano con il quale ucciderà il Toro, a testimonianza della lontana origine di questo copricapo. Non ci si stupirà più di vederlo raffigurato su monete, in dipinti pubblici e persino nei cartoni animati, indossato dal saggio Grande Puffo.Veniamo adesso ad indagare un altro frequente simbolo alchemico, la Fontana Misteriosa. L'artista ha camminato a lungo, ha vagato per false vie e per dubbi sentieri; ma finalmente la sua gioia esplode! Il ruscello di acqua viva scorre ai suoi piedi; sgorga, gorgogliando, dalla vecchia quercia cava «Nota questa quercia», dice semplicemente Flamel nel Livre des Figures hiéroglyphiques. Il nostro Adepto ha colpito nel segno. E così, dimenticandosi dell'arco e delle frecce con le quali, allo stesso modo di Cadmo, ha trafìtto il drago, guarda ondeggiare la limpida sorgente la cui virtù solvente e la cui essenza volatile gli sono confermate da un uccello appollaiato sull'albero. Ma qual è quell'occulta Fontana? Qual è la natura di questo potente solvente capace di penetrare tutti i metalli, in particolare l'oro, e di compiere, con l'aiuto del corpo disciolto, tutt'intera la Grande Opera? Questi sono enigmi così profondi che hanno respinto un numero considerevole di ricercatori; tutti o quasi si sono inutilmente accaniti contro questo muro impenetrabile, elevato dai Filosofi a difesa della loro cittadella. La mitologia la chiama Libethra e ci racconta che era una sorgente di Magnesia, e che nelle vicinanze c'era un'altra sorgente chiamata La Roccia. Ambedue scaturivano da una grossa roccia la cui forma assomigliava ad un seno di donna; di modo che l'acqua sembrava colare da due mammelle come se fosse latte. Ora, noi sappiamo che gli antichi autori chiamano la materia dell'Opera la mostra Magnesia e che il liquore estratto da questa magnesia è chiamato Latte della Vergine. Questa è un'indicazione. Abbastanza chiara e sufficientemente espressiva è poi l'allegoria del miscuglio o della combinazione di quest'acqua primitiva, derivata dal Caos dei Saggi, con una seconda acqua di natura differente (sebbene sia dello stesso genere). Da questa combinazione deriva una terza acqua che non bagna le mani e che i Filosofi hanno chiamato talvolta Mercurio, talvolta Zolfo a seconda che considerassero la qualità di questa acqua o il suo aspetto fisico. Infine, che la tradizione esoterica della Fontana di Vita o Fontana di Giovinezza si ritrova materializzata nei Pozzi sacri posseduti, nel medioevo, dalla maggior parte delle chiese gotiche. L'acqua che vi si attingeva era considerata di grandi virtù curative e la si usava nella cura di alcune malattie. Torneremo in seguito su quest’acqua pontica alla quale i filosofi nei secoli hanno dato numerosi epiteti dalla suggestiva dicitura. Lo strumento essenziale per lo svolgimento della Grande Opera è quello "strumenento" chiamato l’Athanor, l'occulto forno dalle due fiamme, una potenziale e l'altra virtuale, che tutti i discepoli conoscono e che numerose descrizioni e incisioni hanno contribuito a volgarizzare. Il corvo rappresenta, nella cottura del Rebis filosofale, il color nero, primo segno visibile della decomposizione, conseguenza della perfetta miscela delle materie contenute nell'Uovo. Secondo i Filosofi, è il sicuro segno del successo futuro, la prova evidente dell'esatta preparazione del composto. In un certo modo, il Corvo è il sigillo canonico dell'Opera, come la stella è la firma del soggetto iniziale. Ma questa nerezza, sperata dall'artista, da lui attesa con ansietà, la cui apparizione colma i suoi voti e lo riempie di gioia, non si manifesta solo durante la cottura. L'uccello nero appare varie volte, e questa frequenza permette agli autori di seminare la confusione nell'ordine delle operazioni. Secondo Le Breton «ci sono quattro putrefazioni nell'Opera filosofica. La prima nella prima separazione; la seconda nella prima congiunzione; la terza nella seconda congiunzione, fatta dall'acqua pesante col suo sale; la quarta, infine, nella fissazione dello zolfo. In ciascuna di queste putrefazioni arriva il colore nero.» I nostri vecchi maestri hanno potuto facilmente coprire l'arcano con uno spesso velo, mescolando le qualità specifiche delle diverse sostanze, durante le quattro operazioni che mostrano il color nero. E quindi diventa assai laborioso separare e distinguere nettamente ciò che è specifico di ciascuna di esse. Per questo, il corpo viene privato della sua anima, del suo splendore e della meravigliosa lucentezza che aveva prima, ed ora è nero e brutto. Questa massa nera o annerita, è la chiave (dicasi chiave ogni dissoluzione alchemica radicale (cioè irriducibile), talvolta questo termine viene esteso a solventi capaci di compierla.), l'inizio ed il segnale che si è perfettamente trovato il modo di operare del secondo regime della nostra preziosa pietra. Perché, dice Ermete, visto il colore nero, state pure certi che avete seguito il sentiero giusto e percorso un buon tratto di strada.» Il Mercurio filosofico è raffigurato spesso da un serpente che si avvinghia intorno ad una verga d'oro. Abramo l'Ebreo, conosciuto anche col nome di Eleazar, si servì di questo simbolo nel libro che capitò nelle mani di Flamel, cosa che non ha niente di sorprendente, perché incontriamo questo simbolo in tutto il periodo medioevale . Il serpente indica la natura aggressiva e solvente del Mercurio, che assorbe avidamente lo zolfo metallico e lo trattiene così fortemente che la coesione non può più essere vinta. Si tratta del «verme velenoso che contamina tutto col suo veleno ». Questo rettile indica il Mercurio al suo primo stadio, e la verga d'oro lo zolfo corporale che gli si aggiunge. La soluzione di zolfo o, in altre parole, l'assorbimento di esso da parte del mercurio, ha fornito il pretesto per i più svariati emblemi; ma il corpo risultante, omogeneo e perfettamente preparato, conserva il nome di Mercurio filosofico e l'immagine del caduceo Egizio del quale abbiamo narrato in precedenti. È la materia o amalgama di primo grado, uovo vetriolato che ha bisogno solo di una cottura graduale per trasformarsi prima in zolfo rosso, poi in Elisir, poi, nel terzo stadio, in Medicina universale. «Nella nostra Opera, affermano i Filosofi, basta il solo Mercurio.» La calcinazione viene spesso indicata tramite il simbolo della salamandra «che vive nel fuoco e si nutre del fuoco». Questa mitica lucertola indica nient'altro che il sale centrale, incombustibile e fisso, che conserva la propria natura anche nelle ceneri dei metalli calcinati e che gli Antichi hanno chiamato Sperma metallico. Nella violenza dell'azione del fuoco, le parti combustibili vengono distrutte; resistono solo le parti pure, inalterabili e, sebbene siano molto stabili, possono essere estratte con la lisciviazione. Per lo meno questo è il termine spagirico della calcinazione, similitudine di cui si servono spesso gli Autori per esemplificare meglio l'idea generale che si deve avere del lavoro ermetico. Tuttavia i nostri maestri dell'Arte hanno avuto cura d'attirare l'attenzione del lettore sulla differenza fondamentale che esiste tra la calcinazione volgare, come viene realizzata nel laboratorio chimico, e quella che l'Iniziato fa nel gabinetto filosofico. Essa non viene fatta per mezzo del fuoco volgare, non ha assolutamente bisogno dell'aiuto d'un riverbero, ma richiede l'aiuto d'un agente occulto, d'un fuoco segreto che, per dare un'idea della sua forma, ha più l'aspetto d'un'acqua che d'una fiamma. Questo fuoco, questa acqua ardente è la scintilla vitale comunicata dal Creatore alla materia inerte; è lo spirito racchiuso nelle cose, il raggio igneo, imperituro, chiuso nel fondo della sostanza oscura, informe e frigida. Stiamo giungendo qui nel più alto segreto dell'Opera; e saremmo ben felici di tagliare questo nodo di Gordio in favore degli aspiranti alla nostra Scienza, al ricordo, di Noi stessi che anche rimanemmo fermi nella Nostra Opera per diverso tempo, se ci fosse permesso di profanare un mistero la cui rivelazione dipende dal Padre delle Illuminazioni. Con nostro sommo dispiacere non possiamo far altro che segnalare l'ostacolo e consigliare, con i più eminenti filosofi, l'attenta lettura di Artephius (Le secret Livre d'Artephius), di Pontanus, e della piccola opera intitolata: Epistola de Igne Philosophorum. Vi si troveranno preziose indicazioni sulla natura e le caratteristiche di questo fuoco acqueo o di questa acqua ignea, indicazioni che potranno essere completate con i due testi seguenti. L'autore anonimo dei Precetti del Padre Abramo dice: «Questa acqua primitiva e celeste deve essere estratta dal corpo nel quale essa si trova; secondo noi, è chiamata con un nome di sette lettere, e rappresenta lo sperma primigenio di tutti gli esseri, non specificato e non determinato nella casa dell'Ariete per generare suo figlio. A questa acqua i Filosofi hanno dato tanti nomi, è il solvente universale, la vita e la salute di ogni cosa. I Filosofi dicono che in quest'acqua si bagnano il sole e la luna, che anch'essi si risolvono in acqua, loro origine prima. È per questo fatto che si dice ch'essi muoiono, ma i loro spiriti sono portati sulle acque di questo mare nel quale sono sepolti. Sebbene si dica, figlio mio, che ci sono altri metodi per risolvere questi corpi nella loro materia prima, attieniti a quello che io ti spiego, perché lo conosco per esperienza e nei modi in cui ci è stato tramandato dagli Antichi.» Anche Limojon de Saint-Didier scrive: «Il fuoco segreto dei Saggi è un fuoco che l'artista prepara secondo l'Arte, o almeno che egli può far preparare da coloro che posseggono una perfetta conoscenza della chimica. Questo fuoco non è caldo sul momento, ma è uno spirito igneo se introdotto in una cosa della stessa natura della Pietra, e, eccitato un poco dal fuoco esteriore, la calcina, la discioglie, la sublima, e la risolve in acqua asciutta,come dice il Cosmopolita.» Del resto, presto scopriremo altre figure che riguardano sia la fabbricazione, sia le qualità di questo fuoco segreto rinchiuso in un'acqua che costituisce, poi, il nostro solvente universale. L’Ariete ritorna come principio metallico maschile , in proposito viene in Nostro soccorso Pernety, che ci aiuta a capire meglio con queste parole : «Gli Adepti dichiarano d'estrarre il loro acciaio dal Ventre dell’Ariete e chiamano calamità anche questo acciaio.» Per comprendere gran parte del simbolismo della grande opera e di tutto il sistema ermetico è importante che voi abbiate compreso i 3 colori archetipici principali, dei quali abbiamo ampliamente trattato anche nel De Magica Arte Liber Beta (Magnetisque Corpus Magi) Parte I Parte II; ma sui quali vogliamo tornare un ultima volta, onde favorire nella comprensione di ciò anche il più profano tra i Nostri Lettori. Benché nella Grande Opera tra questi tre colori principali, intercorrano una serie di sfumature e colorazioni intermedie, il Nero, Il Bianco e Il Rosso restano i colori che troverete menzionati in tutti i trattati alchemici, o gli scritti esoterici ermetici, in quanto pregni di un profondo simbolismo archetipico. Il Nero, associato alla materia prima la Madre, femminile negativamente passiva attrattiva lunare, l’anima primordiale coagulata nella materia. Il Rosso associato allo Spirito Solare, il Padre portatore della Conoscenza positivamente attivo proiettivo e il Bianco che è associato al Figlio prodotto mediano dei precedenti incarnante l’uomo dio. Va ricordato che il Nero è però anche considerato il colore di Saturno incarnate l’Archetipo dell’Ego e dei bassi istinti Fisici e Primordiali, come ampiamente spiegato in Aureae Aetas Saturnus Deii, ma su questo archetipo occorre operare prevalentemente in quella alchimia volgarmente detta “spirituale” durante la Nigredo; questo ha un allineamento polare neutro riflettente proprio come uno specchio l’Ombra oscura di ciascun esser umano e quindi la sua cifra di uomo, solo eventualmente quadro. Nel nostro sistema Egizio sono simboleggiati da Iside, Osiride, Horus e Set. Il color nero attribuito a Saturno, in spagiria, divenne il geroglifico del piombo, in astrologia un pianeta malefico, nella scienza ermetica il drago nero o Piombo dei Filosofi, in magia la Gallina nera. Nei templi d'Egitto, quando il candidato era sul punto di superare le prove d'iniziazione, un sacerdote gli si avvicinava e gli suggeriva all'orecchio questa frase misteriosa: «Ricordati che Osiride è un dio nero!» È il colore simbolico delle Tenebre e delle Ombre cimmerie, quelle di Satana, al quale si offrivano delle rose nere, ed è anche il colore del Caos primitivo, nel quale gli spermi di tutte le cose sono confusi e mescolati; è la sabbia della scienza araldica e l'emblema dell'elemento terra, della notte e della morte. In queste parole, in merito alle rose nere, ricordiamo anche il Nerae Roase et Argentum Trianguli (Sinister Atri); altra Magna Confraternita che compone il Grande Oriente Ermetico dei Figli di Seth in Italia, il cui Nome alla Luce di questo scritto non dovrebbe più avere Arcani ne per gli Iniziati ne per i Profani. Come nella Genesi dei farisei o dei cristiani il giorno succede alla notte, la luce succede all'oscurità. Essa ha come segno distintivo il color bianco. I Saggi ci assicurano che, quando la materia è giunta a questo stadio, è ormai libera da ogni impurità, perfettamente lavata ed esattamente purificata. Essa si presenta allora sotto l'aspetto di granuli solidi o corpuscoli brillanti, dai riflessi adamantini e d'una splendente bianchezza. Il bianco è stato anche applicato alla purezza, alla semplicità, all'innocenza.

Il color bianco è quello degli Iniziati, perché l'uomo che abbandona le tenebre per seguire la luce, passa dallo stadio profondo a quello d'Iniziato, di puro. Spiritualmente si è rinnovato. Pierre Dujois scrive: «II termine di Bianco, è stato scelto per delle ragioni fìlosofìche assai profonde. Il color bianco, come attesta la maggioranza delle lingue, ha sempre indicato la nobiltà, il candore, la purezza. Secondo il celebre Dizionario-Manuale ebreo e caldeo di Genesius, hur, heur, significa essere bianco; hurim, heurim indica i nobili, i bianchi, i puri. Questa trascrizione dall'ebreo, più o meno variabile (hur, heur, hurim, heurim) ci conduce alla parola heureux. I bienheureux quelli che sono stati rigenerati e lavati col sangue dell'Agnello, sono sempre rappresentati con degli abiti bianchi. Nessuno ignora che beato è l'equivalente, il sinonimo di Iniziato, di nobile, di puro. E gli Iniziati vestivano di bianco. I nobili si vestivano allo stesso modo. Anche i Mani, in Egitto, erano vestiti di bianco. Ftah, il Rigeneratore, era avvolto di bianco, per indicare la nuova nascita dei Puri o dei Bianchi. I Catari, confraternita alla quale appartenevano i Bianchi di Firenze, erano i Puri. In latino, in tedesco, in inglese, le parole Weiss, White, significano bianco, felice, spirituale, saggio. Invece, in ebreo, schher indica un colore nero di transizione; cioè il profano che cerca la iniziazione. Portai dice che l'Osiride nero, che appare all'inizio del Rituale funebre, rappresenta questo stato d'animo che passa dalla notte al giorno, alla morte alla vita.» Quanto al color rosso, simbolo del fuoco, indica l'esaltazione, il predominio dello spirito sulla materia, la sovranità, la forza. Ottenuta sotto forma di cristallo o di polvere rossa, volatile e fusibile, la pietra filosofale diventa penetrante e adatta a guarire i lebbrosi, cioè a trasmutare in oro i metalli volgari che a causa della loro ossidabilità sono inferiori, imperfetti, « malati o infermi». Paracelso, nel Livres des Images, cosi parla delle successive colorazioni dell'Opera: «Sebbene esistano alcuni colori elementari perché l'azzurro è più particolarmente proprio della terra, il verde dell'acqua, il giallo dell'aria e il rosso del fuoco, tuttavia, i colori bianco e nero si riferiscono direttamente all'arte spagirica, nella quale ritroviamo anche i quattro colori primitivi, cioè il nero, il bianco, il giallo ed il rosso. Il nero è la radice e l’origine degli altri colori perché la materia nera non può essere riverberata cioè scaldata in un forno a riverbero per il tempo necessario, in modo che i tre altri colori appaiono successivamente e ciascuno a suo tempo. Al nero succede il bianco, il giallo al bianco ed il rosso al giallo. Ora, ogni materia giunta al quarto colore per mezzo della riverberazione è la tintura delle cose del suo tipo, cioè della propria natura.» Per dare un'idea dell'estensione assunta dalla simbologia dei colori, e specialmente dai tre colori maggiori dell'Opera, notiamo che la Vergine Iside è sempre rappresentata drappeggiata in blu (corrispondente al nero, come spiegheremo in seguito), il Dio Osiride in Rosso e il Figlio Horus in Bianco. Sono questi i colori nazionali della bandiera francese, che, del resto, fu composta dal massone écribouille Louis David. In esso il blu scuro o il nero rappresenta la borghesia; il bianco rappresenta il popolo, gli uomini comuni e i contadini, ed il rosso è riservato all’autorità o alla sovranità come la porpora nella Roma Imperiale. In Caldea, le Ziggurat, che normalmente erano delle torri a tre piani, ed alla cui categoria appartiene anche la famosa Torre di Babele, erano rivestite di tre colori: nero, bianco e rosso-porpora. Fino ad ora abbiamo parlato dei colori da un punto di vista soltanto teorico, e, come i Maestri hanno fatto prima di noi, per obbedire alla dottrina filosofica e all'espressione tradizionale. Ora sarebbe forse conveniente scrivere, in favore dei Figli della Scienza, qualcosa che riguardi la pratica e non la speculazione, per scoprire, così, che cosa differenzia la similitudine dalla realtà. Pochi Filosofi hanno osato avventurarsi su questo terreno infido, Fulcanelli è stato uno di questi e anche grazie al suo Eterno contributo possiamo provare ad entrare con passo fiero e senza esitazione in questo territorio lessicale. Imparate, dunque, non in che cosa un colore si distingue da un altro, ma piuttosto con che cosa si distingue un regime da un altro. E, per prima cosa, che cos'è un regime? Semplicemente il modo di far vegetare, di mantenere e d'accrescere la vita che la vostra pietra ha ricevuto alla sua nascita. Si tratta, quindi, d'un modus operandi, che non è forzatamente tradotto in una successione di colori diversi. Filalete scrive: «Chi conoscerà il Regime sarà onorato dai principi e dai grandi della terra.» Lo stesso autore aggiunge: «Noi non vi nascondiamo nient'altro che il Regime.» Ora, per non attirare sul nostro capo la maledizione dei Filosofi, rivelando ciò che essi hanno creduto di dover lasciare nell'ombra, ci accontenteremo d'avvertirvi che il Regime della pietra, cioè la sua cottura, ne contiene parecchie altre, cioè parecchie altre ripetizioni dello stesso modo d'operare. Riflettete, ricorrete all'analogia, e, soprattutto, non vi allontanate mai dalla semplicità naturale. Pensate che dovete mangiare tutti i giorni per conservare la vostra vitalità; che vi è indispensabile il riposo perché esso fornisce, da una parte, la digestione e l'assimilazione dell'alimento, e, dall'altra, il rinnovamento continuo delle cellule consunte dal lavoro quotidiano. E in più, non dovete forse espellere frequentemente alcuni prodotti eterogenei, scarti o residui non assimilabili? Allo stesso modo, la vostra pietra ha bisogno di nutrimento per aumentare la propria potenza e questo nutrimento deve essere graduale, ed anche variato ad un certo momento. Date prima il latte; la dieta a base di carne, più sostanziosa, verrà in seguito. E non dimenticate, dopo ogni digestione di separare gli escrementi, perché la vostra pietra potrebbe esserne avvelenata. Seguite, quindi, la natura ed obbeditele il più fedelmente possibile.

Quando avrete acquistato la conoscenza perfetta del Regime, capirete in che modo conviene effettuare la cottura. Capirete meglio, così, l'apostrofe che Tollius rivolge ai soffiatori, schiavi della lettera: «Andate, e ritiratevi adesso, voi che cercate con una diligenza infinita i vostri diversi colori nelle vostre bocce di vetro. Mi avete stancato con il vostro nero di corvo; siete altrettanto pazzi di quell'uomo dell'antichità che applaudiva, a teatro, per abitudine, anche s'era solo, perché s'immaginava d'aver sempre davanti agli occhi qualche nuovo spettacolo. Lo stesso fate anche voi, quando piangendo dalla gioia v'immaginate di vedere nelle vostre bocce di vetro la vostra bianca colomba, la vostra aquila gialla ed il vostro fagiano rosso. Andate, vi ripeto, allontanatevi da me, se cercate la pietra filosofale in una cosa fissa; perché essa non penetrerà i corpi metallici più di quanto non farebbe il corpo d'un uomo con le più solide mura. «Ecco ciò che avevo da dire dei colori, perché abbandoniate i vostri inutili lavori in avvenire; aggiungerò a questo qualcosa concernente l'odore. «La Terra è nera, l'Acqua è bianca; l'aria più si avvicina al Sole e più ingiallisce; l'etere è completamente rosso. La morte, come diciamo tutti, è nera, la vita è piena di luce; più la luce è pura e più essa s'avvicina alla natura divina e gli dei sono puri spiriti di fuoco. Ora, l'odore d'un morto o d'un cadavere non è forse molesto e sgradevole all'odorato? Cosi l'odore fetido, di cui parlano i Filosofi, indica la fissazione; al contrario invece l'odore gradevole indica la volatilità, perché essa s'avvicina alla vita ed al calore.» Altra figura simbolica che ricorre nei trattati ermetici è quella del Grifone mostro mitologico, la cui testa ed il cui petto sono d'aquila e per il resto del corpo è un leone. Questo ermeticamente inizia lo studioso alle qualità contrarie che necessariamente devono essere congiunte nella materia filosofale. Questo lavoro faticoso e fastidioso che i Filosofi hanno talvolta chiamato: aquile. L'intera sessione operativa termina con l'unione intima dello zolfo e del mercurio che si chiama anche Sublimazione. Mediante la ripetizione delle Aquile o Sublimazioni filosofiche il mercurio esaltato si spoglia delle sue parti grossolane e terrestri, della propria umidità superflua ed acquista una parte del corpo fisso, ch'egli discioglie, assorbe ed assimila. Far volare l'aquila, secondo l'espressione ermetica, significa far uscire la luce dalla tomba e portarla alla superficie, cosa, questa, caratteristica di ogni vera sublimazione. È quello che c'insegna la favola di Teseo ed Arianna. In questo caso Teseo, luce organizzata e manifestata, che si separa da Arianna, il ragno che è al centro della sua tela, la pietra, il guscio vuoto, il bozzolo, la larva della farfalla (Psiche).» Sappi, fratello mio, scrive Filalete, che l'esatta preparazione delle Aquile volanti è il primo stadio della perfezione e per apprenderlo c'è bisogno d'un'intelligenza industriosa ed abile. Per arrivarci noi abbiamo sudato e lavorato molto, abbiamo persino passato delle notti senza dormire. Così tu, che sei soltanto all'inizio, sii convinto che non riuscirai nella prima operazione senza un gran lavoro. «Comprendi dunque, fratello mio, ciò che dicono i Saggi, quando sottolineano che portano le loro aquile a divorare il leone; e meno aquile si usano più la battaglia è rude e più difficoltà ci sono per ottenere la vittoria. Ma per perfezionare la nostra Opera, c'è bisogno di non meno di sette aquile, e se ne dovrebbe usare almeno nove. Il nostro Mercurio filosofico è l'uccello d'Ermes che viene chiamato anche Oca o Cigno e talvolta anche Fagiano.» Per segnalare la violenza del combattimento che precede questa nostra congiunzione, i Saggi hanno simbolizzato le due nature con l'Aquila ed il Leone, di eguale forza, ma di costituzione contraria. Il leone impersona la forza terrestre e fissa, mentre l'aquila esprime la forza dell'aria e volatile. Messi uno davanti all'altro, i due campioni si attaccano, si respingono, si sbranano con decisione fino a quando, avendo l'aquila perso le ali ed il leone la testa, i due antagonisti formano un corpo solo di qualità intermedia e di sostanza omogenea, il Mercurio animato. L’Alchimista per riuscire nella sua Grande Opera, deve individuare e captare il Fuoco della Natura senza il quale niente può vegetare ne crescere; è questo spirito, diffuso sulla superficie del globo, che deve essere individuato dall'artista ingegnoso, man mano che procede nella materializzazione. Aggiungeremo ancora che c'è bisogno d'un corpo particolare che funge da ricettacolo, di una terra attraente nel quale esso possa trovare il principio suscettibile di riceverlo e di «corporificarlo». «La radice dei nostri corpi è nell'aria, dicono i Saggi, ed il loro capo è nella terra.» Quest'ultimo è quella calamita chiusa nel ventre di Ariete, che deve essere colta nell'attimo della sua nascita, con accortezza e abilità. «L'acqua di cui noi ci serviamo, scrive l'autore anonimo della Clef du Cabinet Hermétique, è un'acqua che racchiude in sé tutte le virtù del cielo e della terra; per questo essa è il Solvente generale di ogni Natura; essa apre le porte del nostro gabinetto ermetico e regale; in essa sono chiusi il nostro Re e la nostra Regina, e quindi, essa è il loro bagno. È la fontana del Trevisano, nella quale il Re si spoglia del proprio mantello di porpora per vestirsi d'un abito nero. È vero che è difficile procurarsi quest'acqua; per questo il Cosmopolita dice, nel suo Enigma, ch'essa era rara nell'isola. Quest'ultimo autore ce la segnala più particolarmente con queste parole: non assomiglia all'acqua delle nubi, ma ne possiede l'apparenza. In un altro passo ce la descrive con i nomi di acciaio e calamita, perche si tratta d'una vera e propria calamita che attira verso di sé tutte le influenze del cielo, del sole, della luna e degli astri, per comunicarle alla terra. Egli dice che questo acciaio si trova in Ariete, che segna l'inizio della Primavera, quando il sole entra nella costellazione dell'Ariete. E a questo proposito rimandiamo i Nostri più fedeli lettori al Nostro De Magica Arte Liber Beta Magnetisque Corpus Magi Parte I, in cui attraverso una digressione sulla precessione degli equinozi abbiamo cercato di fissare un difficile ed intimo concetto. Ora è giunto il momento per scoprire uno dei grandi segreti di quest'Arte, che i Filosofi hanno tenuto nascosto, senza il Vaso non potrete mai raggiungere la putrefazione e la purificazione dei nostri elementi, proprio come non si potrebbe fare il vino se non lo si sia lasciato fermentare nel tino. Poiché la botte è di legno di quercia, anche il vaso deve essere in legno di vecchia quercia, arrotondato all'interno come una semisfera, e dai bordi, molto spessi, formanti un quadrato; in mancanza di questo basta un barile, coperto con un altro badie. Quasi tutti i Filosofi hanno parlato di questo Vaso assolutamente necessario per questa operazione. Filalete lo descrive per mezzo della favola del Serpente Pitone che Cadmo trafìsse, da parte a parte, contro una quercia. Veniamo adesso alla Figura ricorrente del Leone, I saggi hanno attribuito ad esso diverse qualità, sia per esprimere l’aspetto delle sostanze sulle quali lavoravano, sia per indicare una qualità speciale e preponderante. Nell’emblema del Grifone, abbiamo visto che il Leone, re degli animali terrestri, rappresenta la parte fissa, basica d’un composto, fisità che, a contatto con la volatilità contraria, perdeva la parte migliore di sé, quella che ne caratterizzava la forma, cioè il linguaggio geroglifico, la testa. Questa volta dobbiamo studiare l’animale da solo, ed ignoriamo di quale colore può essere vestito. Generalmente, il Leone è il segno dell’oro, segno sia alchemico che naturale; tra i due, cioè, le proprietà fisico-chimiche di questi corpi. Ma i testi danno lo stesso nome alla materia che, nella preparazione del solvente, accoglie in sé lo Spirito universale, il fuoco segreto. In ambedue i casi si tratta sempre dell’interpretazione della potenza, dell’incorruttibilità, della perfezione come del resto è assai ben indicato dal valoroso con la spada levata, dal cavaliere coperto dalle cotte di maglia che ci rappresenta il re del bestiario alchemico. Il primo agente magnetico che serve a preparare il solvente, alcuni lo hanno chiamato Alkaest, si chiama Leone verde, non tanto perché possiede una colorazione verde, ma perché non ha ancora acquisito i caratteri minerali che distinguono chimicamente lo stato adulto dallo stato nascente. È un frutto ancora verde ed acerbo, se paragonato al frutto rosso e maturo. È la giovinezza metallica, sulla quale non ha ancora agito l'Evoluzione, ma che contiene in sé il germe latente d'una energia reale, che più tardi sarà destinata a svilupparsi. È lo stadio in cui sono l'arsenico ed il piombo in confronto all'argento ed all'oro. È l'imperfezione di oggi da cui deriverà la più grande perfezione futura; il rudimento del nostro Elisir.Alcuni Adepti, tra essi Basilio Valentino, lo hanno chiamato Vetriolo verde, per significare la sua natura calda, ardente e salina; altri, invece, Smeraldo dei Filosofi, Rugiada di maggio, Erba di Saturno, Pietra vegetale, ecc. «La nostra acqua, dice Mastro Atrnaud de Villeneuve, prende il nome delle foglie di tutti gli alberi, degli alberi stessi e di tutto ciò che ha un colore verde, per ingannare gli insensati.» Quanto al Leone rosso, secondo i Filosofi, non è altro che la stessa materia, o Leone verde, portata mediante speciali procedimenti a questa tipica qualità che caratterizza l'oro ermetico o Leone rosso. Per questa ragione Basilio Valentino ci dà questo consiglio: «Sciogli e nutrisci il vero Leone col sangue del Leone verde, perché il sangue fisso del Leone rosso è ricavato dal sangue volatile di quello verde, perché ambedue posseggono la medesima natura.» La chiave interpretativa fornita per comprendere il posto delle sostanze psicoattive nel percorso spirituale è quella appunto dell'Alchimia. In Alchimia come avete potuto appurare sino ad ora si parla spesso di "solventi", "acque corrosive", "aceti filosofici" ed è dietro il velo di questi termini che bisogna cercare i riferimenti all'uso di sostanze enteogene. Lo stesso si dica: per ciò che, con un gergo dei più sconcertanti, viene designato in certi testi alchemici con urina vini, equivalente a ‘urina di ubbriaco.

La tecnica basantesi sull’azione di particolari sostanze può essere fatta rientrare in quella categoria di metodi che prende il nome di "via umida, così chiamata perché in essa agisce soprattutto la forza delle Acque, vale a dire delle energie vitali, messe in libertà: È come l’aprirsi di una diga. Ciò che come Mercurio o vita fissata e chiusa nel corpo era in stato di schiavitù e di arresto, con la separazione è posto nello stato di una assoluta libertà. Ma si tratta di vedere sino a che punto la coscienza sappia sostenere l’inaspettato cambiamento di stato e trasformarsi attivamente, tanto da mantenere una continuità e da realizzarlo appunto come una liberazione. Nella via umida c'è una brusca trasformazione che porta immediatamente la coscienza, in modo discontinuo, da uno stato ad un altro, in contrasto con l'ascesi e la disciplina della "via secca", in cui è il “Fuoco” della volontà che opera lentamente sull'Io purificandolo dalle impurità.Il discepolo non deve dimenticare che l'oggetto di queste istruzioni è sempre un'« acqua corrosiva ». Con questo vogliamo dire che la presenza di un nucleo interno essenziale, il quale non si lascia sommergere (tanto evitare la tossicomania) ed è in condizione di mantenersi, è, qui, un ovvio presupposto. Ciò non impedisce che l'uso di tutte queste sostanze (a differenza dei semplici eccitanti) ha come conseguenza inevitabile una disgregazione nei riguardi della compagine psichica complessiva. Solo quel nucleo non è leso. In altri termini, si ha l'effetto opposto a quello a cui può condurre la via di una integrazione crescente di tutti i principi sottili, psichici e psico-fisici intorno al nucleo dell'Io. Tutto ciò che si fosse realizzato in questo diverso senso va perduto, è compromesso con l'uso di dette sostanze. Così il discepolo deve riflettere, e considerare che, se per motivi seri, si è deciso per l'uso della tecnica delle acque corrossive, egli deve attendersi che per mesi, talvolta anche per anni, si possano stabilire condizioni negative per tutto quello che egli può realizzare seguendo l'altra via (integrazione psico-fisica); e dovrà pazientare, a questo riguardo, prima di ritrovarsi al punto di partenza. Seguire invece esclusivamente la tecnica delle acque corrosive eleggendola a sistema di tutta la propria via e di tutta la propria vita, è l'altra possibilità, la quale è però cosi rischiosa, da potersi prospettare solo a individualità con una qualificazione, una costituzione e un sistema magico di sicurezza più che eccezionali. Come in tutte le Opere, anche nella divulgazione controllata di concetti, bisogna avere un onestà intellettuale, la verità è che non esistono ebbrezze sacre opposte a ebbrezze profane, ma una ebbrezza è sacra oppure profana a seconda del modo con cui il discepolo l’assume e la esperimenta, a seconda del piano su cui la lascia agire. Molti decenni prima che Leary parlasse di “set and setting”, si specifica che: gli effetti di queste sostanze sono assai diversi a seconda della costituzione, della capacità specifica di reazione e nei casi anzidetti di un loro uso non profano della preparazione spirituale e dell’intento di chi ne fa uso. Basti pensare che René Guenon, il più famoso degli esoteristi moderni, non ha mai dedicato a questi temi neppure una riga della sua pur copiosa opera. Ai nostri giorni, abbondano i libri e le riviste in cui presunti “iniziati” ricamano fantasiosi arazzi di congetture su questo o quell’aspetto della Tradizione salvo non nominare neppure di sfuggita le acque corrosive se non al limite per mettere in guardia sulla loro pericolosità. A questo riguardo, Terence McKenna ebbe una volta a dire una cosa divertente, cioè che i seguaci dei vari gruppi di esoterismo e New Age hanno una predilezione per tutti i più strani metodi di modifica della coscienza ad esclusione di quelli efficaci. Nella “via iniziatica” alle droghe di Evola e dei suoi compagni di viaggio le sostanze psicotrope sono uno strumento a disposizione dell’adepto nel suo tentativo di superare la soglia che separa l’uomo comune, limitato e mortale, dal mondo degli dei e degli eroi. Non contano i mezzi ma i fini. Sulla stessa via iniziatica si possono collocare, in età moderna, i membri di società segrete come la Golden Dawn o l’Ordo Templi Orientis, e in particolare Alesteir Crowley. Quest’ultimo sosteneva di utilizzare un metodo scientifico per studiare quello che gli altri chiamavano esperienze “spirituali”. La sua rivista The Equinox aveva infatti come motto “Il metodo della scienza, lo scopo della religione”. In questo può essere anch’egli considerato un precursore di Leary e della ricerca sugli stati di coscienza. Nonostante queste altisonanti affermazioni, nelle opere di Crowley c’è però ben poco di scientifico ed esse hanno perciò ricevuto scarsa attenzione al di fuori dei circoli occultistici e alternativi. Per personaggi come Aldous Huxley, Timothy Leary e Terence McKenna possiamo, invece, parlare di una “via utopistica”. Di solito noi restringiamo alle sole civiltà extraoccidentali l’uso di sostanze allucinogene, vedendo in questo un evento tutto sommato primitivo, nel senso più limitante del termine. Il fatto però che certi nostri diretti antenati, quelli che hanno riempito la bocca dei grandi pensatori dell’occidente di parole quali essenza, anima, Dio ecc., abbiano indagato i misteri dell’uomo durante i loro stati di ebbrezza è cosa che può lasciare interdetti. Eppure, se accogliamo le conclusioni circa la natura chimica dell’estasi di Eleusi, ai cui riti Platone non mancò di partecipare, non possiamo non accettare la sfida. Chiunque abbia sperimentato la potenza di un viaggio psichedelico sa quanto sia difficile riuscirne a definire e catalogare i complessi percorsi. Se le incertezze di Platone segnano tutto sommato un’epoca di umiltà, quando ancora si riteneva indispensabile il contatto con l’ineffabile, che lui definiva il mondo delle idee, i filosofi a lui succeduti cominciarono invece a catalogare, analizzare, discettare di razionalità, insomma a delimitare il campo visivo. Rimanendo in questa zona d’ombra, che alcuni hanno definito lo spegnersi di un mondo, possiamo ritenere che qui cominci il grande esilio dell’umanità da sé stessa. Concludendo, possiamo dire che l’esperienza psichedelica è così misteriosa e stupefacente, talvolta Illuminante che ciascuna di queste vie cerca di catturarne una parte, di renderla in qualche modo interpretabile e comprensibile. E questo può avvenire a San Francisco, a Basilea, in Amazzonia o, come pochi forse immaginavano, nella Roma fascista degli anni ’20. Sarà forse per questo che uno sciamano di una tribù di nativi americani disse una volta che loro (gli indiani) grazie a quelle piante parlavano con Dio, mentre noi (gli occidentali) parlavamo di Dio! Concludiamo qui, questa Doverosa parentesi in merito al’Identità delle acque corrosive, invitando i Nostri lettori ad non avventurarsi in territori di vane sperimentazioni in quanto dette sostanze sono pericolose, illegali e soprattutto l’utilizzo profano che potrebbe esserne fatto , è solo deleterio per la salute fisica e l' integrità mentale e vi assicuriamo che detta sperimentazione non porterebbe a Nulla di buono e di costruttivo. Per tanto gli Autori si sollevano da qualsiasi ed eventuale responsabilità legale e Morale in merito all’uso di dette sostanze tra eventuali lettori. Considerato come segno zodiacale, il Toro è il secondo mese delle operazioni preparatorie della prima opera e il primo regime di fuoco elementare della seconda. Considerati dal punto di vista della pratica alchemica, il toro ed il bue erano consacrati al sole, proprio come la vacca lo è alla luna, e raffigurano lo Zolfo, principio maschile, dato che il sole è chiamato metaforicamente da Ermes, Padre della pietra. Quindi, il toro e la vacca, il sole e la luna, lo zolfo ed il mercurio sono dei geroglifici d'identico significato ma indicano le nature primitive contrarie, prima della loro congiunzione, nature che l'Arte sa estrarre dai miscugli imperfetti. Il cavallo, invece è simbolo di rapidità e leggerezza, indica la sostanza spirituale; il suo cavaliere indica la pesantezza del corpo metallico grezzo. L'assorbimento del fisso da parte del volatile avviene lentamente e a fatica. Per riuscirvi bisogna avere molta pazienza e perseveranza e ripetere spesso l'effusione dell'acqua sulla terra, dello spirito sul corpo. Soltanto con questa tecnica. per la verità lunga e fastidiosa, si riesce ad estrarre il sale nascosto del Leone rosso con l'aiuto dello spirito del Leone verde. Lo specchio simboleggia l'inizio dell'opera, l'Albero della Vita ne indica la fine e il corno dell'abbondanza o cornucopia si riferisce al risultato. Alchemicamente, la materia prima, quella che l'artista deve prescegliere per iniziare l'Opera, è chiamata Specchio dell'Arte. È cosi che lo indica anche il Cosmopolita quando parla dello Zolfo: «Nel suo regno c'è uno specchio nel quale si può vedere tutto il mondo. Chiunque guardi in questo specchio può vedere ed imparare le tre parti della Sapienza di tutto questo mondo, ed in questo modo diventerà assai sapiente in questi tre regni, come lo sono stati Aristotele, Avicenna e molti altri; i quali, come i loro predecessori, hanno potuto vedere in questo specchio in che modo è stato creato il mondo.» Basilio Valentino, nel suo Testamentum, scrive: «L'intero corpo del Vetriolo deve essere considerato proprio come uno Specchio della Scienza filosofica. È uno Specchio nel quale si vede brillare ed apparire il nostro Mercurio, nostri Sole e Luna, e per mezzo suo in un attimo si può mostrare e provare all'incredulo Tommaso la cecità della sua crassa ignoranza.» Questo soggetto. Inizialmente volgare e vile diventa in seguito l'Albero della Vita, Elisir o Pietra filosofale, capolavoro della natura aiutata dalla capacità umana, puro e ricco gioiello alchemico. Sintesi metallica assoluta, essa assicura al fortunato possessore di questo tesoro il triplo appannaggio del sapere, della ricchezza e della salute. È il corno dell'abbondanza, sorgente inestinguibile delle felicità materiali del nostro mondo terreno. Ricordiamo infine che lo specchio è l’attributo della Verità, della Prudenza e della Scienza presso tutti i poeti e mitologi greci.Veniamo ora al così detto peso della Natura, Nessun Filosofo è stato prolisso circa il segreto dei pesi. Basilio Valentino s'è accontentato di dire che bisognava « dare un cigno bianco al doppio uomo igneo » che corrisponderebbe a ciò che si può vedere nel Sigillum Sapìentum di Huginus a Barma, in cui l'artista tiene una bilancia di cui un piatto trascina l'altro secondo il rapporto di due a uno. Il Cosmopolita, nel suo Trattato sul Sale, è ancora meno preciso: «Il peso dell'acqua, egli dice, deve essere plurale, e quello della terra in lamelle bianche o rosse deve essere singolare.» L'autore degli Aphorismes, scrive nel canone XVI: «Noi iniziamo la nostra opera ermetica con la congiunzione di tre principi preparati con una certa proporzione, essa si basa sul peso del corpo, che deve eguagliare lo spirito e l'animo quasi per metà.» Se ne hanno parlato anche Raimondo Lullo e Filalete, molti hanno preferito tacere; alcuni pretendono che solo la natura attribuiva le qualità secondo un'armonia misteriosa ignorata dall'Arte. Ma queste contraddizioni non resistono ad un esame approfondito. Infatti, sappiamo che il mercurio filosofico deriva da una determinata quantità di mercurio che ha assorbito una certa parte di zolfo; quindi è indispensabile conoscere esattamente le reciproche proporzioni dei componenti, se si segue la via antica. Non abbiamo certo bisogno di ricordare che queste proporzioni sono avvolte da similitudini e coperte d'oscurità, anche negli scritti degli autori più sinceri. Ma si deve notare, d'altra parte, che è possibile sostituire l'oro volgare allo zolfo metallico; in questo caso, l'eccesso di solvente può sempre essere separato mediante distillazione, ed il peso si trova ridotto ad un semplice apprezzamento della consistenza. È chiaro che la bilancia costituisce un indizio prezioso per la determinazione della via antica, dalla quale sembra che si debba escludere l'oro. Ci vogliamo riferire all'oro volgare che non ha subito né la volatilizzazione né la trasfusione, operazioni che, modificando le sue proprietà ed i suoi caratteri fisici, lo rendono adatto al lavoro dell'alchimista. Una soluzione particolare e poco usata ci è dettata da uno dei cartigli che noi stiamo studiando. È quello dell'argento vivo volgare, per ricavare il mercurio comune dei Filosofi, che essi chiamano il «nostro» mercurio, per distinguerlo dal metallo fluido dal quale proviene. Sebbene si possano incontrare frequentemente delle descrizioni abbastanza estese su quest'argomento, non nasconderemo che una tale operazione ci sembra azzardata, se non addirittura sofistica. Secondo il punto di vista degli autori che ne hanno parlato, il mercurio volgare, purificato da ogni impurità e perfettamente volatilizzato, assumerebbe una qualità ignea che normalmente non ha, e sarebbe capace di diventare, a sua volta, solvente. Si deve quindi vedere in questa tecnica, supponendo ch'essa possa fornire l'atteso solvente, solo una modificazione della via antica, e non una pratica speciale, perché l'agente resta sempre lo stesso. Ora, noi non vediamo che vantaggio si potrebbe ricavare da una soluzione di mercurio ottenuta per mezzo del solvente filosofico, dato che proprio quest'ultimo è l'agente principale e segreto per eccellenza. nIl servus fugitivus di cui abbiamo bisogno è un'acqua minerale e metallica, solida, fragile, che ha l'aspetto di pietra ed è molto facile da liquefarsi. Quest'accia coagulata in forma di massa pietrosa è l’Alkaest (Secondo Van Helmont si tratta d'un solvente capace di riportare alla loro vitalità primitiva tutti i corpi della natura) e Solvente Universale. Tutti questi simboli, che nei secoli hanno animato i diari degli Alchimisti, dei Filosofi, hanno affrescato le cattedrali gotiche, come ci Racconta il Buon Fulcanelli, nella sua Opera, il Mistero delle Cattedrali Gotiche, provengono tutti dall’Egitto ove, vennero studiati e assimilati da pensatori greci ed esuli iniziati che hanno portato questo smeraldo di scienza ermetica, insieme ad altre pratiche, dalla teurgia alla magia, nel’Occidente e nel Nostro Italico Paese. Certamente molti di questi, spesso ignorandone l’Arcamo intimo significato furono assorbiti dalla Religione Cattolica Cristiana, la quale ha attinto da questa e da altre scuole, date, simboli, e concetti, piegandoli alle sue mediocri allegorie antropomorfe, che presentate ad un gregge di ignoranti profani, quali erano il novanta per cento degli abitanti che hanno popolato l’Europa e ol medi oriente da l’anno 0 al XVIII secolo, hanno solo contribuito all’oscurantismo, all’ignoranza e alla bestialità umana. Non vogliamo sottolineare oltre i misfatti della Romana chiesa, ne quelli commessi direttamente, tanto meno quelli di cui si è indirettamente macchiata, perché non ne è questa la sede, ne tanto meno il tema di questo scritto, credendo più che chiara, dalla lettura dei Nostri scritti, la nostra posizione in merito. Portiamo adesso un esempio di ermetismo egizio, Su di un sarcofago del Louvre, che aveva contenuto la mummia d'un prete di nome Poeris, scriba d'un tempio di Tebe, si può osservare sul lato sinistro il dio Sou, che sostiene il cielo con l'aiuto del dio Knubis (anima del mondo), mentre ai loro piedi giace il dio Ser o Set (Saturno) sdraiato, dalle membra di colore verde. E’ di fondamentale importanza per la comprensione della scienza ermetica e dell’Opera alchemica fissare l’allegoria tra i sette pianeti e i metalli corrispondenti tanto che questi sono fondamentali anche per le pratiche magiche teurgiche e divinatorie. II sole indica l'oro, l'argento vivo il Mercurio; Saturno il piombo. Venere il bronzo; La Luna l'argento, Giove lo stagno, ed in fine Marte il ferro. Come c'insegna il Cosmopolita: «Guarda il cielo e le sfere dei pianeti; vedi come Saturno è il più in alto di tutti, a lui succede Giove, e poi Marte, il Sole, Venere, Mercurio ed infine la Luna. Ora considerate che le virtù dei pianeti non salgono ma scendono; anche l'esperienza c'insegna che Marte si converte facilmente in Venere, e non Venere in Marte, perché essa è più in basso di una sfera. Così Giove si tramuta facilmente in Mercurio, perché Giove è più in alto di Mercurio, il primo è il secondo dopo il firmamento, l'altro è il secondo sopra la terra; e Saturno è quello più in alto e la Luna quella più in basso; il Sole si mescola con tutti ma non è mai migliorato dagli inferiori. Noterai che c'è una grande corrispondenza fra Saturno e la Luna, in mezzo ad essi, infatti, c'è il Sole, lo stesso accade per Mercurio e Giove, Marte e Venere, che hanno tutti il Sole posto nel mezzo, tra di loro.» Di rilevante importanza nella Grande Opera rivestono anche tutte le allegorie simboliche dello zodiaco , se presenti in un opera ermetica, in quanto queste possono velare un suggerimento per l’Inizio dell’Opera, sono i mesi primaverili che indicano l'inizio del lavoro ed il tempo propizio per le varie operazioni e sono il Toro, l’Ariete e i Gemelli. Le stagioni Filosofiche scandiscono il buon corso della Grande Opera, lo Spinto universale, corporificato nei minerali con il nome alchemico di Zolfo, costituisce il principio e l'agente efficace di ogni tintura metallica. Ma questo Spirito, questo rosso sangue dei fanciulli, può essere ottenuto solo scomponendo ciò che la natura aveva prima composto in essi. Quindi è necessario che il corpo perisca, che sia crocifisso e che muoia se se ne vuole estrarre l'anima, la vita metallica e la Rugiada celeste, ch'esso teneva rinchiusa. E questa quintessenza, travasata in un corpo puro, fisso, perfettamente digerito, farà nascere una nuova creatura, assai più splendente dei corpi da cui deriva. I corpi non hanno alcuna possibilità d'agire gli uni sugli altri; solo lo spirito è attivo ed agente.Per questa ragione, i Saggi, sapendo che il sangue minerale di cui avevano bisogno per animare il corpo fisso ed inerte dell'oro non era altro che una condensazione dello Spirito universale, anima di tutte le cose: sapendo che questa condensazione, sotto la forma umida, capace di penetrare e rendere vegetative le misture sublunari, avveniva soltanto di notte, col favore delle tenebre, del cielo puro e dell'aria calma; sapendo, infine, che la stagione in cui essa si manifestava più attivamente e più abbondantemente corrispondeva alla primavera celeste, i Saggi, per tutte queste ragioni, le diedero il nome di Rugiada di Maggio. A questo punto, non dovrebbe sorprendere i Nostri lettori se Thomas Corneille dichiara che i grandi maestri della Rosa-Croce erano de la Rosée-Cuite (Fratelli della Rugiada-Cotta. Anche qui c'è l'accostamento cabalistico tra Rose (rosa) e Rosee (rugiada), e questo era il significato ch'essi davano alle iniziali del loro ordine: F.R.C. Vorremmo poter dire di più su quest'argomento d'estrema importanza e mostrare come la Rosee de Mai (Rugiada di Maggio) (Maia era la madre di Ermes), umidità vivificante del mese di Maria, la Vergine Madre, si estragga facilmente da un corpo particolare, abietto e disprezzato, del quale abbiamo già descritto le caratteristiche, se non esistessero dei limiti invalicabili. Abbiamo raggiunto il più alto segreto dell'Opera e desideriamo mantenere il nostro giuramento. È questo il Verbum dimissum del Trevisano, la Parola perduta dei frammassoni medioevali, quella che tutte le Confraternite ermetiche speravano di trovare, e la cui ricerca costituiva lo scopo dei loro lavori e la ragione d'essere della loro esistenza (Tra i più celebri centri d'iniziazione di questo tipo citeremo gli ordini degli Illuminati, dei Cavalieri dell'Aquila nera, delle Due Aquile, dell’Apocalisse; i Fratelli Iniziali dell'Asia, della Palestina, dello Zodiaco; le Società dei Fratelli neri, degli Eletti Coëns, dei Mopsi, delle Sette-Spade, degli Invisibili, dei Principi della Morte; e poi i Cavalieri del Cigno, istituiti da Elia, i Cavalieri del Cane e del Gallo, i Cavalieri della Tavola rotonda, della Genetta, del Cardo, del Bagno, della Bestia morta, dell'Amaranto, ecc). Post tenebras lux. Non dimentichiamolo. La luce nasce dalle tenebre; essa è diffusa nell'oscurità, nel buio, come il giorno lo è nella notte. È dal Caos oscuro che fu estratta la luce riunendo i suoi raggi dispersi, e se, nel giorno della Creazione, lo Spirito divino si muoveva sulle acque degli Abissi, Spiritus Domini ferebatur super aquas, questo spirito invisibile, dapprima non poteva essere distinto dalla massa acquea e si confondeva con essa. Come precedentemente accenatola Grande Opera può essere compiuta mediante due vie, una chiamata via umida, più lunga ma tenuta in alta considerazione tra le scuole occidentali, ed un'altra, via secca, molto meno apprezzata dai sofismi Nostrani che risentono ancora di schematismi e dogmatismi dall'impronta moraleggiante eco di un epoca oscura e dello scoppiettio dei roghi inquisitori. In quest'ultima bisogna «cuocere il Sale celeste, cioè il mercurio dei Filosofi, con un corpo metallico terrestre, in un crogiuolo, a diretto contatto col fuoco, per quattro giorni». Questa via più corta, ma nascosta da uno spesso velo, è stata chiamata dai Saggi Regime di Saturno, La cottura dell'Opera invece d'aver bisogno dell'uso d'un vaso di vetro, richiede solo che ci si serva d'un semplice crogiuolo. «Io sconnetterò il tuo corpo in un vaso di terra ed in esso ti seppellirò» scrive un autore celebre (Salomon Trismosin, La Toysan d'Or.), e più in là aggiunge: «Accendi un fuoco nel tuo vetro, cioè nella terra che lo tiene chiuso. Questo metodo rapido, che ti abbiamo liberalmente insegnato, mi sembra la via più corta e la vera sublimazione filosofica per giungere alla perfezione di questa grande fatica.» In questo modo si potrebbe spiegare la massima fondamentale della Scienza: un solo vaso, una sola materia, un solo fornello. I forni soprattutto in epoca medievale sono raffigurati simili a dei torrioni con i loro spalti, i loro merli, le loro feritoie. Alcuni insiemi di questi strumenti finiscono col prendere l'aspetto di edifici o di piccole fortezze dalle quali sporgono i colli degli alambicchi e delle storte. Altro simbolo ricorrente nelle opere ermetiche, ed in particolare in quelle alchemiche, è quello del drago, che spesso ghermisce l’Athanor con all’interno un Re con la corona dalle Tre punte. Questo significa che le materie preparate, riunite in un solo amalgama devono subire la sublimazione o ultima purificazione ignea. In quest'operazione le parti combustibili si distruggono, le materie terrose perdono la loro coesione e si disgregano, mentre i principi puri, incombustibili, si elevano sotto una Forma assai diversa da quella assunta dalla amalgama. Si tratta del Sale dei Filosofi, il Re coronato di gloria, che nasce nel fuoco e deve rallegrarsi nel successivo matrimonio, affinchè le cose occulte diventino manifeste, come dice Hermes. Rex ab igne veniet, ac conjugio gaudebit et occulta patebunt. Non pretendiamo che la spiegazione, data in questo scritto in merito al simbolismo ermetico della Grande Opera, sia condiviso da tutti, ne tanto meno vogliamo screditare chi nei secoli ne abbia dato un significato diverso, questa è la Nostra posizione, supportata dalle parole del misterioso Fulcanelli, e da altri prima, durante e dopo di Noi. Questo vale per ogni Nostro scritto, che oltre la Nostra esperienza, e Conoscenza esoterica tramandata oralmente da Maestro ad Adepto sino a che anche l’Adepto non fosse divenuto Maestro e un nuovo Iniziato giunto a lui come Adepto avesse ricevuto l’insegnamento divenendo entrambi anali di una catena Iniziatica che ha superato i secoli, le intemperie, le guerre, l’ignoranza, l’oscurantismo, le catastrofi, che ha visto nascere e cadere imperi, ha visto fratelli uccidere i fratelli per una parola perduta, o per un oncia d’oro; ha visto nascere religioni e morirne altre più Grandiose, ha visto uomini uccidersi perché credenti in religione diverse che alla fine raccontano tutte la stessa storia. Dai Templi dell’Egitto alle caverne del deserto, dalla Roma sotterranea ed esoterica, la nostra Scienza è giunta Noi, beffarda di quanti non hanno capito e generosa con i pochi che hanno avuto l’ardore di conoscere se stessi e la Natura, di farsi domande e cercare risposte, Premiando sempre gli audaci che hanno avuto il privilegio di non seguire la corrente, quella che seguono le cose morte, ma di nuotarvi contro con tutte le proprie forze, a costo della Vita, uomini e donne di Libero Pensiero, quello Vero, da troppo tempo perseguitati, eternamente incompresi. Certo è sempre penoso dover rimproverare un errore lampante, ed ancor più triste raccogliere alcune affermazioni per distruggerle in blocco. Eppure bisogna farlo, qualunque sia il nostro rammarico. La scienza che noi studiarne è altrettanto positiva, reale ed esatta quanto l'ottica, la geometria o la meccanica; i suoi risultati sono altrettanto tangibili quanto quelli della chimica. Se entrano in una certa roporzione nel comportamento e l'orientamento delle nostre ricerche, dobbiamo però evitare le impennate, subordinandole alla logica, al ragionamento, e sottomettendole al criterio della esperienza. Ricordiamoci che sono le truffe di avidi soffiatori, le pratiche insensate dei ciarlatani, le sciocchezze di scrittori ignoranti e senza scrupoli, di avidi prelati e ignoranti timorati che hanno gettato il discredito sulla scienza ermetica. Si deve vedere giustamente e parlare con precisione.

